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L’on. Marroni contro il Progetto Flaminio

Progetto Vigano Flaminio citta della scienza

Progetto Vigano Flaminio citta della scienza

Lascia perplessi la mossa dell’on. Umberto Marroni, deputato del Partito Democratico, fino alla primavera del 2013 capogruppo PD in Campidoglio, che ha presentato pochi giorni fa un’interrogazione a risposta scritta al Ministro dei beni e delle attività culturali (1) a proposito del  Progetto Flaminio (2). Perchè mette in discussione oggi un progetto della Giunta Marino nato più di  due anni fa,  e  scelte  progettuali  rese pubbliche da almeno  sei mesi.  Oltretutto senza aver portato avanti, quando era capogruppo PD, una vera opposizione  alle delibere urbanistiche  della Giunta  Alemanno –   contro le quali noi  di Carteinregola abbiamo  fatto un presidio di 4 mesi in Campidoglio –   in cui era compresa quella che avrebbe dato il via libera,  proprio negli  ex stabilimenti militari,  a una “valorizzazione” con un profluvio di cemento quasi esclusivamente privato (3).  E non   sfugge ai cittadini che chiedere adesso l’apposizione di un vincolo sugli edifici di via Guido Reni – al di là che si condivida  o meno la richiesta di conservazione dell’intero compendio militare/industriale e non solo di alcune sue parti – possa avere la conseguenza di rallentare, se non interrompere del tutto, il   percorso del Progetto Flaminio,  riaprendo il campo a ipotesi – quelle sì –  speculative, in un’area che fa gola a molti. E  non ci risulta che lo stesso Marroni,  quando era consigliere  DS in Campidoglio,  abbia contestato il progetto  del MAXXI (Museo delle Arti del XX secolo),  avviato dall’allora Ministro dei Beni culturali Walter Veltroni (4), che ha comportato la demolizione della maggior parte degli  edifici della caserma Montello, coeva dello stabilimento militare materiali elettronici e di precisione  (SMMEP) di  Via Guido Reni, proprio dall’altra parte della strada…

sa Estella map- Via Guido reni nel 1988

sa Estella map- Caserme e Stabilimenti militari a Via Guido Reni nel 1988

Il progetto Flaminio  (2) prevede la realizzazione di un nuovo quartiere – il quartiere della Città della Scienza – in un’area abbandonata da anni, quella degli ex stabilimenti militari di Via Guido Reni di fronte al MAXXI, che, nonostante sia stata ceduta dal Demanio (e non, come molti pensano, dal Comune) a Cassa Depositi e Prestiti per ricavarne un profitto economico, è poi stata destinata  – grazie ad un accordo stipulato con  Roma Capitale  due anni fa –  per quasi metà all’uso pubblico, con la realizzazione, a fianco di residenze, negozi e un albergo privati, di una piazza pubblica, servizi per il quartiere,  una quota di alloggi per housing sociale e, secondo il progetto della Giunta Marino, una Città della Scienza. Un  progetto che ha coinvolto   rappresentanti di comitati e associazioni di quartiere in un tavolo partecipato con i tecnici del Dipartimento Urbanistica e di Risorse per Roma  per la stesura delle linee guida per il masterplan, poi  oggetto di un concorso internazionale indetto da Cassa Depositi e Prestiti e Roma Capitale.  Il progetto  proclamato vincitore  il 24 giugno scorso, presentato  dallo studio Viganò (2),  conserva  due  padiglioni  –  quello denominato  “XXX”, da  dedicare a servizi  di quartiere, e un altro edificio  da trasformare  in  serra per realizzare un orto urbano -,   prevedendo tuttavia  la possibilità che  la Città della Scienza (o una sua parte)  possa  essere ospitata nel padiglione più antico del complesso, l'”Hangar”. Ipotesi caldeggiata   dai membri  del  tavolo partecipato,  che anche negli incontri con la giuria avevano  espresso la richiesta della massima conservazione possibile delle strutture originali.

Il padiglione soprannominato "Hangar" (foto AMBM)

Il padiglione soprannominato “Hangar” (foto AMBM)

E proprio sul destino dei capannoni  industriali è incentrata  l’interrogazione  dell’on. Marroni,   che  chiede di conoscere  “per quale motivo non sia stato ancora avviato l’urgente e necessario procedimento di dichiarazione di interesse culturale (…) per il complesso di archeologia industriale dell’ex stabilimento macchine elettriche di precisione…” (…) e “quando tale urgente e necessaria procedura verrà avviata al fine di tutelare un importante bene culturale di archeologia industriale del Novecento e di evitare o modificare un intervento edilizio che appare all’interrogante di tipo speculativo a favore invece di progetti conservativi e di rigenerazione dei manufatti di interesse storico nazionali presenti sull’area(1).

Ma  che si condivida o meno la linea del deputato PD sul conservare l’intero complesso   ristrutturando  gli edifici esistenti, è necessario chiarire che  ci risulta che Cassa Depositi e Prestiti abbia acquisito l’area  (e siglato l’accordo con il Comune) dopo che la  Sovrintendenza statale l’aveva sottoposta alla   “verifica di interesse”  rilasciando la dichiarazione di “non interesse storico” (5).  

E in ogni caso non ci risulta che ci sia stata, quando governava il centro sinistra, analoga difesa della ex caserma Montello demolita per far posto al MAXXI,  e soprattutto – e di questo siamo diretti testimoni – che come capogruppo PD Marroni abbia guidato una strenua resistenza contro  l’abbattimento di un edificio di notevole interesse culturale come  il Mercato Metronio a San Giovanni, un gioiello architettonico degli anni ’50 di Riccardo Morandi per cui è sceso in campo persino l’Ordine degli architetti , che una delibera sostenuta da un fronte bipartisan voleva consegnare  a una ditta privata in cambio di  un imprecisato numero di alloggi per housing sociale, con la prospettiva del suo abbattimento per ricostruire  il  mercato rionale sotto vari piani di appartamenti di lusso, uffici e strutture commerciali (6).

Ma anche altre   delibere urbanistiche della Giunta Alemanno  ci appaiono oggi decisamente poco conformi  alle conclusioni dell’interrogazione di Marroni: “la riconversione dei grandi contenitori dismessi pubblici e industriali della città del Novecento occupa un ruolo di primo piano per procedere a una rapida inversione nel consumo di suolo e tendere radicalmente alla rigenerazione urbana quale strumento prioritario, dato che queste funzioni urbane, sino a ieri essenzialmente pubbliche, possono essere sostituite con nuove funzioni di prioritario interesse pubblico che tutelino l’identità storico culturale del territorio” (1).  Basti pensare  alle delibere che prevedevano la cessione ai privati di autorimesse ATAC come quella di Piazza Bainsizza (7) – che tra l’altro  non teneva  conto del parere della Sovrintendenza Comunale che la definiva   un esempio di archeologia industriale da salvaguardare nel suo complesso –  o, appunto,  le speculazioni previste nella delibera sulle  ex caserme, che in Via Guido Reni prevedeva il doppio di SUL  privata (senza contare i 6000 mq di housing sociale) della delibera del 2013  (4). E lo diciamo chiaramente: se quelle delibere non sono poi state approvate, è stato solo grazie alla mobilitazione dei cittadini e dei comitati, dato che, tranne qualche sparuta eccezione, i consiglieri del Partito Democratico nella maggior parte dei casi non hanno mai nemmeno dichiarato il loro  dissenso.

Infine, va precisato che contrariamente a quanto affermato nella interrogazione, il progetto  non  “prevede la totale demolizione del complesso di archeologia industriale“, dato che, come abbiamo detto,    sono inseriti nel progetto del masterplan due edifici originali e una parte dell’Hangar,  nè si può dire che il nuovo “impianto urbanoassegna priorità agli insediamenti residenziali privati, penalizzando in modo significativo la tutela identitaria dei luoghi, l’articolazione dello spazio pubblico e la riqualificazione e riorganizzazione dell’ambiente costruito e dell’assetto urbano“,  dato che quasi la metà della superficie è destinata a un uso pubblico.  E non dimentichiamo che verrebbe restituito alla cittadinanza uno spazio  fatiscente e degradato, da decenni  inaccessibile, che è una vera isola di desolazione davanti al MAXXI,  e interrompe la linea  che congiunge il Foro Italico  all’Auditorium e spezza la continuità tra il Flaminio e il Villaggio Olimpico. Per cui ben vengano le proposte che servono a migliorare i progetti e a conservare la memoria del quartiere. Ma evitiamo le iniziative che possono far  fallire le prospettive di cambiamento e che rischiano di far  ripiombare tutto nell’eterno e degradato status quo. Perchè dal degrado alla speculazione il passo è sempre troppo breve.

Anna Maria Bianchi Missaglia

Siamo a disposizione per pubblicare osservazioni, rettifiche e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

> vai a Progetto Flaminio – cronologia e materiali

(1) http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/assemblea/xhtml/sed0540/leg.17.sed0540.allegato_b.html#si.4-11519

MARRONI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
in data 23 dicembre 2014 CDP «Investimenti Sgr» ha bandito, d’intesa con il comune di Roma, un concorso di progettazione urbana in due fasi per il quartiere della città della scienza, con la previsione di spazi e servizi pubblici, funzioni private prevalentemente residenziali e la realizzazione della città della scienza nell’area dell’ex stabilimento macchine elettriche di precisione dell’Agenzia del demanio collocato tra via Guido Reni e viale del Vignola a Roma;
gli indirizzi programmatici dell’accordo e della consultazione concorsuale prevedevano un importante processo di trasformazione urbana, assumendo come criterio anche la conservazione e reinterpretazione dell’impianto urbano originale attraverso una metodologia di intervento che privilegiasse il recupero degli edifici esistenti, il massimo contenimento dell’occupazione di suolo da parte dei nuovi edifici, la massima estensione degli spazi pubblici;
il complesso dell’ex stabilimento macchine elettriche rappresenta un significativo esempio di archeologia industriale del Novecento, con una struttura a viali delimitati da platani che costeggiano l’impianto a padiglioni, inserito in un brano di tessuto urbano qualitativamente eccellente per la presenza di architetture novecentesche, moderne e contemporanee;
la riconversione dei grandi contenitori dismessi pubblici e industriali della città del Novecento occupa un ruolo di primo piano per procedere a una rapida inversione nel consumo di suolo e tendere radicalmente alla rigenerazione urbana quale strumento prioritario, dato che queste funzioni urbane, sino a ieri essenzialmente pubbliche, possono essere sostituite con nuove funzioni di prioritario interesse pubblico che tutelino l’identità storico culturale del territorio;
il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137», detta il principio secondo il quale, in attuazione dell’articolo 9 della Costituzione, la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura e che lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni assicurano e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione;
in particolare, l’articolo 10 del citato decreto dispone che siano considerati beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale, le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose;
tutelare sia il territorio sia l’identità storico-culturale delle aree urbane da trasformare sia – non ultimi – i cittadini che le abitano, impone atteggiamenti progettuali prudenti volti a concentrare gli sforzi su di un’attenta e delicata, attività di recupero e reinterpretazione del patrimonio edilizio esistente;
l’esito della procedura concorsuale citata, di cui l’amministrazione comunale di Roma è stata a tutti gli effetti soggetto attivo, ha invece privilegiato una soluzione progettuale che prevede la totale demolizione del complesso di archeologia industriale a favore di un impianto urbano che assegna priorità agli insediamenti residenziali privati, penalizzando in modo significativo la tutela identitaria dei luoghi, l’articolazione dello spazio pubblico e la riqualificazione e riorganizzazione dell’ambiente costruito e dell’assetto urbano –:
per quale motivo non sia stato ancora avviato l’urgente e necessario procedimento di dichiarazione di interesse culturale ai sensi dell’articolo 10, comma 3, lettera d) del decreto legislativo n. 42 del 2004 sopra richiamato e successive modificazioni, per il complesso di archeologia industriale dell’ex stabilimento macchine elettriche di precisione dell’Agenzia del demanio collocato tra via Guido Reni e viale del Vignola in Roma, in quanto rappresenta un’opera di indiscusso valore per il suo riferimento alla storia e alla cultura del XX secolo;
quando tale urgente e necessaria procedura verrà avviata al fine di tutelare un importante bene culturale di archeologia industriale del Novecento e di evitare o modificare un intervento edilizio che appare all’interrogante di tipo speculativo a favore invece di progetti conservativi e di rigenerazione dei manufatti di interesse storico nazionali presenti sull’area.
(4-11519)

(2) scarica il Progetto Viganò Studio015 Vigano relazione

> vai a Progetto Flaminio – cronologia e materiali

(3) Delibera aree militari dismesse Deliberazione di Assemblea Capitolina n. 8 del 28/29 ottobre 2010 “Approvazione del “Piano delle alienazioni e valorizzazioni degli immobili militari della città di Roma” 

(4) Il progetto Maxxi inizia nel 1997 quando il ministro della Difesa Beniamino Andreatta cede al ministro dei Beni Culturali Walter Veltroni l’area delle ex caserme di via Guido Reni. Due anni dopo, il ministro dei Beni Culturali Giovanna Melandri, decide, per quell’area, la realizzazione di un museo d’arte contemporanea e bandisce un concorso internazionale. A fine febbraio 1999 la giuria seleziona il progetto vincitore, realizzato da Zaha Hadid. Nel progetto restano, del complesso originario  dell’ex caserma Montello: l’edificio su strada inserito completamente nel corpo principale del museo, di cui è conservata la facciata, e  l’Edificio D, un corpo a parte.https://it.wikipedia.org/wiki/MAXXI_-_Museo_nazionale_delle_arti_del_XXI_secolo

(5)  Del gruppo delle caserme della delibera del 2010 ci risulta che il vincolo sia stato apposto solo  per la caserma di Via del Porto Fluviale

Vedi Progetto Flaminio, cronologia e materiali

(6) vedi La vicenda della Delibera 129/2011 https://difendiamoimercatirionali.wordpress.com/la-vicenda-della-delibera-dello-scambio-immobiliare-comune-cam-srl/

(7) Delibera  n. 39/2011 > Vedi Attenti alle delibere: Aree ex depositi ATAC

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