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Appello di Salviamo il paesaggio: Carteinregola offre un contributo alla discussione

mosaico piazze municipiCarteinregola spiega perchè non ha sottoscritto l’appello di Salviamo il Paesaggio Roma e Provincia e altri comitati (in calce), pur condividendone alcuni temi, come la  ferma opposizione all’operazione legata allo Stadio della Roma e alle Olimpiadi Roma 2024, e pur avendo combattutto in passato la vittoriosa  battaglia contro le delibere urbanistiche di Alemanno insieme a molti dei firmatari. Ma proprio per questo, perchè abbiamo per primi denunciato quegli sciagurati progetti urbanistici – molti vengono da lontano – e perchè abbiamo seguito da vicino il lavoro dei due anni dell’attuale amministrazione – spesso consistito nel “correre ai ripari”   –  non possiamo essere d’accordo sulla pretesa continuità con le precedenti giunte  che denuncia l’appello.  Molte affermazioni sono condivisbili, ma molte altre non ci sembrano rispondere alla realtà dei fatti. E in generale  pensiamo che  questioni così importanti  per il futuro della città, ma anche molto complesse,  non possano essere liquidate con i soliti  slogan. Carteinregola si impegna a promuovere su questi temi  una serie di incontri e seminari, per continuare il dibattito e cercare  soluzioni partecipate e condivise, per la tutela dell’interesse pubblico, del nostro territorio e della qualità della vita dei cittadini.

Nessuna delibera tocca l’Agro Romano

L’appello chiede di “sospendere la votazione delle nuove delibere di espansione urbana e dichiarare una moratoria di tutte le previsioni urbanistiche previste dal piano urbanistico vigente che prevedono un’ulteriore cementificazione dell’agro romano ancora intatto”. In un altro passaggio ribadisce che “il consumo di ulteriore territorio agricolo ancora libero da edificazioni deve essere assolutamente scongiurato”.

Ma l’attuale Giunta ha abolito, un mese dopo l’insediamento, la cosiddetta delibera degli ambiti di riserva  con cui Alemanno (e, lo sappiamo, buona parte dell’opposizione PD) voleva incentivare  ulteriori eruzioni cementizie in terreno agricolo, portando avanti la sciagurata linea urbanistica del “modello Roma” che ha messo in ginocchio l’economia della città  (vedi la nostra scheda sulla delibera degli ambiti di riserva)(1)

Da troppo tempo  i comitati si confrontano con  questo  tema  senza fare la necessaria chiarezza su ciò che sia da considerare “agro romano”: solo le aree agricole (secondo la definizione utilizzata dagli stessi promotori dell’appello)  o qualunque superficie libera all’interno della città, comprese quelle intercluse nei quartieri abitati, magari già provvisti di verde, servizi, trasporto pubblico? Il tema è complesso, e meriterebbe maggiore approfondimento.  Perché se da un lato  la legge urbanistica della Toscana approvata qualche mese fa, considerata  da tutti noi  il più alto strumento  normativo per fermare il consumo di suolo, prevede l’individuazione di un confine tra città urbanizzata e aree agricole, all’esterno del quale di norma non è possibile edificare nuove costruzioni residenziali,  non escludendo che vengano realizzate  nuove edificazioni in aree intercluse della città urbanizzata, anche con  incentivi per il recupero di strutture esistenti (2), sicuramente la realtà di Roma Metropolitana è assai più complessa e di difficile catalogazione, in quanto la maggior parte delle aree suburbane e periferiche presenta un paesaggio rurale in cui, oltre alle zone  agricole, vi sono ampi spazi incolti/abbandonati e pascoli, che   sarebbero a nostro avviso da includere nell’Agro Romano (3). Nel disegno di legge per il contenimento del consumo di suolo attualmente in discussione alla Camera è stato già presentato dagli stessi relatori un emendamento che riduce la superficie in cui limitare il consumo di suolo ai “terreni qualificati come agricoli dagli strumenti urbanistici»e anche le altre superfici non impermeabilizzate” «fatta eccezione per le superfici destinate a servizi pubblici di livello generale e locale previsti dagli strumenti urbanistici vigenti, nonché per i lotti e gli spazi inedificati interclusi già dotati di opere di urbanizzazione primaria e destinati prioritariamente a interventi di riuso e di rigenerazione»  (4). E anche la proposta di legge per la salvaguardia del territorio non urbanizzato di Eddyburg  distingue  varie categorie di “territorio  urbanizzato”, dove  “le trasformazioni insediative o infrastrutturali che comportano impegno di suolo non edificato sono consentite” (esclusivamente nell’ambito delle espansioni recenti)  e di “territorio non urbanizzato”, dove non sono consentite nuove edificazioni, se non con  “appositi provvedimenti, caso per caso, dei consigli regionali(5).  E’ quindi evidente che l’amministrazione prima di approvare qualsiasi nuovo intervento che comporti l’impermeabilizzazione del suolo e la sottrazione di habitat nelle aree periferiche, dovrebbe avviare un confronto con gli esperti di settore (urbanisti, ecologi etc), le associazioni, i cittadini, per definire criteri condivisi e anche valutare caso per caso, nella totale trasparenza, l’interesse collettivo della città che, oltre alla qualità della vita dei cittadini, comprende la difesa delle risorse naturali, anch’esso patrimonio comune (6).

I “diritti edificatori” e le “compensazioni urbanistiche”
Sui “diritti edificatori” ci sembra abbastanza esaustiva la spiegazione fornita più volte dallo stesso Assessore Caudo: non esistono, i diritti edificatori.  E le compensazioni istituite  dal PRG non derivano da “diritti edificatori”,  ma  da una scelta delle passate amministrazioni motivata dalla tutela ambientale: è stato deciso di salvare le aree verdi, senza però rimettere in discussione le previsioni edificatorie del Piano Regolatore. Se  il Comune – allora – le avesse cancellate per motivi urbanistici, per aggiornare la sue previsioni di Piano rispetto al fabbisogno di abitazioni,  avrebbe potuto farlo senza che ne derivasse  questo florilegio di  cubature.  Ma rispetto alla   possibilità di azzerare oggi quelle previsioni, bisogna ricordare che l’Assemblea capitolina aveva  già approvato,  prima dell’attuale consiliatura,    le delibere relative a 61 aree, che erano quindi  già giunte a un punto che,  in caso di contenzioso,  avrebbe  comportato  il riconoscimento dei  titoli ai privati da parte dei tribunali amministrativi.  Sulle rimanenti 23 (circa 3,5 milioni di mc che restano da compensare),  l’Assessore Caudo ha più volte ribadito  che intende  rilocalizzare  la cubatura in aree già urbanizzate,  e  in aree più centrali,  in modo da ridurle. E ha sempre rivendicato la sua intenzione di chiudere definitivamente il capitolo compensazioni, come obiettivo di fine mandato, con la cancellazione dell’articolo del piano che le prevede.
In questi due anni comunque ci risulta che siano state cancellate  due  compensazioni che interessavano aree verdi, come Infernetto e Casal Palocco, mentre sono state autorizzate dove si inserivano nei cosiddetti “Print”, cioè  dentro la città da ristrutturare.

Sulle case invendute
Non esiste nessuno strumento giuridico che consenta al Comune di espropriare le case sfitte per darle a chi ne ha bisogno. Forse sarebbe più utile chiedere una legge nazionale che come in Danimarca preveda che venga requisito e affittato un appartamento vuoto da  più di tre anni. E chiedere che si promuova il vero housing sociale, non quello del Piano casa Polverini Zingaretti, ma quello che prevede una quota per famiglie a basso reddito negli interventi di nuova edificazione e di rigenerazione urbana (quella vera).

Sulla densificazione
Un altro punto su cui  ci sarebbe da aprire un confronto  pubblico insieme a tutta la città, un dibattito serio e soprattutto onesto, è quello delle nuove edificazioni,  o della rigenerazione urbana (con aumento di cubature),  in aree già urbanizzate. Il principio può essere giusto o sbagliato, dipende da come lo si mette in pratica. Può essere giusto  se  si mette della gente ad abitare dove già ci sono i collegamenti e i servizi, anzichè costringerla a vivere nella campagna  alla  Storta o ad Acilia. Se diventa un modo  per riorganizzare gli spazi dove c’è uno snodo trasportistico in mezzo al nulla, o per ristrutturare – con valutazioni condivise – pezzi di città  a cui mancano servizi o opere pubbliche che l’amministrazione non è in grado di pagare. O se fa parte di un progetto  per restituire alla città aree  che non erano accessibili al pubblico da anni (vedi gli ex stabilimenti militari del Flaminio) (7).  E’ sbagliato se   si densificano quartieri dove c’è poco – o niente –  verde, o dove  gli standard  urbanistici  (parcheggi, collegamenti, servizi) non  basterebbero  per un maggior numero di abitanti (8). Tutto questo va valutato attentamente,  caso per caso. E  se per tutti noi l’ideale sarebbe che fosse il Comune a  investire sulle opere pubbliche necessarie o a ristrutturare  gli spazi pubblici  per un uso totalmente pubblico, non ci possiamo nascondere che non esista al momento nessuna possibilità che si trovino risorse destinate a questo scopo. Ma sarebbe – è – già un bel passo avanti se anziché continuare l’andazzo che va avanti  da troppo tempo e da diverse maggioranze, di lasciare la pianificazione della città al far west degli interessi privati camuffati da modesti   benefici collettivi –  che oltretutto spesso si perdono per la strada –  la regia delle trasformazioni tornasse saldamente nella mani pubbliche.

Due anni di lavoro dell’Assessorato alla Trasformazione Urbana

La maggior parte di noi è convinta che il Sindaco  Marino e l’assessore Caudo abbiano fatto un grave  errore riconoscendo il pubblico interesse all’operazione Stadio della Roma. Lo ribadiamo. Senza se e senza ma. Ma riteniamo anche che – soprattutto alla luce di quanto è succcesso e sta succedendo –  sia  indispensabile giudicare l’amministrazione non solo in base ai progetti più eclatanti – che pure contano – ma anche per le decisioni molto concrete di ogni giorno, che impattano sulla vita di migliaia di cittadini come – se non di più – lo Stadio e il suo business center.
Il lavoro fatto in questi due anni è a nostro avviso tutt’altro che in continuità con la giunta Alemanno, e neppure con le scelte urbanistiche delle giunte Veltroni/Rutelli, anche se la nuova amministrazione si è trovata nella maggior parte dei casi in situazioni in cui  “i buoi erano già scappati”, e ha  potuto  solo apportare correzioni a procedimenti in corsa da troppo tempo. Forniamo un  elenco in calce delle iniziative che ci sembrano più degne di nota (9).

Ma  ci sembra davvero un’ingiustizia dire che  il nuovo schema di convenzione urbanistica,  approvato qualche settimana fa,  costato due anni di lavoro e di confronto anche aspro con pezzi di assemblea capitolina e rappresentanti degli imprenditori, “va nella direzione opposta di uno schema conservativo e più attento al territorio(10): abbiamo molto materiale in proposito, invitiamo ad  approfondire direttamente il tema (11). E ci sembra persino inspiegabile la richiesta che “l’amministrazione dimostri di avere un quadro completo ed esaustivo dell’attuale situazione urbanistica della città e che renda pubblici tutti i dati precedentemente elencati esponendolo ai cittadini nella Conferenza Urbanistica promessa dall’Assessore all’Urbanistica Caudo“. Perchè  avendo seguito quasi tutte le conferenze urbanistiche municipali,  noi abbiamo  già visto quanto richiesto, declinato in decine di slides, di mappe e di spiegazioni dettagliate sulle situazioni, le criticità e i progetti di ogni quartiere cittadino, illustrati dallo stesso Caudo e approfondito in decine  di incontri successivi con vari gruppi di lavoro che hanno coinvolto centinaia di cittadini. E tutto il materiale prodotto è stato pubblicato interamente sul sito del Dipartimento Urbanistica, dove è a disposizione di tutti (12).

Un lavoro immane, fatto nel   tentativo  di  riportare regole e normalità nella nostra città, e anche di riparare ai molti danni della mala amministrazione di decenni, delle convenzioni farlocche che non si possono neanche impugnare davanti a un tribunale amministrativo,  degli accordi di programma capestro (tra l’altro questa amministrazione ci risulta che non ne abbia fatto neanche uno,  di accordo di programma), dei tanti interventi che avevano preso la strada del profitto privato senza alcuna contropartita pubblica.  Un lavoro che non ha mai dimenticato, anzi messo sempre al centro, la  situazione delle periferie, anche in occasione del Giubileo:  nel corso del convegno “Gli angeli non abitano più qui”, l’assessore  Caudo ha spiegato  il  Piano per il Giubileo dell’assessorato all’urbanistica(13), che prevede principalmente  interventi nelle zone più dimenticate,  le famose “ricuciture”,  che sarebbero poi  un pezzo di strada mancante da qualche parte, una piazza pubblica mai sistemata, un giardino che i residenti chiedono da anni.

Forse per qualcuno possono essere piccole cose, rispetto a quel “cambiamento epocale” che molti  invocano (spesso senza sapere neanche quello che è stato fatto e quello che si sta facendo),  ma per come stiamo scoprendo di essere ridotti, con Mafia Capitale e tutto il resto,  forse il cambiamento epocale andrebbe fatto, oltre che   nella nostra classe politica  (che ci ha governato da vent’anni a questa parte), anche un po’   nel nostro modo di affrontare il futuro della città. Che si costruisce anche  passo dopo passo, pensando anche alla vita   quotidiana delle persone, cercando di risolvere un problema per volta nel migliore dei modi, con impegno e buon senso. E tanta  fatica. Senza perdere di vista la prospettiva generale,  che però è solo una: riportare le regole e l’interesse collettivo al centro del governo della città.
Lo diciamo ancora una volta: l’operazione  Stadio è un errore (14), le Olimpiadi Roma  2024 una follia. Su questo niente sconti.  Ma questo appello tratta con l’accetta  problematiche che richiedono ben altro approccio. E  non fa giustizia a  quello che l’amministrazione ha  fatto e  sta cercando di fare.

Anna Maria Bianchi Missaglia (il documento è stato condiviso e elaborato con il laboratorio Carteinregola)

Post scriptum a proposito del Piano casa.  Dice l’appello : “E’ urgente la verifica della sostenibilità ambientale ed economica del PRG anche per le nuove ulteriori previsioni edificatorie conseguenti all’adozione del “Piano Casa” varato dalla Regione Lazio”. Come abbiamo ripetuto fino allo stremo – solitari protagonisti di un Presidio contro il Piano casa Polverini/Zingaretti che si è risolto in una totale sconfitta anche per la (comprensibile, data la distanza della Pisana) assenza dei comitati di Roma, il Piano Casa aggira tutte le previsioni e prescrizioni del PRG, e scippa la regia della pianificazione urbanistica a Comune e Municipi. Non prendiamo in giro i cittadini: il Piano casa è diventato legge regionale da ormai 8 mesi. Qualunque  sia la sua insostenibilità ambientale ed economica, bisognava pensarci prima.

(1)  (vedi la nostra scheda sulla delibera degli ambiti di riserva) vedi anche:  Servizio TV svela i retroscena di una Delibera che Carteinregola ha contribuito a bloccare

(2)dal sito della regione Toscana: si definisce in modo puntuale il territorio urbanizzato, differenziando le procedure per intervenire all’interno di questo da quelle per la trasformazione in aree esterne, con particolare riferimento alla salvaguardia del territorio rurale e al fine di promuovere il riuso e la riqualificazione delle aree urbane degradate o dismesse. Fermo restando la definizione puntuale di ciò che è territorio urbanizzato, i Comuni nell’individuarne il perimetro tengono conto delle strategie di riqualificazione e rigenerazione urbana, purché ciò contribuisca a qualificare il disegno dei margini urbani;
– in aree esterne al territorio urbanizzato non sono consentite nuove edificazioni residenziali. Limitati impegni di suolo per destinazioni diverse da quella residenziale sono in ogni caso assoggettati al parere obbligatorio della “conferenza di copianificazione d’area vasta”, chiamata a verificare puntualmente, oltre alla conformità al PIT, che non sussistano alternative di riutilizzazione o riorganizzazione di insediamenti e infrastrutture esistenti. la conferenza deve anche valutare la necessità della perequazione territoriale per compensare vantaggi e oneri delle nuove previsioni;

– nel territorio urbanizzato, per promuoverne il riuso e la riqualificazione, sono introdotte semplificazioni per le procedure urbanistiche.

(3) Nota in proposito Paola Loche: Quando si parla di Agro Romano si fa sempre un pò di confusione sulla sua definizione e sui suoi limiti geografici. Tutte le nostre attuali borgate sono costruite nell’Agro in una configurazione urbana a metà fra città e campagna. I cosidetti Toponimi, termine assurdamente inadatto per definire le aree di espansione edilizia abusiva, sono insediamenti sviluppati nell’Agro intorno a tenute o casali degli antichi latifondi, in cui  manca la connessione con il territorio urbano consolidato, da qui tutte le problematiche che hanno imposto inevitabilmente una soluzione urbanistica.
Quindi facciamo molta attenzione, perchè il discorso degli spazi interclusi nella città consolidata non vanno confusi con gli ampi spazi interclusi  nelle borgate periferiche e nei  Toponimi. Se passasse il concetto che nella periferia,  laddove è costruito deve essere concesso di continuare a costruire erodendo altri ettari di campagna non faremmo altro che spostare il confine di una città continuando a favorire uno sviluppo suburbano e un utilizzo ingiustificato della risorsa suolo.
Considerare l’agro romano come ambito costituito solamente da aree agricole è un grossolano errore di analisi storica e paesaggistica. L’Agro Romano è un paesaggio rurale in cui sono presenti, oltre alle aree agricole anche i terreni incolti/abbandonanti e pascoli, che sono localizzati  principalmente nelle aree suburbane. Le aree incolte e abbandonate e i pascoli sono aree prioritarie per lo sviluppo della biodiversità quindi ecologicamente di importanza strategica, da preservare al pari delle aree di riserva già definite.
In conclusione non dovrebbe esistere alcuna ambiguità: l’Agro è costituito anche dalle aree incolte intercluse nell’edificato periferico.
(4) da Sole24ore 29 giugno 2015 Consumo di suolo, rigenerazione e servizi pubblici fuori dai vincoli. Meno deroghe per le grandi opere di Giuseppe Latour (…)  Il primo punto critico sul quale Montecitorio si prepara a intervenire è la definizione di consumo di suolo e di superficie agricola. Con questa seconda locuzione si intendevano, nel vecchio testo, i terreni «qualificati come agricoli dagli strumenti urbanistici, nonché le superfici, anche in area urbanizzata allo stato di fatto non impermeabilizzate, dove lo strato superficiale del suolo non sia stato coperto artificialmente, scavato o rimosso». Insomma, tutto quello che non è stato coperto artificialmente sarebbe rientrato nel perimetro della norma. Una nozione troppo estesa, che aveva generato non poche preoccupazioni.
Così la superficie agricola, nell’emendamento proposto dai relatori, ingloberà «i terreni qualificati come agricoli dagli strumenti urbanistici» e anche le altre superfici non impermeabilizzate alla data di entrata in vigore della legge, «fatta eccezione per le superfici destinate a servizi pubblici di livello generale e locale previsti dagli strumenti urbanistici vigenti, nonché per i lotti e gli spazi inedificati interclusi già dotati di opere di urbanizzazione primaria e destinati prioritariamente a interventi di riuso e di rigenerazione». Quindi, interventi di rigenerazione e servizi pubblici vengono tenuti fuori dai vincoli della norma e non dovranno rispettare i paletti della legge.

(5)  la  Proposta di legge per la salvaguardia del territorio non urbanizzato di Vezio De Lucia, Paolo Berdini, Luca De Lucia, Antonio di Gennaro, Edoardo Salzano, Giancarlo Storto,

Art. 2 (Territorio urbanizzato)

1. Il territorio urbanizzato di ciascun comune è costituito da:
– centri storici, comprendenti anche l’edilizia circostante realizzata fino alla caduta del fascismo;
– espansioni recenti edificate con continuità a fini residenziali, produttivi, commerciali, direzionali, infrastrutturali, di servizio, ivi compresi i lotti interclusi dotati di urbanizzazione primaria.

2. Non rientrano nel territorio urbanizzato:
– le aree naturali o in condizioni di prevalente naturalità;
– le aree ad uso agricolo, forestale, pascolativo;
– le aree incolte o in abbandono.
Dette tipologie di aree non rientrano nel territorio urbanizzato ancorché site all’interno di esso, o quando includenti edificato sparso o discontinuo, o borghi e piccoli insediamenti presenti nel territorio rurale.

3. A seguito della perimetrazione di cui all’art. 3, le trasformazioni insediative o infrastrutturali che comportano impegno di suolo non edificato sono consentite esclusivamente nell’ambito delle espansioni recenti come definite al comma 1.

(6) Non possiamo che essere d’accordo con il passaggio dell’appello laddove afferma che “gli attuali strumenti di pianificazione, pur nelle significative differenze, partono da un’analisi dello status delle risorse ambientali, spesso trascurando i processi eco-sistemici, le interazioni dinamiche e di controllo dei processi stessi, in particolare le loro relazioni con i fattori economici e sociali. La salvaguardia e il ripristino dei servizi eco-sistemici, ruolo chiave per la vita sulla terra e il benessere umano, sono fra le priorità individuate nella strategia nazionale sulla biodiversità, di cui il Lazio è il più importante depositario del Paese”.

(7)Ex stabilimenti militari Via Guido Reni (II Municipio) CRONOLOGIA MATERIALI 

(8) Anche in questo caso siamo completamente d’accordo con il punto dell’appello che raccomanda

H) LA TUTELA DEGLI STANDARD URBANISTICI DEI QUARTIERI CONSOLIDATI (aree verdi, servizi pubblici esistenti e la differenza con gli standard obbligatori di legge) anche al fine di scongiurare ulteriori speculazioni sulle aree già destinate al soddisfacimento degli standard;

(9) Una sintesi (poco sistematica) di quanto realizzato nell’urbanistcia in due anni di Giunta Marino dovrebbe ricordare:

La cancellazione della delibera degli ambiti di riserva. Viene considerato da molti  “un atto dovuto” e così è, dato che nel programma di Marino c’era scritto. Però tanto scontato  non era, visto che fin dai primi mesi  proprio  l’Assessore Caudo  si è trovato un fronte  compatto e bipartisan avverso, capitanato da Mirko Coratti,  che veniva dato per certo come suo successore all’urbanistica. Forse ogni tanto sarebbe utile ricordare le conventions in cui  sfilavano i capibastone a dissertare su sviluppo edilizio e posti di lavoro,  accusando  l’assessore di inerzia e di boicottare il Piano casa…
La mappa della città pubblica. Forse richiede ulteriori aggiornamenti dei dati, ma è una cosa che esiste e che presto sarà a disposizione on line per i tutti i cittadini. Come “Il Sistema Informativo Territoriale e lo sportello Unico dell’Edilizia Telematico di Roma Capitale” che comincerà ad essere attivo in parte prima dell’estate e dovrebbe funzionare a pieno regime nell’autunno: una rivoluzione non solo per la semplificazione delle pratiche ma anche per la trasparenza sulle trasformazioni urbane. Infatti anche i cittadini potranno accedere alle informazioni sugli interventi urbanistici in corso, pubblici e privati (> vai alla pagina)
Il tavolo di copianificazione con la Regione sui toponimi: su 26 approvati in assemblea capitolina (sotto il nostro naso, l’ultima notte del presidio) da destra e sinistra, solo sette sono stati giudicati idonei per l’approvazione definitiva, gli altri saranno   rivisti per i profili paesaggistici e di tutela.
Nuove regole. Sono stati approvati definitivamente dall’Assemblea Capitolina il nuovo schema di convenzione urbanistica e il nuovo schema per i Piani di zona, che hanno l’obiettivo di  archiviare per sempre la triste tradizione della Capitale dei  quartieri  senza servizi, fognature, strade e collegamenti da decenni. E’ stato anche istituito un Comitato di esperti a tutela del paesaggio (il Comitato per la qualità urbana ed edilizia).
Si potrebbe aggiungere  la risoluzione della Beirut dell’EUR, con le due torri di Ligini che verranno restaurate, l’abolizione di qualunque progetto speculativo nell’area dell’ex Velodromo, il progetto Flaminio, che ha portato alla città metà di uno spazio da decenni chiuso e inutilizzato, e le risorse per  realizzare la città della scienza, una piazza pubblica e servizi per il quartiere (quelli che la ritengono una speculazione privata dovrebbero vedere sul sito di  Cassa Depositi e Prestiti   che fine hanno fatto gli immobili del Demanio ceduti  a CDP in altre città, come le ex caserme di Bologna).
Per quanto riguada le  nuove delibere “di espansione urbana” che dovrebbero arrivare in Aula,  a noi risulta un  Piano di recupero di Tor Bella Monaca, che risale a molti anni fa, che prevede la realizzazione di un quartiere a fianco a Torre Angela con la realizzazione di un parcheggio di scambio accanto alla stazione della Metro C.

(10) Dall’appello: L’APPROVAZIONE DI UNO SCHEMA DI CONVENZIONE GENERALE CONSERVATIVO E PIÙ ATTENTO AL TERRITORIO, che preveda l’obbligo di piani di zona di ricucitura, da effettuarsi a cura dell’amministrazione, in via prioritaria a qualsiasi proposta edificatoria. Lo schema di convenzione appena votato va nella direzione opposta.

(11) Approvata la nuova convenzione urbanistica (23 giugno 2015)

Il Nuovo Schema di Convenzione Urbanistica (Proposta n.183/2014)

vedi anche Schema di Convenzione: l’Assessore risponde

(12) a partire da questa pagina si trovano tutte le sezioni su tutti i municipi: http://www.urbanistica.comune.roma.it/conf-urb.html

(13) Una lettura della periferia romana da parte della Ricerca”, alla Facoltà di Ingegneria La Sapienza il 7/8 maggio 2015  Vai alla pagina con i materiali del Convegno Gli angeli non abitano più qui 7-8 maggio 2015 La Sapienza 

> vai all’intervento dell’Assessore alla Trasformazione Urbana Giovanni Caudo

(14) E’ in elaborazione un nostro articolo sulla presentazione del progetto dello Stadio e del Business center qualche giorno fa alla Casa della Città

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