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DDL Paesaggio, le Osservazioni di Carteinregola

Nell’ambito dell’attività conoscitiva svolta in relazione all’esame del disegno di legge n. 1372 (Delega al Governo per la revisione del codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di procedure di autorizzazione paesaggistica), le Commissioni riunite 7ª e 8ª del Senato hanno deliberato di richiedere ad una serie di soggetti indicati dai Gruppi parlamentari l’invio di un contributo scritto sui profili del provvedimento di maggior interesse per ogni soggetto destinatario della richiesta. Pubblichiamo il contributo inviato dall’Associazione Carteinregola il 17 aprile 2025.

DISEGNO DI LEGGE n. N. 1372 Delega al Governo per la revisione del codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di procedure di autorizzazione paesaggistica d’iniziativa dei senatori della Lega.

Vai al testo del DDL (anche in calce)

Osservazioni dell’Associazione Carteinregola

Inviate  alle Commissioni 7ª (Cultura, istruzione) e 8ª (Ambiente, lavori pubblici) del Senato

L’Associazione Carteinregola dal  2012 si occupa della tutela del paesaggio, del patrimonio storico, dell’ambiente e della qualità della vita dei cittadini, approfondendo le modifiche normative collegate. Per questo, prima di esaminare nel dettaglio il DDL 1372, vorremmo portare all’attenzione del Presidente e dei Senatori il  quadro più generale in cui si inserisce il DDL, che abbiamo avuto modo di riscontrare nelle proposte  riguardanti governo del territorio e beni culturali avanzate da vari livelli istituzionali, da Roma Capitale  alla Regione Lazio ad altri disegni di legge parlamentari.

L’art. 9 della nostra Costituzione riconosce il Paesaggio come patrimonio della Nazione. Un patrimonio di bellezza, di identità e di memoria che ci è stato tramandato da chi ci ha preceduto e che dobbiamo restituire alle prossime generazioni. Tuttavia la sua tutela e il suo principale strumento,  Il Codice dei Beni culturali, sono  da anni oggetto di  iniziative normative  per ridimensionarne la portata, sia con un allentamento  delle regole, sia con un depotenziamento delle istituzioni deputate a esprimere i pareri vincolanti sui progetti di trasformazione.

La ratio di tale orientamento è contenuta anche  nelle premesse del DDL 1372:

“La tutela del patrimonio culturale e ambientale deve rimanere un obiettivo primario, ma è necessario bilanciarla con l’esigenza di non paralizzare l’attività edilizia e urbanistica con procedure eccessivamente lente e complesse”.

“Con queste misure, si mira a garantire una maggiore certezza del diritto, tempi più rapidi per le decisioni amministrative e una distribuzione più razionale delle competenze tra Stato e autonomie locali”

Sintesi che potrebbe essere riferita alla maggior parte dei  provvedimenti  di cui ci siamo occupati, che rivela una filosofia, al contrario dell’obiettivo dichiarato, completamente sbilanciata sul punto di vista – e sull’interesse – privato, a scapito di quello che dovrebbe essere l’interesse generale: la tutela di un patrimonio pubblico, il Paesaggio.  Un valore sovraordinato a qualsiasi esigenza urbanistica e produttiva, che non può che essere soddisfatta nel suo rispetto.

La filosofia e gli argomenti – e le conseguenze sulla tutela paesaggistica –  del DDL 1372 le  ritroviamo in un altro DDL della Camera[1] e in  alcune proposte di legge della Regione Lazio ancora in attesa di approvazione “PL 171 Semplificazioni e misure incentivanti il Governo del territorio[2] e, con qualche differenza, nelle recenti modifiche alle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Roma, adottate l’11 dicembre 2025 dall’Assemblea Capitolina[3].

Obiettivi dichiarati del DDL 1372 e della PL regionale  sono “la semplificazione”  vs le “lungaggini burocratiche”, il ridimensionamento degli oggetti di tutela con l’esclusione di categorie di beni oggi sottoposte a limitazioni, la sottrazione di competenze alle Soprintendenze statali per attribuire ai comuni “maggiore autonomia decisionale per gli interventi di minore impatto”. 

Anche la Delibera capitolina 169 ha l’obiettivo della “semplificazione” come “esigenza di una revisione in aggiornamento della normativa di PRG, aggiornamento e quindi semplificazione e maggiore chiarezza della norma, al fine di agevolare il compito sia degli uffici capitolini competenti alla gestione delle trasformazioni del territorio sia dei professionisti esterni “allineando” la normativa nazionale, regionale alla norma vigente”. In realtà le modifiche sono ben più impattanti di quanto annunciato,  e riguardano anche la tutela paesaggistica.

Caratteristica comune dei  provvedimenti citati, è la riduzione di un bene paesaggistico  a un singolo elemento, trasformando quindi un vincolo per sua stessa natura collegato una  visione  “d’insieme” a un bene da individuare puntualmente, con il ridimensionamento – fino all’esclusione – dell’area circostante in cui si inserisce.

Nella PL 171 del Lazio sono esempi del ridimensionamento della tutela a elementi puntuali l’art. 3, “che rimuove la preclusione della trasformazione dei sottotetti in abitazioni (con modifiche ai tetti) negli insediamenti urbani storici, ad eccezione degli edifici tutelati come beni storici o monumentali” e l’Art. 10 che “nell’ottica della semplificazione e della razionalizzazione delle procedure” introduce “la non necessità del parere paesaggistico limitata a quelle modifiche a porzioni di piani che non riguardano le aree effettivamente interessate da vincoli paesaggistici”. Quanto al rapporto tra tutela e sviluppo economico, si cita impropriamente un passaggio del Codice e dei Beni culturali “i piani paesaggistici possono prevedere misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale e di settore, nonché con i piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico” (Art.11) che“dimentica” che il Codice dichiara esplicitamente che “Le previsioni dei piani paesaggistici … non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico”.

Infine l’Art. 8 della PL prevede di delegare ai comuni l’autorizzazione paesaggistica che la normativa vigente limita agli interventi sottoposti a procedimento autorizzatorio semplificato: le modifiche allargano sia la casistica sia le dimensioni – e quindi gli impatti – degli interventi sottoposti all’autorizzazione dei comuni. Una devoluzione che non garantisce che i comuni abbiano al loro interno il personale e le competenze necessari per autorizzare interventi che possono avere conseguenze impattanti e irreversibili sul patrimonio collettivo da tutelare. E la riduzione dei tempi per le procedure VIA e VAS (art. 6, art.14) vanno nella direzione di depotenziare questi imprescindibili strumenti di tutela.

Anche le modifiche alle Norme Tecniche del Piano Regolatore adottate dall’Assemblea capitolina hanno  ricadute sulla tutela paesaggistica, a partire da un forte ridimensionamento della funzione della Carta per la Qualità (Elaborato G1 del PRG ) e della Guida  per la Qualità degli interventi (Elaborato G2[4]) che censiscono e tutelano edifici e elementi di pregio del tessuto urbano, e del ruolo della Sovrintendenza, l’ente capitolino preposto  alla tutela.

Particolarmente significativa la cancellazione con emendamenti dell’Assemblea capitolina di alcunerestrizioni a tutela dei tessuti del centro storico presenti nella Proposta di delibera della Giunta[5]. Spicca l’esempio dell’art. Art. 26 Tessuti di origine medievale  (ma  ripetuto in altri tessuti  storici):   nella versione della Giunta si prevedeva che  “la ristrutturazione edilizia  con demolizione e ricostruzione  di edifici realizzati successivamente al piano regolatore del 1983” fosse ammessa solo su edifici  “che hanno impropriamente alterato, attraverso sostituzioni e completamenti, le regole tipomorfologiche e compositive del tessuto storico”.  La limitazione è scomparsa nella versione adottata dall’Assemblea.

Vogliamo qui ricordare che il Centro storico – sito UNESCO di Roma, secondo le Norme  Tecniche di Attuazione del Piano Territoriale Paesistico Regionale del Lazio approvato definitivamente il 21 aprile 2021, è escluso dalle tutele a cui sono soggetti gli altri centri storici del Lazio, dato che “L’applicazione di specifiche prescrizioni di tutela da definirsi, in relazione alla particolarità del sito, congiuntamente da Regione e Ministero, decorre dalla loro individuazione con le relative forme di pubblicità. Nelle more della definizione di tali specifiche prescrizioni, il controllo degli interventi è comunque garantito dalla Soprintendenza competente nel rispetto di quanto stabilito dal Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009)[6].  Tale formulazione è  l’ultima di una serie di rinvii a iniziative da intraprendersi successivamente da parte del Consiglio regionale,  rinvii che parimenti escludevano dalle tutele e dall’autorizzazione paesaggistica  il sito UNESCO della Capitale, e a 4 anni di distanza dall’approvazione di quell’articolo del PTPR  non è stato dato seguito a tale previsione ed  è rimasto il rimando al Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma stilato nel 2009,  che prevedeva pareri della Soprintendenza solo consultivi[7].  Rimando rimasto invariato nelle Modifiche  alle Norme Tecniche del PRG approvate l’11 dicembre 2024, nonostante gli annunciati “aggiornamenti” e nonostante  alcune  sentenze del Tribunale Amministrativo di Roma abbiano nel frattempo confermato che il centro storico di Roma non può   avere tutele paesaggistiche inferiori a quelle degli altri comuni e che  nel sito UNESCO  sussiste  l’obbligo di autorizzazione paesaggistica della Soprintendenza.[8]  E’ quindi la tutela paesaggistica un capitolo della Costituzione con molte ombre persino per il cuore più antico della Capitale d’Italia, patrimonio dell’umanità.

Entriamo quindi nel dettaglio degli articoli del DDL1372, con la speranza che le sue ricadute, viste in una prospettiva più ampia, inducano  a intervenire per fermare la deregulation in atto,  che porta vantaggi solo alla speculazione immobiliare distruggendo il patrimonio storico, e ad intervenire affrontando la problematica dei tempi di risposta dell’Amministrazione aumentando l’organico  che ci risulta scandalosamente sottodimensionato .

E’ in gioco la conservazione di un patrimonio che potrebbe essere irreversibilmente danneggiato o distrutto  in nome di uno “sviluppo economico” a vantaggio di pochi e che, in un periodo nemmeno lungo, potrebbe portare  danni economici a tutte quelle attività che vivono grazie alla bellezza del nostro Paese e delle nostre città.

Nell’introduzione del DDL si dichiara esplicitamente che l’obiettivo è  “semplificare i procedimenti amministrativi per evitare che la pubblica amministrazione diventi un ostacolo allo sviluppo economico e territoriale del Paese”. Ma in realtà non è la pubblica Amministrazione – la sempiterna “burocrazia” – che può diventare un ostacolo, bensì l’applicazione delle norme del Codice dei Beni Culturali, a partire dall’autorizzazione paesaggistica, strumento indispensabile per preservare le parti più pregiate del territorio da un cieco sfruttamento economico.  In questo senso gli articoli del DDL che ribadiscono il meccanismo del silenzio- assenso per i pareri non espressi entro i termini prescritti con la restrizione dei tempi del rilascio del parere comprimono ulteriormente l’esercizio della funzione di tutela garantito dalle Soprintendenze[9]

Nell’ art.2 comma 1, lettera b), l’autorizzazione paesaggistica sarebbe sostituita da un parere non vincolante per l’”apertura di strade e di cave, di posa di condotte per impianti industriali e civili e di palificazioni – ma nel gruppo ci sono anche gli interventi “FER” Fonti di Energia Rinnovabili, tra i quali le pale eoliche – nell’ambito e in vista delle aree” quali i “complessi …che compongono un caratteristico aspetto…inclusi i centri ed i nuclei storici” e “le bellezze panoramiche”, ovvero in prossimità di “caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica” e “ville, i giardini e i parchi” non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del Codice, “che si distinguono per la loro non comune bellezza“. Previsione assolutamente distruttiva di qualsiasi tutela paesaggistica.

Altrettanto preoccupante  il comma 2 dell’Art 2 che prevede un regolamento da adottare su proposta del Ministro della cultura, per “includere nell’elenco degli interventi ed opere in aree vincolate esclusi dall’autorizzazione paesaggistica [contenuti nell’ ALLEGATO A del DPR 31/2017] gli interventi di edilizia libera sottoposti a Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata nonché quelli sottoposti a Segnalazione Certificata di Inizio Attività nei casi in cui l’eventuale aumento di volume non ecceda il 20 per cento dell’esistente ovvero le modifiche, come asseverate dal tecnico abilitato, rispettino il carattere dell’immobile interessato”. Sarebbero così eliminati gli obblighi, anche per interventi impattanti in aree vincolate come l’aumento di un quinto della cubatura, di ottenere l’autorizzazione paesaggistica, addirittura affidando a “un tecnico abilitato” la valutazione sul rispetto del “carattere dell’immobile interessato“. E’ da notare che a scorrere il citato elenco delle attuali esclusioni dall’autorizzazione, si trovano interventi poco rilevanti, come ad esempio “installazioni di impianti tecnologici esterni …non soggette ad alcun titolo abilitativo edilizio, quali condizionatori, caldaie, parabole, antenne” , che però possono godere dell’esclusione purché “…in posizioni comunque non visibili dallo spazio pubblico… ed a condizione che tali installazioni non interessino i beni vincolati ai sensi del Codice“. Esclusioni quindi, che hanno ben poco a che fare con aumenti di cubatura del 20%.

Infine il DDL prevede – Art. 3. (Delega al Governo per il riordino delle procedure di autorizzazione paesaggistica) – di affidare al Governol’adozione “di uno o più decreti legislativi” “per la revisione del codice dei beni culturalie del paesaggio con riguardo alle procedure di autorizzazione paesaggistica“, attenendosi ad alcuni “princìpi e criteri direttivi” che rischiano di essere il vero strumento per ridimensionare la tutela paesaggistica come oggi la conosciamo.

Sono limitate  alcune competenze delle Soprintendenze, spostate  sugli  gli enti locali, a cui sarebbero affidati i pareri per i citati “interventi di lieve entità“, o direttamente al Ministero per l’ “autorizzazione paesaggistica relativa a infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale”  o per l’individuazione delle” aree di rilevanza paesaggistica nazionale“, “demandata all’adozione di un decreto del Ministero della cultura a cadenza annuale” . Come ha giustamente osservato l’Associazione Bianchi Bandinelli[10], “ L’accentramento del parere al Ministero (sub c) sottintende la ratio di condizionare il giudizio (per opere di preminente interesse nazionale) ad apprezzamenti politico/discrezionali, incompatibili con l’esercizio della funzione di tutela”.

 Ma si prevederebbero  altri strumenti per escludere le autorizzazioni: per gli interventi “relativi alle parti interne di edifici di cui è vincolata la facciata nonché quelli che risultino adiacenti o in prossimità di edifici vincolati”, per tipologie di interventi che rispettino “condizioni d’obbligo indicate in uno specifico documento di prevalutazione… che non comportano incidenze negative dal punto di vista paesaggistico e dunque non hanno bisogno di autorizzazione paesaggistica”; si vorrebbero eliminare  persino le autorizzazioni per interventi ricadenti nelle Aree tutelate per legge , trasformandole in “parere obbligatorio non vincolante” e sottraendo quindi al parere delle Soprintendenze gli interventi nei “territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare; i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna; le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole“. La giustificazione di  “favorire gli interventi di prevenzione del rischio idrogeologico“ appare pretestuosa, dato già oggi è possibile effettuare una valutazione dei rischi e bilanciare il prevalente interesse pubblico.

Sembrano lontanissimi i tempi delle madri e dei padri costituenti che hanno voluto mettere la tutela del Paesaggio tra i principi fondamentali della Carta, e anche quelli delle battaglie di Antonio Cederna e dei tanti intellettuali e cittadini di tutte le appartenenze, quando a sinistra come  a destra batteva un cuore per la difesa del patrimonio culturale e storico italiano.

Associazione Carteinregola

18 aprile 2025

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

Vedi anche Tutela del Paesaggio – proposte di legge 2022- 2025 cronologia e materiali

Il Paesaggio sotto attacco (il Disegno di Legge della Lega al Senato e non solo)28 marzo 2025

DDL Paesaggio: l’Audizione dell’Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli 12 aprile 2025

DDL Paesaggio, l’audizione di Tomaso Montanari in Commissione 12 aprile 2025


[1] Atto Camera: 1020 BOF ed altri: “Modifiche agli articoli 142 e 149 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di aree tutelate nelle adiacenze dei fiumi, torrenti e corsi d’acqua e di interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica in tali aree, nei boschi e nelle foreste” (1020)

[2] PROPOSTA DI LEGGE N. 171 del 9 agosto 2024 ADOTTATA DALLA GIUNTA REGIONALE CON DELIBERAZIONE N. 668 DELL’8 AGOSTO 2024 SEMPLIFICAZIONI E MISURE INCENTIVANTI IL GOVERNO DEL TERRITORIO

[3] Deliberazione n. 169 – 102a Proposta (Dec. G.C. n. 53 del 13 giugno 2023) Adozione, ai sensi dell’art. 10 della Legge n. 1150/1942 e L.R. n. 19/2022, della variante parziale alle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale vigente, approvato con Deliberazione di Consiglio Comunale n. 18 del 12 febbraio 2008.

[4] La Guida per la qualità degli interventi (elaborato G2 del Piano Regolatore) è  il riferimento per gli interventi edilizi  che si intendono effettuare  su elementi censiti nella Carta per la Qualità: in alcuni casi può fissare criteri per modifiche che non stravolgano l’identità degli edifici e dei luoghi, in altri può indicare interventi  non ammissibili che  comporterebbero una perdita irreversibile per la città

[5] Proposta di Deliberazione n. 53 del 13 giugno 2023

[6] art. 44 comma 19 NTA PTPR 21 4 2021

[7] Recentemente fonti di stampa hanno diffuso la notizia che nelle osservazioni inviate dalla Soprintendente di Roma al Comune riguardanti la  Deliberazione n. 169 variante parziale alle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale vigente, ci sia anche la richiesta di superamento del citato Protocollo con l’avvio della sua revisione

[8] Ad esempio la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Quater, n. 17967 del 30 novembre 2023

[9] c’è una discrepanza tra l’introduzione del DDL e il testo dell’articolato: Art. 2. (Disposizioni in materia di procedure di autorizzazione paesaggisti Comma 1 Lett- a)All’articolo 146, comma 5, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Il parere del soprintendente deve essere reso entro il termine perentorio di quarantacinque giorni decorso il quale si intende formato il silenzio-assenso e l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione»;[nella relazione è indicato trenta giorni, nel testo del DDL 45 giorni come nel testo vigente.

[10] Audizione dell’8 aprile 2025

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Finalità e princìpi generali)

1. Ai fini di una sensibile riduzione dei tempi amministrativi, della garanzia di efficacia delle iniziative degli enti locali nonché dello sviluppo economico e imprenditoriale della nazione e del rafforzamento della certezza del diritto, la presente legge è volta alla revisione delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, con riguardo alle procedure di autorizzazione paesaggistica.

Art. 2.

(Disposizioni in materia di procedure di autorizzazione paesaggistica)

1. Al decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, recante codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 146, comma 5, dopo il primo periodo è inserito il seguente: « Il parere del soprintendente deve essere reso entro il termine perentorio di quarantacinque giorni decorso il quale si intende formato il silenzio-assenso e l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione »;

b) all’articolo 152, comma primo, le parole: « parere vincolante » sono sostituite dalle seguenti: « parere obbligatorio non vincolante »;

c) all’articolo 167, al comma 5, al secondo periodo, sono aggiunte in fine le seguenti: « decorso il quale si intende formato il silenzio-assenso e l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione »;

d) all’articolo 181, comma 1-quater, sono aggiunte in fine le seguenti parole: « decorso il quale si intende formato il silenzio-assenso e l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione ».

2. Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della cultura, all’Allegato A al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31, recante elenco degli interventi ed opere in aree vincolate esclusi dall’autorizzazione paesaggistica, sono apportate le modificazioni necessarie al fine di includervi gli interventi di edilizia libera sottoposti a comunicazione di inizio lavori asseverata, nonché quelli sottoposti a segnalazione certificata di inizio attività nei casi in cui l’eventuale aumento di volume non ecceda il 20 per cento dell’esistente ovvero le modifiche, come asseverate dal tecnico abilitato, rispettino il carattere dell’immobile interessato.

Art. 3.

(Delega al Governo per il riordino delle procedure di autorizzazione paesaggistica)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la revisione del codice dei beni culturali e del paesaggio con riguardo alle procedure di autorizzazione paesaggistica.

2. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) garantire il coordinamento delle attività delle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio, affinché sia assicurato l’esercizio uniforme delle azioni di tutela a livello nazionale;

b) prevedere che gli interventi di lieve entità, come definiti dall’Allegato B al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31, non siano sottoposti a parere della Soprintendenza e competano esclusivamente agli enti locali, previa verifica di conformità con il Piano paesaggistico regionale;

c) prevedere che, nel caso di autorizzazione paesaggistica relativa a infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale di cui all’articolo 39 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, il parere spetti alla direzione generale competente del Ministero della cultura;

d) escludere dagli interventi soggetti ad autorizzazione paesaggistica, gli interventi relativi alle parti interne di edifici di cui è vincolata la facciata nonché quelli che risultino adiacenti o in prossimità di edifici vincolati;

e) al fine di favorire gli interventi di prevenzione del rischio idrogeologico, prevedere, nei casi di autorizzazione paesaggistica relativa ad interventi ricadenti in aree definite ai sensi dell’articolo 142, comma 1, lettere a)b)c) e d), del citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, nonché per le opere di difesa idraulica sottoposte a parere del Genio civile, che il parere della Soprintendenza sia obbligatorio e non vincolante;

f) istituire, in collaborazione con gli enti locali, sportelli unici per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche e urbanistiche, assicurando agli utenti un riscontro entro quarantacinque giorni dalla presentazione dell’istanza;

g) prevedere che, in caso di interventi o richieste autorizzative annuali ripetitive che non presentano variazioni rispetto alla richiesta precedentemente autorizzata, il richiedente possa limitarsi a presentare un’autocertificazione, corredata dall’asseverazione di un tecnico abilitato, in luogo di una nuova istanza, fatta salva la possibilità che le autorità competenti effettuino controlli a campione per verificarne la veridicità e l’applicazione delle sanzioni previste dagli articoli 75 e 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in caso di dichiarazioni mendaci;

h) individuare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tipologie di interventi che qualora realizzati nel rispetto delle condizioni d’obbligo indicate in uno specifico documento di prevalutazione, differenziato in relazione alle diverse tipologie di beni tutelati, non comportano incidenze negative dal punto di vista paesaggistico e dunque non hanno bisogno di autorizzazione paesaggistica;

i) escludere dall’applicazione delle disposizioni di cui alle lettere precedenti le aree di rilevanza paesaggistica nazionale la cui individuazione è demandata all’adozione di un decreto del Ministero della cultura a cadenza annuale, e prevedere che, per le medesime aree, il parere del soprintendente debba essere reso entro il termine di quarantacinque giorni, decorso il quale si intende formato il silenzio-assenso

3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della cultura, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e sono corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si esprimono nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

4. Se il termine previsto per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega previsto al comma 1, o successivamente, quest’ultimo è prorogato di quarantacinque giorni.

5. Con i decreti legislativi di cui al comma 1 si provvede, altresì, a fini di coordinamento, alle modificazioni e alle abrogazioni delle disposizioni del citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 e delle altre disposizioni vigenti, in contrasto con le norme recate dai decreti legislativi medesimi.

6. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e secondo la procedura previsti dal presente articolo, può adottare uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi medesimi nonché recanti le ulteriori norme eventualmente occorrenti per il coordinamento formale e sostanziale con le altre disposizioni vigenti.

7. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Qualora uno o più decreti legislativi di cui al presente articolo determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al loro interno, essi sono adottati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie, in conformità a quanto previsto dall’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.