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INU: per difendere i tessuti urbani a villini di Roma

dal sito IMU Lazio I villini del Quartiere Monte Sacro a Roma

dal sito INU Lazio I villini del Quartiere Monte Sacro a Roma

Nell’acceso dibattito – e ping pong di responsabilità – che va crescendo in merito alle demolizioni/ricostruzioni in quartieri della città storica di Roma, finalmente una fonte  autorevole e imparziale dice come stanno le cose e avanza delle proposte praticabili. L’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) del Lazio ha pubblicato un documento approvato dal suo direttivo il 19 marzo scorso che riassume con grande precisione e efficacia  i rischi a cui sono esposti i  quartieri  storici realizzati a Roma a partire dall’Unità d’Italia, e in particolare  i villini realizzati nella prima metà del secolo scorso,  a causa del vecchio Piano casa – dall’INU a suo tempo  fortemente avversato, sia nella versione Polverini, sia nella versione Zingaretti –  e  anche  a causa della nuova Legge per la rigenerazione urbana approvata dal Consiglio regionale nel luglio scorso. L’istituto di urbanistica chiede  – come già Carteinregola – una “modifica della LR 7/2017 che, per gli interventi diretti di ristrutturazione edilizia e di demolizione e ricostruzione con ampliamento (fino al 20%) previsti all’art. 6 della legge”  in quanto , “mentre nei precedenti articoli della LR – art. 2 (programmi di rigenerazione urbana), art. 3 (ambiti di riqualificazione e recupero edilizio), art. 4 (cambio di destinazioni d’uso) e art. 5 (miglioramento sismico ed efficientamento energetico) – gli interventi devono essere preceduti da una valutazione di merito del Comune (approvazione di programmi, definizione di ambiti, approvazione di varianti), nel caso degli interventi diretti previsti all’art. 6 l’attuazione “sempre consentita” è rimessa alla sola decisione della proprietà immobiliare

E l’INU  avanza alcune proposte per impedire lo stravolgimento dei tessuti storici della Capitale:  alla Regione Lazio, la modifica dell’art.6;   a Roma Capitale, “Con una deliberazione autonoma, motivata in base alla rilevanza culturale, architettonica ed ambientale di tali tessuti ” di “escludere l’applicazione ad essi delle norme della LR 7/2017, ed in particolare di quelle del citato art. 6“, di procedere al’aggiornamento della Carta della Qualità e di sottoporre gli interventi,pe ri quali il PRG loi prevede, al parere consultivo del “Comitato per la qualità urbana e edilizia”(COQUE). Infine secondo l’INU il Comune, con proprio atto deliberativo, “dovrebbe decidere di applicare il contributo straordinario a tutti gli interventi previsti dalla legge regionale 7/17, di fatto in variante o in deroga al PRG” per quanto riguarda la  superficie di incremento e o “le funzioni pregiate di nuovo inserimento” (AMBM)

Consiglio Direttivo della Sezione INU Lazio riunione del 19 marzo 2018

PER DIFENDERE I TESSUTI URBANI A VILLINI DI ROMA*

Da tempo è aperta in città la questione “villini”. Più in generale si pone il problema della difesa dei caratteri storici, morfologici e tipologici della Città storica di Roma come individuata dal PRG vigente.

Diversi casi di demolizione e ricostruzione, con aumento delle dimensioni dei nuovi edifici, sono stati segnalati da Comitati di cittadini impegnati a contrastare le demolizioni, da alcune benemerite Associazioni, da campagne di informazione. Tuttavia tali iniziative, senz’altro opportune e lodevoli, non sembrano finora in grado di risolvere alla radice i problemi segnalati.

Occorre un’azione sistematica, radicale e sostenuta da efficaci regole urbanistiche.

C’è il fondato rischio che episodi simili si ripropongano nei prossimi mesi.
Il vecchio “Piano casa” (LR 21/2009) scaduto il 31 maggio 2017 ha lasciato una coda di domande di sostituzione di villini (demolizione e ricostruzione con aumento di volume) e di edificazione degli spazi verdi privati: nel solo Municipio Roma II sarebbero circa 30 le richieste pendenti. Purtroppo il Comune non ha finora reso pubbliche informazioni sul fenomeno. L’allarme dell’opinione pubblica è quindi giustificato. Si tratta di interventi che vanno valutati non soltanto per la qualità delle architetture di cui si pretende l’abbattimento, ma anche per l’inserimento di edifici “gonfiati” in tessuti tipologicamente omogenei, ossia per gli effetti che i nuovi edifici avranno sulla qualità di significative parti di città.
Indipendentemente dall’iter amministrativo e quindi dall’esito di questi progetti, si deve far tesoro dell’esperienza ed evitare che questi rischi si ripresentino anche per la nuova legge sulla rigenerazione urbana.
Si ricorda che alla scadenza del vecchio “Piano casa” la Regione Lazio ha approvato la legge n.7 del 18 luglio 2017 “Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio” che, superando l’impostazione emergenziale della legge precedente, persegue analoghe finalità di rinnovo ed adeguamento sismico ed energetico del patrimonio edilizio, però in un quadro ordinario, promosso e indirizzato dai Comuni. La nuova legge, come la precedente, incentiva le azioni di rinnovo edilizio, affiancate ora da quelle di rigenerazione urbana, con premialità consistenti in incrementi di volume edificabile. Essa tuttavia può avere un impatto negativo su quei tessuti storici realizzati a Roma a partire dall’Unità d’Italia e soprattutto in attuazione del Piano Nathan- Sanjust del 1909 (1). In particolare i villini della prima metà del secolo scorso, spesso associati alla proprietà unica dell’immobile, sono inseriti in ambiti di grande valore storico, ambientale e di paesaggio urbano, quindi anche immobiliare. Tale valore è in gran parte determinato dalla tipologia prevista dal Piano del 1909, in base alla quale solo 1⁄4 del lotto poteva essere edificato ed i 3⁄4 andavano sistemati a verde; ciò ha contribuito alla qualità estetica e ambientale dei tessuti a “villini”, nei quali il verde privato, con alberature che si affacciano sui marciapiedi, rende gradevole e più salubre l’ambiente circostante. Queste condizioni di contesto rendono finanziariamente appetibili le operazioni di integrale sostituzione edilizia con ampliamenti che però snaturano la qualità dei tessuti in cui sono inseriti. Basti ricordare in proposito gli effetti negativi provocati dalla autorizzazione (Regolamento edilizio del 1920) a costruire palazzine nei lotti destinati a villini e poi, negli anni ’50 e ’60, la diffusa sostituzione con tipologie a palazzina dei villini di Città Giardino a Monte Sacro. Oggi questo fenomeno molto dannoso per la qualità urbana si potrebbe riprodurre nei quartieri Trieste, Salario, Nomentano, San Lorenzo, Garbatella, Monteverde vecchio, Prati, Delle Vittorie e nella stessa Città Giardino.

Una difesa efficace dei tessuti a villini – testimonianza significativa dei valori storici, estetici ed ambientali della città di Roma, elemento importante della sua memoria materiale – richiede la concreta e leale collaborazione tra tutte le pubbliche amministrazioni che possono svolgere un ruolo nell’azione di tutela. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, anzitutto, dovrebbe procedere, attraverso le sue strutture preposte, alle verifiche della sussistenza dell’interesse culturale di cui all’art. 12 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (2). Le verifiche andrebbero svolte con riferimento ai tessuti urbani a villini della Città storica, classificati come T5  e dettagliatamente individuati nelle planimetrie del PRG vigente. A questi andrebbero aggiunti anche altri tipi di tessuti, in particolare quelli T4, T7 e T10, all’interno dei quali possono ricadere edifici e giardini cui applicare la tutela(*) (3). Inoltre, qualora a seguito della auspicabile pubblicazione di informazioni circa i procedimenti autorizzativi attivati presso il Comune, emergessero casi particolarmente gravi per la perdita di valori urbani, il MiBACT o la Regione potrebbero ricorrere a quanto stabilito dall’art. 150 del Codice medesimo (inibizione o sospensione dei lavori) (4).

Protagonisti della salvaguardia dei richiamati valori storici, estetici ed ambientali dovrebbero essere anche la Regione Lazio e il Comune di Roma, sempre nel quadro di una concreta e leale collaborazione istituzionale.
Le proposte che seguono non sono alternative ma complementari.

PRIMA PROPOSTA (rivolta alla Regione Lazio) Modifiche al campo di applicazione della LR 7/2017
La LR 7/2017, per evitare effetti negativi sui tessuti storici, ha escluso gli interventi di sostituzione negli “insediamenti urbani storici” e, in questi stessi ambiti, ha dato ai Comuni la possibilità di limitare i cambi di destinazione d’uso.
Gli insediamenti urbani storici richiamati dalla legge sono però quelli delimitati dal Piano Territoriale Paesistico Regionale adottato (PTPR): nel caso di Roma l’insediamento storico coincide con la città interna alle mura aureliane, cioè una porzione urbana molto ridotta rispetto alla “Città storica” delimitata dal PRG vigente. La differenza tra i due perimetri (1.400 ettari circa all’interno delle mura, 4.982 ettari la Città storica del PRG) consiste principalmente nella città edificata tra la fine dell’ottocento ed il primo novecento, ove si collocano appunto i tessuti a villini.

Occorre dunque una modifica della LR 7/2017 che, per gli interventi diretti di ristrutturazione edilizia e di demolizione e ricostruzione con ampliamento (fino al 20%) previsti all’art. 6 della legge, estenda l’esclusione anche alle “zone omogenee A individuate dai PRG approvati (5), o a loro parti da definirsi con deliberazione di consiglio comunale, purché più ampie di quelle definite dal PTPR”.

Questa esclusione è necessaria perché, mentre nei precedenti articoli della LR – art. 2 (programmi di rigenerazione urbana), art. 3 (ambiti di riqualificazione e recupero edilizio), art. 4 (cambio di destinazioni d’uso) e art. 5 (miglioramento sismico ed efficientamento energetico) – gli interventi devono essere preceduti da una valutazione di merito del Comune (approvazione di programmi, definizione di ambiti, approvazione di varianti), nel caso degli interventi diretti previsti all’art. 6 l’attuazione “sempre consentita” è rimessa alla sola decisione della proprietà immobiliare.

Si segnala che la recente direttiva dell’Assessore all’Urbanistica L. Montuori (n. 10 del 19 febbraio 2018) (6) sospende bensì temporaneamente gli interventi nei tessuti della Città storica e della Città consolidata previsti dall’art. 4 della LR 7/2017, e rinvia gli altri (ex artt. 2 e 3), ma nulla dice sull’art. 6, di fatto il più “pericoloso” per la tutela dei tessuti della Città Storica e in particolare di quelli a villini.

SECONDA PROPOSTA (rivolta al Comune di Roma) Esclusione dalla applicazione della LR 7/2017 dei tessuti a villini di Roma e riduzione delle utilità private negli ampliamenti e nei cambi di destinazione d’uso
Il PRG di Roma articola la Città storica, ove vivono oltre 600.000 persone, in dieci tipi di tessuti urbani: si tratta di una innovazione importante sotto i profili tecnico e culturale che supera la tradizionale suddivisione in zone urbanistiche per tener conto delle caratteristiche reali della città esistente.
Tra i tessuti individuati e dettagliatamente definiti nelle planimetrie del Piano, i “Tessuti di espansione otto-novecentesca”, articolati in base alle differenti morfotipologie che li caratterizzano, in sigla il T4 (tessuti a isolato) e il T5 (tessuti a villini), riguardano parti di città alle quali il Piano attribuisce particolare valore per il processo storico-formativo che li ha generati e per i caratteri identitari che hanno assunto “nella memoria delle comunità insediate”.
Con una deliberazione autonoma, motivata in base alla rilevanza culturale, architettonica ed ambientale di tali tessuti, cui andrebbero eventualmente aggiunti, previa dettagliata verifica sul campo, anche quelli classificati T7 e T10, il Comune di Roma dovrebbe escludere l’applicazione ad essi delle norme della LR 7/2017, ed in particolare di quelle del citato art. 6.
In effetti, poiché il Comune deve considerarsi unico soggetto competente in materia urbanistica a definire le cosiddette “zone A” di cui al D.M. n. 1444/1968 (7), esso può ben deliberare di escludere l’applicazione dell’art. 6 della LR anche oltre gli stretti perimetri degli insediamenti storici come definiti dal PTPR(**).
Inoltre l’art. 20 delle NTA del PRG vigente (8) sottopone tutte le più rilevanti valorizzazioni immobiliari ad un “contributo straordinario” pari al 66,6% della valorizzazione stessa, a carico di chi realizza la valorizzazione e da destinare al miglioramento urbano. Tale norma è stata poi recepita nel Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001 aggiornato, articolo 16, comma 4 lettera d-ter) (9) che stabilisce che il contributo sia “non inferiore al 50% [della valorizzazione]”. Tale contributo è richiamato, all’art. 2, comma 3, della LR 7/2017 (10), ma solo come una facoltà che i Comuni hanno per sostenere i programmi di rigenerazione urbana. Non è invece previsto per gli altri interventi di cui agli artt. 3, 4, 5 e 6 della legge.

Il Comune di Roma Capitale, con proprio atto deliberativo, dovrebbe decidere di applicare il contributo straordinario a tutti gli interventi previsti dalla legge regionale 7/17, di fatto in variante o in deroga al PRG. Naturalmente il contributo inciderebbe sulla sola superficie di incremento e sulle funzioni pregiate di nuovo inserimento, ossia sulle componenti di maggiore impatto sui tessuti urbani, mentre lascerebbe intatte le utilità derivanti dal miglioramento edilizio dell’esistente.

TERZA PROPOSTA (rivolta al Comune di Roma) Aggiornamento della Carta per la Qualità e controllo preventivo delle trasformazioni
Nella citata direttiva l’Assessore L. Montuori dichiara “indispensabile e urgente un aggiornamento della Carta per la qualità […] che consenta un maggiore controllo e formuli linee di indirizzo prescrittive per gli interventi di sostituzione edilizia e/o di ampliamento”.
Nel condividere la valutazione espressa dall’Assessore si ricorda che l’art. 16 delle NTA del Piano vigente stabilisce (c. 12) che “La Carta per la qualità è soggetta ad aggiornamenti periodici, di norma biennali, da approvarsi con le procedure di cui all’art. 2, commi 5 e 6” (11); che non risulta che nel decennio di piena vigenza del Piano sia stata effettuato alcun aggiornamento; che, di conseguenza, l’invocato aggiornamento richiede di essere quanto prima avviato ed efficacemente concluso.
Il Comune di Roma, infine, dovrebbe controllare, attraverso le sue strutture preposte, l’effettiva applicazione di quanto previsto dalle NTA del Piano vigente all’art 24 (Città storica, Norme generali), comma 12: “Gli strumenti urbanistici esecutivi e i progetti edilizi ammessi con modalità diretta sono predisposti secondo i contenuti e le modalità stabilite nell’elaborato G2. “Guida per la qualità degli interventi”; ove riguardino interventi di categoria RE, DR, AMP, NE, sono obbligatoriamente sottoposti, ai fini dell’approvazione o abilitazione, al parere consultivo del “Comitato per la qualità urbana e edilizia” che si esprime entro 45 giorni dalla richiesta” (11). Il parere del COQUE dovrà essere reso sia in relazione al valore testimoniale dell’edificio che si chiede di demolire, sia in relazione alla coerenza del nuovo edificio progettato con il tessuto in cui va a inserirsi.

scarica il PDF 2018_03_30_Doc-Villini-CDR-INULazio

> vai  a Piano Casa e legge di rigenerazione urbana cronologia e materiali

( Le note numercihe  sono di Carteinregola, quelle con asterisco nel documento originale)

*  I tessuti T5 sono definiti “Tessuti di espansione otto-novecentesca a lottizzazione edilizia puntiforme” dall’art. 30 delle Norme Tecniche di Attuazione, che detta le prescrizioni specifiche e stabilisce gli interventi consentiti. L’art 29 delle stesse norme detta prescrizioni specifiche e interventi consentiti per i tessuti T4 “Tessuti di espansione otto-novecentesca ad isolato”. I Tessuti T7 e T10 sono rispettivamente quelli “di espansione novecentesca a lottizzazione edilizia puntiforme” e i “Nuclei storici isolati” (artt. 32 e 35 delle NTA).

** Ciò risulta evidente se si considerano le diverse funzioni correlate alla tutela dei valori paesaggistici (art. 143 Codice BB.CC.AA.) ed alla individuazione delle “zone territoriali omogenee” di cui all’art. 17 della legge ponte (n. 765/1967).Ne consegue che, data la suddetta diversa funzione, la concreta applicazione ai fini paesaggistici deve considerarsi esclusa negli ambiti definiti dall’art. 43 delle NTA del PTPR; ma fuori di tale perimetro valgono le prescrizioni dettate dalla pianificazione urbanistica assunta dall’ente locale.

(1) vedi Il Piano regolatore del 1909 scheda da Le città sostenibili -Corso di URBANISTICA Prof. Domenico Cecchini Università degli studi di Roma
“La Sapienza” http://www.cittasostenibili.it/industriale/industriale_Scheda_7.htm

(2)DECRETO LEGISLATIVO 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137. (GU Serie Generale n.45 del 24-02-2004 – Suppl. Ordinario n. 28)

art.12 Verifica dell’interesse culturale

1. Le cose immobili e mobili indicate all’articolo 10, comma 1*, che siano opera di autore non piu’ vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, sono sottoposte alle disposizioni del presente Titolo fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2.

2. I competenti organi del Ministero, d’ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, verificano la sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico nelle cose di cui al comma 1, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformita’ di valutazione.

3. Per i beni immobili dello Stato, la richiesta di cui al comma 2 e’ corredata da elenchi dei beni e dalle relative schede descrittive.  I criteri per la predisposizione degli elenchi, le modalita’ di redazione delle schede descrittive e di trasmissione di elenchi e schede sono stabiliti con decreto del Ministero adottato di concerto con l’Agenzia del demanio e, per i beni immobili in uso all’amministrazione della difesa, anche con il concerto della competente direzione generale dei lavori e del demanio. Il Ministero fissa, con propri decreti, i criteri e le modalita’ per la predisposizione e la presentazione delle richieste di verifica, e della relativa documentazione conoscitiva, da parte degli altri soggetti di cui al comma 1.

4. Qualora nelle cose sottoposte a verifica non sia stato riscontrato l’interesse di cui al comma 2, le cose medesime sono escluse dall’applicazione delle disposizioni del presente Titolo.

5. Nel caso di verifica con esito negativo su cose appartenenti al demanio dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali, la scheda contenente i relativi dati e’ trasmessa ai competenti uffici affinche’ ne dispongano la sdemanializzazione qualora, secondo le valutazioni dell’amministrazione interessata, non vi ostino altre ragioni di pubblico interesse.

6. Le cose di cui al comma 3 e quelle di cui al comma 4 per le quali si sia proceduto alla sdemanializzazione sono liberamente alienabili, ai fini del presente codice.

7. L’accertamento dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, effettuato in conformita’ agli indirizzi generali di cui al comma 2, costituisce dichiarazione ai sensi dell’articolo 13 ed il relativo provvedimento e’ trascritto nei modi previsti dall’articolo 15, comma 2. I beni restano definitivamente sottoposti alle disposizioni del presente Titolo.

8. Le schede descrittive degli immobili di proprieta’ dello Stato oggetto di verifica con esito positivo, integrate con il provvedimento di cui al comma 7, confluiscono in un archivio informatico accessibile al Ministero e all’Agenzia del demanio, per finalita’ di monitoraggio del patrimonio immobiliare e di programmazione degli interventi in funzione delle rispettive competenze istituzionali.

9. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle cose di cui al comma 1 anche qualora i soggetti cui esse appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica.

10. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 27, commi 8, 10, 12, 13 e 13-bis, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326.

*art. 10 Beni culturali
1. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonche’ ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.

Scarica il file, in formato PDF per la versione completa (rivista 2008) del Codice dei beni culturali e il paesaggio (1287Kb)
(documento in formato pdf, peso 296 Kb, data ultimo aggiornamento: 20 aprile 2009 )

(3) Piano Regolatore Genrale  Norme Tcniche di Attuazione Art. 25: Tessuti della Città storica
Definizione
1. Si intendono per Tessuti della Città storica gli isolati o parti di isolato ad essa appartenenti costituiti dall’aggregazione di edifici, con relativi spazi aperti di pertinenza e l’esclusione delle sedi viarie, riconducibili a regole sostanzialmente omogenee d’impianto, suddivisione del suolo, disposizione e rapporto con i tracciati, nonché di prevalente caratterizzazione tipologica, formale, costruttiva e funzionale. Rientrano in tali tessuti gli edifici seriali e gli edifici a tipologia edilizia speciale esprimenti le stesse regole del tessuto di appartenenza. 2. I tessuti individuati nell’elaborato
2.“Sistemi e Regole”, rapp. 1:5.000, si articolano in:
T1-Tessuti di origine medievale;
T2-Tessuti di espansione rinascimentale e moderna pre-unitaria;
T3-Tessuti di ristrutturazione urbanistica otto-novecentesca;
T4-Tessuti di espansione otto-novecentesca ad isolato;
T5-Tessuti di espansione otto-novecentesca a lottizzazione edilizia puntiforme;
T6-Tessuti di espansione novecentesca a fronti continue;
T7-Tessuti di espansione novecentesca a lottizzazione edilizia puntiforme;
T8-Tessuti di espansione novecentesca con impianto moderno e unitario;
T9-Edifici isolati;
T10-Nuclei storici isolati.

(4) DECRETO LEGISLATIVO 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137

Articolo 150 Inibizione o sospensione dei lavori

1. Indipendentemente dall’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio prevista dagli articoli 139 e 141, ovvero dall’avvenuta comunicazione prescritta dall’articolo 139, comma 4, la regione o il Ministero ha facolta’ di:
a) inibire che si eseguano lavori senza autorizzazione o comunque capaci di pregiudicare il bene;
b) ordinare, anche quando non sia intervenuta la diffida prevista alla lettera a), la sospensione di lavori iniziati.
2. Il provvedimento di inibizione o sospensione dei lavori incidenti su immobili od aree non ancora dichiarati di notevole interesse pubblico cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all’albo pretorio della proposta della commissione di cui all’articolo 138 o della proposta dell’organo ministeriale prevista all’articolo 141, ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione prevista dall’articolo 139, comma 4.
3. Il provvedimento di inibizione o sospensione dei lavori incidenti su di un bene paesaggistico per il quale la pianificazione paesaggistica preveda misure di recupero o di riqualificazione cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni la regione non abbia comunicato agli interessati le prescrizioni alle quali attenersi, nella esecuzione dei lavori, per non compromettere l’attuazione della pianificazione.
4. I provvedimenti indicati ai commi precedenti sono comunicati anche al comune interessato.

(5) NTA PRG

Art.107. Zone territoriali omogenee

1. Con riferimento alle zone territoriali omogenee di cui al DM n. 1444/1968, le componenti del presente PRG sono così classificate:

a)  sono classificate come zona territoriale omogenea A: le componenti della Città storica, salvo gli Ambiti di valorizzazione;

(6) Non abbiamo trovato direttive del’assessore Montuori n.10 del 19 febbraio 2018 – Abbiamo commentato una memoria di Giunta 14 del 26 febbraio 2018 Vedi Legge di Rigenerazione urbana regionale: cancellate subito l’articolo 6   http://www.carteinregola.it/index.php/legge-di-rigenerazione-urbana-regionale-una-legge-da-modificare/

(7) vvedi Decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444
Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 765 del 1967. http://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/1968_1444.htm#02

(8) Art.20. Contributo straordinario di urbanizzazione  scarica NTA PRG prg_nta

(9)  DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 6 giugno 2001, n. 380
Ripubblicazione del testo del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante: “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)”, corredato delle relative note. (Decreto pubblicato nel supplemento ordinario n. 239/L alla Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 245 del 20 ottobre 2001). (GU Serie Generale n.266 del 15-11-2001 – Suppl. Ordinario n. 246) 

Art. 16

(…)

comma 4. L’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni in relazione:

a) all’ampiezza ed all’andamento demografico dei comuni;
b) alle caratteristiche geografiche dei comuni;
c) alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti;
d) ai limiti e rapporti minimi inderogabili fissati in applicazione dall’articolo 41-quinquies, penultimo e ultimo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modifiche e integrazioni, nonché delle leggi regionali;
d-bis) alla differenziazione tra gli interventi al fine di incentivare, in modo particolare nelle aree a maggiore densità del costruito, quelli di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), anziché quelli di nuova costruzione;
(lettera aggiunta dall’art. 17, comma 1, lettera g), legge n. 164 del 2014)
d-ter) alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso. Tale maggior valore, calcolato dall’amministrazione comunale, è suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed è erogato da quest’ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l’interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l’intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche.
(lettera aggiunta dall’art. 17, comma 1, lettera g), legge n. 164 del 2014)

(10) scarica legge rigenerazione urbana + circolare Regione Lazio con riferimenti d

(11) scarica NTA PRG prg_nta

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