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Data referendum TPL: Radicali Vs Sindaca

sito radicali referendum atacContinua il ping pong tra Radicali Italiani promotori del Referendum MobilitiamoRoma,   due quesiti che riguardano la messa a gara del servizio di trasporto pubblico della Capitale a decorrere dal 3 dicembre 2019,  e la Sindaca Raggi, sulla scelta della data della consultazione popolare.Pubblichiamo cosa dicono  Radicali italiani  e  cosa dice il Campidoglio, con i riferimenti normativi e soprattutto con un commento di Alberto Mencarelli, Dottore di ricerca in diritto costituzionale.

Secondo i Radicali, fissare il 4 giugno riduce il valore del voto dei cittadini perchè a quella data saranno già state prese molte decisioni irreversibili,  penalizza l’affluenza, e comporta costi notevoli che si sarebbero risparmiati accorpando la consultazione alle elezioni regionali e nazionali del prossimo 4 marzo.

Risponde oggi il Campidoglio  con una nota sul sito istituzionale, in cui si rende noto che: “I referendum consultivi promossi dal Comitato “Mobilitiamo Roma” non potevano essere indetti il prossimo 4 marzo, giorno in cui sono previste le elezioni politiche. È quanto prevede l’art. 12 comma 3 del Regolamento degli istituti di partecipazione di Roma Capitale“*.

“Il regolamento infatti – prosegue la nota – stabilisce chiaramente la non sovrapposizione delle date in caso di operazioni di voto. Il comma 3 prevede addirittura la possibilità di spostare un referendum già indetto qualora successivamente alla sua indizione siano stati convocati comizi elettorali per altre operazioni di voto. La sovrapposizione delle date delle tornate elettorali incontra, inoltre, anche i limiti espressi disposti dall’Ordinamento degli enti locali (art.8)**”.

Rispondono ancora Radicali italiani e di Roma con un comunicato in cui precisano che  ” Il Testo Unico degli Enti Locali stabilisce testualmente che le consultazioni referendarie comunali “non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali”, senza prevedere alcuna preclusione in caso di elezioni politiche e regionali”**.
L’articolo 12 del regolamento per la partecipazione popolare di Roma Capitale*, a sua volta, non prevede alcuna incompatibilità in tal senso, limitandosi a stabilire che, qualora dopo la convocazione del referendum comunale vengano indette delle elezioni per lo stesso giorno, il Sindaco è legittimato, qualora lo ritenga opportuno, a spostare la data della consultazione referendaria fissata in precedenza.
Indire il referendum “Mobilitiamo Roma” per una data diversa dal 4 marzo, quindi, non è stata una decisione imposta per legge, ma una scelta esclusivamente e pienamente politica da parte della Sindaca Raggi”.

Chi ha ragione? In calce  i testi, così ciascuno può trarne  le proprie conclusioni.

Noi proponiamo la nota di Alberto Mencarelli*:

La fissazione al 3 giugno della data del referendum consultivo sulla liberalizzazione del tpl romano promosso dal comitato “MobilitiamoRoma” sta costituendo oggetto di polemiche politiche. Era davvero vietato, dalla vigente normativa nazionale e comunale, fissare la data della consultazione referendaria in coincidenza con le elezioni politiche e regionali del 4 marzo, come ha sostenuto l’amministrazione di Roma Capitale anche con appositi comunicati sui social? La risposta è negativa. Il comune poteva fissare la data anche al 4 marzo, così come legittimamente poteva differirla ad altra data posteriore. Fissare dunque il referendum consultivo comunale sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico locale a Roma al 3 giugno era una scelta legittima ma non obbligata. Vediamo perchè. L’art. 8 co. 3 d.lgs. 267/2000 (Testo unico sugli enti locali) prevede quanto segue: “Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali”. Cosa si ricava da questa disposizione? Si ricava che per il legislatore statale il divieto di accorpamento con i referendum locali riguarda solo le elezioni locali (e ciò per ragioni di coincidenza degli ambiti elettorali e di chiarezza del responso popolare, che proverò a illustrare più avanti). Dal canto suo, l’art. 12 co. 3 del regolamento di Roma Capitale sugli istituti di partecipazione – richiamato a supporto della tesi secondo cui sarebbe stato vietato fissare il referendum per la stessa data delle elezioni politiche e regionali – stabilisce che: “ Quando, successivamente all’indizione dei referendum, siano stati convocati i comizi elettorali per altre operazioni di voto in coincidenza con la data prescelta, il Sindaco, sentiti la Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari ed i rappresentanti dei Comitati promotori dei referendum, indice i referendum per altra data, nel medesimo periodo di cui al precedente comma, ovvero, in casi eccezionali, per una domenica compresa tra l’1 ottobre ed il 30 novembre”. Seppure tale ultima norma non si riferisca espressamente alle sole elezioni locali, essa prefigura un rimedio volto a garantire l’osservanza del divieto di cui al comma 3 dell’articolo 8 del TUEL nei casi in cui il referendum locale sia stato indetto prima delle elezioni comunali, provinciali o circoscrizionali. Tale disposizione – che oltre tutto non è di rango statutario ma solo regolamentare e dunque ha valenza meramente attuativa di quanto stabilito dalle fonti primarie – non ha e non potrebbe avere alcuna portata innovativa sulla disposizione statale, per la quale il divieto in parola sussiste solo in caso di accorpamento con elezioni locali. E la delimitazione di tale divieto alla sola fattispecie della concomitanza di referendum ed elezioni locali risponde ad una ratio precisa: quella di evitare che gli elettori della medesima comunità territoriale siano chiamati a pronunciarsi contemporaneamente più volte su temi identici o connessi, in un caso sotto forma di consultazione referendaria monotematica, nell’altro caso nel più ampio contesto di una tornata elettorale locale in occasione della quale il tema oggetto di referendum sarebbe comunque tra gli argomenti rimessi alla valutazione del corpo elettorale e concorrerebbe, con altri temi, alla determinazione della volontà elettorale. Insomma: il divieto di accorpamento vuole evitare che l’esito di un referendum locale possa di fatto essere ignorato o minimizzato invocando un diverso risultato elettorale della consultazione generale, o viceversa, e ciò per salvaguardare, da una parte, un minimo di coerenza e omogeneità del voto popolare e, dall’altra, l’efficacia e l’utilità dell’istituto referendario. Tutte finalità che, anche in caso di accorpamento al 4 marzo, non sarebbero risultate compromesse, considerato il rilievo nazionale e sovra-comunale delle elezioni e la conseguente inidoneità dei rispettivi esiti a porsi potenzialmente in conflitto con l’esito (peraltro solo consultivo) del referendum comunale.

*Art. 12 comma 3 del Regolamento degli istituti di partecipazione di Roma Capitale

Quando, successivamente all’indizione dei referendum, siano stati convocati i comizi elettorali per altre operazioni di voto in coincidenza con la data prescelta, il Sindaco, sentiti la Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari ed i rappresentanti dei Comitati promotori dei referendum, indice i referendum per altra data, nel medesimo periodo di cui al precedente comma, ovvero, in casi eccezionali, per una domenica compresa tra l’1 ottobre ed il 30 novembre.

scarica All. 2 REGOLAMENTO_ISTITUTI_PARTECIPAZIONE_E_INIZIATIVA_POPOLARE (1)

** Art.8  Ordinamento degli enti locali (TUEL)

4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali.

scarica D_lgs_267_2000_agg_15gennaio2016 TUEL

(AMBM)

 

 

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