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Fosso Tre Fontane: lettera al Presidente Catarci del 28 agosto 2015

mail a catarci 27 agosto 2015 fosso tre fontaneQuesta lettera l’ho inviata al presidente dell’VIII Municipio  Andrea Catarci il 27 agosto scorso, dopo uno scambio di mail a proposito di un documento  (interno) della Soprintendenza da lui inviatomi (che non pubblico). Catarci dopo  questa mail non mi ha più risposto (ma neanch’io l’ho cercato), nè mi risulta abbia  messo in pratica quello che io da tempo sollecito presso tutte le parti in causa: la pubblicazione integrale e cronologica di tutti i documenti, compresi i provvedimenti della magistratura giudiziaria e amministrativa. In particolare riterrei dirimente la pubblicazione delle due perizie :  del Consulente tecnico d’Ufficio, Sapia, del PM Di Maio, che  nel Giugno del 2015 ha dissequestrato l’area del fosso (sequestro richiesto dal Municipio) e la relazione del Consulente tecnico d’ufficio del Genio, Difesa, su incarico del TAR consegnata il 21 dicembre 2015. In quest’ultima, a  pag.8 dsi afferma : “Nel tratto interessato nei provvedimenti gravati, quindi lungo via Aldo Ballarin all’interno del programma urbanistico Grottaperfetta, la traccia morfologica del Fosso non esiste.”

Ecco cosa ho scritto a Catarci il 27 agosto 2015:

Fosso Tre Fontane: perché non mi convince il documento del Mibact  e  gli argomenti di tutti quelli che sostengono che il fosso è stato interrato nel febbraio 2014 (pochi giorni prima del sequestro)

Consapevole che, a fronte di una enorme mole di perizie, documenti e pareri di amministratori e addetti ai lavori,   queste osservazioni potranno essere considerate frutto di un approccio ingenuo e semplicistico, avanzerò ugualmente alcune domande che partono dall’osservazione diretta dei luoghi, in più stagioni dell’anno, sia dal lato di Via Ballarin, sia dai giardinetti pubblici sottostanti.

Questa la situazione da me verificata:

1) il tratto del terreno che costeggia Via Ballarin da un lato e l’area di cantiere privata e il parco pubblico dall’altra, si può dividere in due parti: un primo tratto, in cui il terreno è alla stessa altezza del marciapiede di Via Ballarin, da cui è separato  da un muretto di circa un metro di altezza sormontato da mancorrenti metallici – che prosegue ben oltre il confine con l’area del cantiere I-60 – e un secondo tratto, caratterizzato da un consistente e improvviso salto di quota (circa 4/5) metri, in cui la Via Ballarin corre sopra un viadotto, tanto che lungo il marciapiede sono state inserite delle alte strutture a protezione dei pedoni.

Si tratta di un punto preciso, con un dirupo consistente, che corrisponde più o meno al confine tra l’area privata dell’ex I-60 e l’area pubblica del giardino.

2) A partire dal dirupo, per vari metri (una trentina), lungo il viadotto non c’è alcuna traccia di acqua. E questo ho potuto verificarlo personalmente sul luogo anche durante le intense piogge con “bombe d’acqua” della scorsa primavera.

3) All’improvviso, sotto e a ridosso del viadotto, appare una sorta di stagno/fiumiciattolo che continua poi a scorrere verso Via Laurentina. Ad una attenta osservazione ho individuato una possibile fonte di provenienza dell’acqua in un tubo di plastica arancione, di sezione di circa 15 cm, del tipo usato in edilizia per gli impianti idraulici, posto trasversalmente alla strada (sebbene emerga a qualche metro di distanza), come se provenisse da sotto il viadotto.

Per questo motivo le affermazioni di soggetti seppur autorevoli come il Presidente Catarci e la Soprintendenza di Roma, che ha dedicato al Fosso una Relazione tecnica che si conclude chiedendo il ripristino del vincolo sul Fosso e del Fosso stesso, destano in me parecchie perplessità. Il punto che non mi sembra affatto chiaro riguarda le dichiarazioni sul momento del presunto interramento del Fosso. Perché si dà per scontato che sia avvenuto in concomitanza con l’inizio dei lavori delle opere di urbanizzazione del complesso di Grotta Perfetta, cioè nel febbraio 2014, pochi giorni – o ore – prima del sequestro.

In particolare la relazione della Soprintendenza sostiene che   “nonostante i recenti interramenti, riguardanti la zona ripariale parallela a Via Ballarin, si mantiene nella parte restante il salto di quota e la scoscesità originaria delle sponde”.

Ma tutto ciò forse sarà compatibile con mappe, carte e foto aeree d’archivio, ma non mi sembra che possa essere compatibile con la realtà che ho osservato direttamente.

Perché da queste affermazioni si dovrebbe dedurre che

  • fino a prima del febbraio 2014 il fosso esisteva e scorreva lungo via Ballarin anche nel tratto del cantiere ex I-60, con una “scoscesità originaria delle sponde” che oggi “ si mantiene nella parte restante il salto di quota”
  • che coloro che hanno cominciato i lavori nell’area privata hanno riempito l’alveo del fosso nel tratto in cui attraversava l’area di cantiere annullando la scoscesità e interrando il Fosso.
  • Che le acque del Fosso, seppure parzialmente interrate nel tratto precedente, riemergono nel tratto corrispondente all’area pubblica del parco.

Tali presupposti a mio avviso sono contraddetti da alcuni aspetti irrisolti:

  • se il dislivello del Fosso – che arriva fino a 5 metri – che si osserva oggi nel tratto del parco pubblico si fosse esteso   anche nel tratto corrispondente all’area privata dell’ ex I-60, avrebbero dovuto esservi su Via Ballarin le stesse alte protezioni anche lungo tutto quel segmento di marciapiede. Invece lungo il marciapiede c’è un basso muretto, evidentemente non di recente costruzione, che tra l’altro va ben oltre l’area dei lavori – ed è evidentemente stato costruito nello stesso periodo perché ha le stesse caratteristiche e la stessa usura. Inoltre a monte del cantiere il terreno è in totale continuità, quindi non si capisce nemmeno dove sarebbe avvenuto l’interramento nella direzione opposta, dove c’è la curva di Via Ballarin. Se il Fosso – come ipotizzato anche nella Relazione della Soprintendenza correva lungo la strada in modo perfettamente analogo al tratto ancora emergente – cioè con lo stesso dislivello – chi ha interrato il Fosso avrebbe dovuto contestualmente abbattere le eventuali protezioni metalliche lungo il marciapiede e costruire un nuovo muretto a livello strada in tutto e per tutto uguale – anche nell’usura – a quello a monte dell’area dei lavori.
  • E non è chiaro neanche come mai il Fosso interrato non emerga ben prima, nell’area pubblica dopo il dirupo – dove sicuramente il personale addetto al cantiere non ha effettuato alcun intervento – uscendo solo una trentina di metri dopo il salto di quota (l’acqua interrata dovrebbe essersi dispersa sottoterra per uscire in un unico punto più  a valle  a mò di sorgente).
  • Infine: poiché esattamente in corrispondenza dell’inizio del fosso un tubo di plastica che sembra provenire da sotto il viadotto getta in continuazione acqua, con un volume calcolabile che mi sembra compatibile con il volume dell’acqua che poi scorre a valle, sarebbe fondamentale capire la provenienza di quel tubo e di quell’acqua, dato che sembra assai improbabile la coincidenza della presenza di una tale “sorgente” esattamente dove si forma la pozza d’acqua che poi scorre verso Via Laurentina. Nota bene: l’andamento dello scorrimento dell’acqua – osservato in diverse stagioni e condizioni atmosferiche, comprese quelle della siccità estiva – è sempre costante, così da escludere che si tratti di una grondaia che raccoglie acque piovane sulla strada soprastante.

Queste osservazioni naturalmente saranno il punto di partenza per ulteriori approfondimenti che intenderei effettuare   – se me ne sarà data la possibilità – leggendo le perizie dei vari esperti consultati dalle parti e dai magistrati, e soprattutto vedendo le fotografie del Fosso prima del presunto interramento, con il dislivello dalla strada e l’acqua che scorre come nel tratto successivo. In caso contrario, ritengo che la realtà vinca sulle ricostruzioni d’archivio.

Anna Maria Bianchi

schema amb fosso tre fontane 2