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Alberi di Natale, è ora di cambiare

albero di natale TorinoPropongo seriamente che per il prossimo Natale si abbandoni questa barbara abitudine di tagliare alberi vivi per addobbare le nostre piazze e si faccia come a Torino e altre città dove hanno allestito alberi simbolici per di più riutilizzabili gli anni successivi con il solo costo dello smontaggio e rimontaggio. E così investire i soldi risparmiati per aumentare le misure anti freddo per i senza fissa dimora e magari trovare sistemazioni per gli accampati di piazza Santi Apostoli che non prevedano di dividere le famiglie.

Eì vero, con tutti i problemi di Roma e del nostro Paese sprecare fiato e tempo per un albero di Natale prematuramente scomparso è paradossale (vedi il post sui  pestaggi di stranieri nella Capitale, che avvengono sempre più spesso nell’indifferenza generale). Eppure può essere uno spunto di  riflessione sul nostro stile di vita, ben rappresentato anche dagli alberi di Natale. Tagliare un gigantesco abete – seppure a fine vita – e trasportarlo dal Trentino a Roma spendendo decine di migliaia di euro, o, peggio,  coltivare  piantagioni di abeti –  quelli per gli alberelli domestici- che verranno tagliati, addobbati per qualche settimana e poi conferiti in discarica, lo trovo simbolicamente insopportabile  e materialmente insostenibile. E fortunatamente in tanti hanno cominciato a mettere in discussione questo ciclo – i posti di lavoro, in questo caso dei boscaioli, da molti invocati – non possono essere il mantra per giustificare qualunque cosa: se gli alberi da abbattere in Trentino non diventano alberi di Natale potranno inserirsi in altri cicli produttivi con analoghi addetti – per pensare ad alternative più sostenibili, sia per lo spreco di materie prime (coltivare alberi di Natale vuol dire acqua e fertilizzante e suolo che potrebbero essere impiegati per coltivare prodotti meno consumistici) sia per i problemi di smaltimento dei rifiuti.

Se non cominciano le pubbliche amministrazioni a dare l’esempio si continuerà sempre con le cattive abitudini. Che non è detto che una maggiore coscienza civica e umana non possa far cambiare. Prendiamo le pellicce: quando io ero bambina erano uno status symbol e si vedevano dappertutto. Oggi ce ne sono assai poche in giro, grazie alle campagne degli animalisti  che hanno sensibilizzato l’opinione pubblica, e non credo che a nessuno verrebbe in mente di reclamare i posti di lavoro dei pellicciai, che avranno cambiato tipo di merce e continuato a lavorare.

E l’anno prossimo, più che agli alberi, pensiamo alle persone.

Anna Maria Bianchi Missaglia

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