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Decreto semplificazioni e rigenerazione urbana: in Parlamento è il momento della verità

foto ambm (murale del Trullo)

foto ambm (murale del Trullo)

Il  braccio di ferro che si sta consumando in Parlamento e fuori su un comma del Decreto semplificazioni che prevede che nelle zone A di PRG, ossia nei centri storici e nelle altre parti incluse nella città storica,  “gli interventi di demolizione e ricostruzione  sono consentiti esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale”, rende finalmente visibile il conflitto tra chi pretende di poter effettuare la “rigenerazione urbana” dove e come è più conveniente economicamente,  e chi chiede da tempo che la rigenerazione sia incentivata dove è  più urgente e necessario per la collettività, cioè nelle aree urbanizzate degradate, senza qualità, senza servizi.  Una rigenerazione urbana che abbia  il fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini  e  che sia rispettosa  del patrimonio storico delle città, che costituisce la nostra memoria e identità collettiva. Chi vincerà?

In genere quando cerchiamo di approfondire le conseguenze urbanistiche contenute in  un qualche comma di un nuovo provvedimento legislativo che rimette mano a una normativa precedente, oltre alla difficoltà di capirle noi stessi, facciamo  molta fatica a renderle comprensibili a tutti gli altri lettori senza perderci in complesse analisi tecniche, e soprattutto a spiegare in quale direzione vanno, che troppo spesso non è quella dell’interesse pubblico generale, ma non è mai così evidente.

Ecco invece un caso che sembra uscire da  un film americano degli anni’50, dove due gruppi antagonisti  si fronteggiano con una nitidezza tale che chiunque può rendersi conto facilmente di cosa comporti la prevalenza dell’una o dell’altra posizione.

I due fronti qualcuno li definisce “sblocca cantieri” e “blocca cantieri”, ma in verità sarebbe più giusto definirli “mani libere per le operazioni edilizie” e “regole per le operazioni edilizie a tutela della conservazione della qualità edilizia, dell’ambiente, del Paesaggio e dell’interesse pubblico.”

Oggi il motivo del contendere tra queste due  posizioni, che sono trasversali ai partiti,  è una norma che aspettavamo da anni, quella che regola gli interventi edilizi nelle “aree omogenee A”, che sarebbero i centri storici o, nel caso della Capitale, la Città storica (1), che comprende l’area all’interno delle mura aureliane più i quartieri otto-novecenteschi, dove gli  edifici (anche di altissimo pregio, come i famosi “villini” delle zone Coppedè, Montesacro, Garbatella, Prati, Trieste e altri), se non sottoposti a vincoli specifici, possono essere abbattuti e ricostruiti con semplificazioni procedurali e premialità varie (nel Lazio, anche grazie all’incentivo degli aumenti di cubatura  consentiti dalla legge regionale della Rigenerazione urbana)  (2)

La norma, inserita  all’articolo 10 “Semplificazioni e altre misure in materia edilizia” del  DL 76 /2020 (3), in questi giorni  in Senato per la conversione in legge, prevede  che “Nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione, sono consentiti esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti.»; quindi nei quartieri storici sarà il Comune  a prendere le decisioni e a programmare l’ammissibilità degli  gli interventi, e si chiuderà finalmente il sipario sugli “interventi diretti”  come quelli previsti dall’articolo 6 della  legge del Lazio (4) che hanno messo e mettono a rischio tessuti urbanistici storici di pregio.

Immediate le “prese di posizione negative di associazioni professionali, imprenditoriali e sindacali nei confronti della norma relativa alle zone omogenee”, sostenute  da alcuni esponenti politici, come Claudio Mancini, deputato del Partito Democratico con una carriera politica cominciata nel PCI a fine anni ’80 e già consigliere regionale del Lazio, oggi  membro delle Commissioni Bilancio e Finanze alla Camera,  che propone “di inserire una rettifica della norma” per evitare “il blocco delle attivita’ edilizie legate ai progetti di rigenerazione” e consentire “al Parlamento una discussione piu’ serena e ponderata(5).  Anche il consigliere e capogruppo del PD capitolino Giulio Pelonzi si schiera contro il comma “tutela villini” (6): Se la norma non viene ammorbidita, si rischia di rendere vana la legge regionale sul recupero urbano e in parte anche i Piani regolatori e più in generale le scelte amministrative e urbanistiche dei Comuni. In pratica, anziché marcare un passo avanti nel solco della rigenerazione, questa legge rischia di marcare un passo indietro e di dare un colpo mortale al recupero urbano delle grandi città come Roma, dove, tanto per fare un esempio, se la legge non sarà modificata, tra i vari progetti si rischia di bloccare la riqualificazione di via Guido Reni”. Peccato che il comma non proibisca gli interventi di  demolizione ricostruzione nelle zone omogenee A,  ma li consenta  “esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale” , che, come Pelonzi dovrebbe sapere,  è proprio il caso del Progetto di  riqualificazione degli ex stabilimenti militari di Via Guido Reni al Flaminio. Non si tratta quindi di misure che “bloccano” ma che “regolano”,  restituendo ai Comuni la guida delle trasformazioni, in questi anni  mortificata da  una preoccupante escalation bipartisan.

Anche   l’ACER – Associazione Costruttori Roma e Provincia, l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma e  Federlazio  hanno  lamentato che il provvedimento “bloccherebbe l’edilizia” (7); secondo il Presidente dell’ACER Nicolò Rebecchini,”“Rendere quasi impossibile la ristrutturazione nelle zone omogenee “A” – che a Roma comprendono un territorio ben più grande del centro storico – sarebbe inverosimile” e sarebbe  “un’ulteriore dimostrazione che a Roma la sostituzione edilizia, la rigenerazione urbana continua ad essere un tabù facile preda della teoria del Nimby”. Con l’epiteto “Nimby- Not In My Back Yard, lett. “Non nel mio cortile”,  si indica la protesta da parte di membri di una comunità locale contro opere di interesse pubblico sul proprio territorio.   Ma  l’interesse pubblico di interventi di “sostituzione edilizia” – più brutalmente: demolizione e ricostruzione – nei centri storici  è tutto da dimostrare.   Secondo Alessandro Sbordoni, presidente di Federlazio “È evidente che questa formulazione legislativa inasprita nei confronti degli immobili situati nelle aree con vincolo paesistico e di quelli in zona omogenea “A” finirebbe con il paralizzare qualsiasi attività legata alla rigenerazione urbana, dal momento che costringerebbe in caso di demolizione e ricostruzione, a rispettare tutte le caratteristiche dell’edificio preesistente (sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetrica e tipologiche) senza consentire alcun tipo di variazione(7).

Emerge così la vistosa contraddizione dei tanti fautori della “Rigenerazione urbana”,  che  spesso  si cela dietro la retorica delle premesse ai provvedimenti(8):  si esalta la “rigenerazione urbana intesa in senso ampio e integrato comprendente, quindi, aspetti sociali, economici, urbanistici ed edilizi, anche per promuovere o rilanciare territori soggetti a situazioni di disagio o degrado sociali ed economici” e per favorire il recupero delle periferie, e poi piovono operazioni immobiliari nei tessuti della città storica,  dove il valore lievitato degli edifici ristrutturati o ricostruiti permette profitti enormemente più remunerativi – leciti, certo  – a vantaggio dei privati, che però non hanno niente a che fare con gli interventi nelle zone delle città su cui sarebbe  maggiormente urgente e necessario intervenire.

Una controprova potrebbe essere data da una redigenda tavola del blog #mapparoma,  con diverse colorazioni per indicare  le zone dei vari Municipi di Roma che hanno maggiore bisogno di rigenerazione urbana, e  le bandierine con la geolocalizzazione delle richieste di demolizioni e ricostruzioni con aumenti di cubatura avanzate con la legge del Lazio del 2017 (che, ci scommettiamo, sarebbero tutte concentrate nelle zone centrali e semicentrali della città).

E va detto che nessuno  è contrario  a interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, e agli incentivi per promuovere sicurezza antisismica, sostenibilità energetica ecc ; e in Italia senza dubbio, vista la dimensione del patrimonio edilizio realizzato in epoche lontane (9) è necessario promuoverne il rinnovo, però a una condizione: che vi sia  una regia pubblica – anche con una  legge dello stato – che stabilisca delle regole a tutela del patrimonio storico delle città,  che ne costituisce  la memoria e l’identità collettiva,  indirizzando  i progetti di demolizione e ricostruzione nelle aree urbanizzate degradate, senza qualità, senza servizi.

E se, come sostengono le categorie professionali e imprenditoriali dell’edilizia, “questa formulazione legislativa …finirebbe con il paralizzare qualsiasi attività legata alla rigenerazione urbana”, qualche domanda sulle finalità che dovrebbero essere perseguite e su in che cosa consista  la presunta “rigenerazione urbana”,  almeno quella parte politica che ha “il fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini(8), dovrebbe farsela.

Chiediamo ai parlamentari che discuteranno il provvedimento  di mantenere nel testo il comma in questione: non si può continuare a invocare il “Green Deal” e la lotta alle disuguaglianze ogni due per tre, per  poi, in nome dei soliti tormentoni “dei posti di lavoro” e delle “semplificazioni”,  avallare le solite politiche che premiano il profitto e mortificano il governo pubblico del territorio e la tutela del nostro patrimonio storico, ambientale, e paesaggistico.

Non in nostro nome.

Gruppo Urbanistica Carteinregola

Nota: il sostegno al comma citato non riguarda le altre misure contenute nell’art. 10 del decreto semplificazioni, che sono in via di approfondimento ma, come già segnalato da varie associazioni, tra le quali Italia Nostra e il Forum Salviamo il Paesaggio, presenta molteplici criticità

Vedi anche: Blog di Anna Maria Bianchi su ILfattoquotidiano.it Il decreto Semplificazioni ha regolato gli interventi edilizi nel centro storico. Ma a Roma c’è chi parla di paralisi

5 agosto 2020 (ultima modifica 8 agosto h10.30)

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

> Vai a Piano casa e Legge di Rigenerazione urbana cronologia e materiali

> Vai a Cronologia del PTPR laziale con i documenti (in continuo aggiornamento)

NOTE

(1)Aree omogenee A  Le zone territoriali omogenee in Italia sono le zone in cui viene diviso un territorio comunale, nell’ambito della cosiddetta zonizzazione. Ogni zona presenta dei limiti diversi che vincolano ogni tipo di intervento in tale area. Vennero formalmente introdotte dall’art. 17 legge 6 agosto 1967 n. 765 e ulteriormente disciplinate dall’art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444. Le zone sono vincolate dai piani regolatori generali di ciascun comune, dagli standard urbanistici definiti nel decreto ministeriale del 1968, e da vincoli di tipo “ricognitivo”, “conformativo” e “urbanistico”.

(da PRG di Roma) scarica prg_nta Art.107. Zone territoriali omogenee comma 1. Con riferimento alle zone territoriali omogenee di cui al DM n. 1444/1968, le componenti del presente PRG sono così classificate:

  1. a)  sono classificate come zona territoriale omogenea A: le componenti della Città storica, salvo gli Ambiti di valorizzazione;

(da PRG di Roma) (pag. 29 e seguenti fino a pag. 43)

Art.24. Norme generali

1. Per Città storica si intende l’insieme integrato costituito dall’area storica centrale interna alle mura, dalle parti urbane dell’espansione otto-novecentesca consolidata, interne ed esterne alle mura, e dai singoli siti e manufatti localizzati nell’intero territorio comunale, che presentano una identità storico-culturale definita da particolari qualità, riconoscibili e riconosciute dal punto di vista dei caratteri morfogenetici e strutturanti dell’impianto urbano e di quelli tipomorfologici, architettonici e d’uso dei singoli tessuti, edifici e spazi aperti, anche in riferi- mento al senso e al significato da essi assunti nella memoria delle comunità insediate.

2. All’interno della Città storica, gli interventi edilizi e urbanistici, nonché le iniziative di promozione sociale ed economica, sono finalizzati alla conservazione e valorizzazione delle qualità esi- stenti, nel rispetto delle peculiarità di ciascuna delle componenti insediative, e sono volti al perseguimento dei seguenti obiettivi:

  1. a)  la conservazione dei tessuti edilizi esistenti e degli specifici e stratificati caratteri storico-morfologici, anche attraverso l’e- liminazione delle superfetazioni;

b)  la preservazione della destinazione residenziale prevalente, nonché del tessuto commerciale e artigianale che riveste un valore storico-artistico e di identità sociale e culturale;

c)  l’integrazione delle attrezzature e dei servizi mancanti per il consolidamento della funzione residenziale e lo svolgimen- to delle altre funzioni compatibili;

d)  il trasferimento delle sedi direzionali, al fine di ridurre il carico urbanistico dei Tessuti più centrali e favorire la distri- buzione policentrica di tali funzioni;

e)  il restauro dei complessi e degli edifici speciali con la con- ferma, la riscoperta e la valorizzazione del loro ruolo stori- co-morfologico, funzionale e simbolico nella struttura urbana;

f)  la tutela e valorizzazione dei beni di archeologia antica e medievale, siano essi parti strutturali, tecnologiche o decora- tive inglobate in costruzioni di epoca successiva ovvero orga- nismi edilizi autonomi (torri, oratori, fortificazioni, ecc.);

g)  la manutenzione e il recupero degli spazi aperti esterni (strade, piazze, parchi e giardini) e interni (corti, orti e giardini), come componenti strutturanti dei diversi impianti insediativi;

h)  la riqualificazione degli edifici e delle aree degradate, anche attraverso interventi di demolizione con o senza ricostruzio- ne, e ridisegno degli spazi aperti.

3. La Città storica si articola nelle seguenti componenti:

a) Tessuti;
b) Edifici e complessi speciali;
c) Spazi aperti;

d) Ambiti di valorizzazione.
Tali componenti sono individuate nell’elaborato 3.“Sistemi e Regole”, rapp. 1:10.000, e, relativamente alla parte centrale della Città, nell’elaborato 2.“Sistemi e Regole”, rapp. 1:5.000. Concorrono all’articolazione della Città storica, gli Ambiti di programmazione strategica di cui all’art. 64, che associano più componenti anche esterne alla Città storica.(leggi le pagine seguenti fino a pag. 43 scarica prg_nta Città storica)

(2)la Legge per la rigenerazione urbana e il recupero edilizio  è entrata in vigore il 19 luglio scarica BUR-2017-57-3 LAZIO Rigenerazione urbana (> vai al nostro articolo)

scarica Testo della Legge Regionale 18 luglio 2017, n. 7 Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio con i  passaggi  collegati della circolare esplicativa Deliberazione 19 dicembre 2017, n. 867 Approvazione circolare esplicativa: “Indirizzi e direttive per l’applicazione delle “Disposizioni per la rigenerazione urbana ed il recupero edilizio” di cui alla legge regionale 18 luglio 2017, n. 7″ e note con le principali fonti e passaggi normativi citati dalla Legge e dalla circolare  a cura di Carteinregola scarica legge rigenerazione urbana + circolare Regione Lazio con riferimenti

(3) TITOLO I – SEMPLIFICAZIONI IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI ED EDILIZIA –

Capo II – Semplificazione e altre misure in materia edilizia e per la ricostruzione pubblica nelle aree colpite da eventi sismici

Art. 10. Semplificazioni e altre misure in materia edilizia

  1. Al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2-bis[1], il comma 1-ter, è sostituito dal seguente: «1-ter. In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione, sono consentite esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti.»;
(…)

>scarica la nostra sintesi con riferimenti legislativi delle misure in materia edilizia contenute nel Decreto Semplificazioni estratto del DL 76 :2020 ( Semplificazioni e altre misure in materia edilizia) con riferimenti

(4)  L’Art.6 – Interventi diretti –  stabilisce che, per le finalità della Rigenerazione urbana  descritte nell’art.1 della legge,  “previa acquisizione di idoneo titolo abilitativosono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta”.

Questo il testo:

Per le finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta.

  1. Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1, oltre al mantenimento della destinazione d’uso in essere, sono altresì consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti indipendentemente dalle modalità di attuazione dirette o indirette e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001.

(…)

  1. Le disposizioni di cui al presente articolo non possono riferirsi ad edifici siti nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR*.

(*) La città storica di roma, compreso il centro storico all’interno delle mura, non è normata dal PTPR defintivamente approvato nell’agosto 2019 e entrato in vigore il 20 febbraio 2020; sono quindi tutelati solo gli edifici puntualmente vincolati.

L’articolo  6 della Legge 17/2017 del Lazio  rende molto più convenienti le  operazioni immobiliari di “rigenerazione” nei quartieri più centrali, e assai meno remunerativi interventi nelle zone periferiche, che ne avrebbero più bisogno. Ma nonostante le obiezioni avanzate persino dall’Istituto Nazionale di Urbanistica, e le critiche della associazioni ambientaliste  e di tanti cittadini, oltre ad alcuen testate giornalistiche,   ad ogni nuovo paventato abbattimento,  nulla è cambiato. Nè  il Comune di Roma ha mai rimesso mano al Piano Regolatore Generale  del 2008 per cancellare la demolizione e ricostruzione con aumento di cubatura dagli interventi ammessi nelle citate zone omogenee A.  E Regione, Comune, Ministero dei Beni culturali hanno continuato ad escludere il centro storico di Roma dal Piano Territoriale Paesaggistico Regionale – definitivamente vigente dal 20 febbraio 2020 –  per quanto riguarda l’obbligo di autorizzazione paesaggistica e le prescrizioni  previste per gli altri centri storici del Lazio.

(5) DL SEMPLIFICAZIONE. MANCINI (PD): TORNARE IN CDM PER NORMA SU AREE OMOGENEE (DIRE) Roma, 3 ago. – “Le numerose prese di posizione negative di associazioni professionali, imprenditoriali e sindacali nei confronti della norma relativa alle zone omogenee A necessitano di una risposta immediata. Propongo di inserire una rettifica della norma nel prossimo decreto di agosto atteso per i prossimi giorni”. Lo dichiara Claudio MANCINI, deputato del Partito Democratico e membro delle Commissioni Bilancio e Finanze alla Camera. “Si eviterebbe cosi- conclude MANCINI- il blocco delle attivita’ edilizie legate ai progetti di rigenerazione e si consentirebbe al Parlamento una discussione piu’ serena e ponderata”. (Com/Sor/ Dire)
(6) Roma Today 3 agosto 2020 Costruttori e ingegneri di Roma chiedono una modifica al dl semplificazioni: “Così si ferma l’edilizia”

(7) vedi Radio Colonna 4/08/2020 Costruttori e ingegneri di Roma contro Dl semplificazioni, «blocca edilizia» Insieme all’ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma e a Federlazio chiedono alla politica un rapido intervento

(8) Si vedano ad esempio i primi commi l’ Art. 1
(Finalità e ambito di applicazione) della Legge Regionale del Lazio 7/2017:

  1. La presente legge …detta disposizioni finalizzate a:

a) promuovere, incentivare e realizzare, al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini, la rigenerazione urbana intesa in senso ampio e integrato comprendente, quindi, aspetti sociali, economici, urbanistici ed edilizi, anche per promuovere o rilanciare territori soggetti a situazioni di disagio o degrado sociali ed economici, favorendo forme di co- housing per la condivisione di spazi ed attività;

b) incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, favorire il recupero delle periferie, accompagnare i fenomeni legati alla diffusione di piccole attività commerciali, anche dedicate alla vendita dei prodotti provenienti dalla filiera corta, promuovere e agevolare la riqualificazione delle aree urbane degradate e delle aree produttive, limitatamente a quanto previsto dall’articolo 4, con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di complessi edilizi e di edifici in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati o in via di dismissione o da rilocalizzare;

c) qualificare la città esistente, limitare il consumo di suolo, aumentare le dotazioni territoriali mediante l’incremento di aree pubbliche o la realizzazione di nuove opere pubbliche ovvero il potenziamento di quelle esistenti, favorire la mobilità sostenibile, in particolare potenziando la mobilità su ferro;

(9) Si veda questo brano  dal saggio “La casa abbandonata” di Giancarlo Storto Officina edizioni (pag.137)

(…)Il patrimonio abitativo nel nostro paese ha una componente percentualmente rilevante di alloggi inadeguati sotto il profilo funzionale e manutentivo con accentuazioni crescenti, sino ad avvicinarsi ad essere inclusi tra quelli in condizioni di degrado. Evidentemente lo stato conservativo può dipendere da diversi fattori (dotazione interna, modalità costruttive, contesto urbano intorno al’edificio ed altri ancora) ma, in mancanza di informazioni mirate, un indicatore significativo, almeno per valutare l’ordine di grandezza, si può ricavare dai dati Istat: dei 14.452.680 edifici ad uso abitativo censiti nel 2011, il 36% circa ha un’età superiore a cinquant’anni ed il 15% 92 anni (con larga prevalenza delle strutture portanti in muratura). La presenza di edifici realizzati in epoche di costruzione lontane risulta rilevante, e, se si adottasse la previsione contenuta nel Libro bianco sulla casa che ipotizza “ragionevole” un tasso di sostituzione dell’1% anno, si dovrebbe  considerare plausibile il completo rinnovo di quasi 1,5 milioni di edifici ogni anno. Incentivare gli interventi sul patrimonio esistente va quindi nella direzione di attenuare o contrastare i processi di obsolescenza ed, in ultimo, di eliminare le cause che il più delle volte rendono necessarie, o economicamente vantaggiose, le demolizioni e ricostruzioni degli edifici, con il duplice risultato di contenere i costi di ripristino e di ridurre l’espansione del territorio urbanizzato.

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vedi anche

> vai all’articolo Proposta di legge in materia di tutela dei centri storici, dei nuclei e dei complessi edilizi storici Scarica il pdf: Il Diritto alla Città Storica

Il Diritto alla Città Storica: l’ebook con gli atti del convegno (dal sito dell’Associazione Bianchi Bandinelli 15 gennaio, 2019)17 gennaio 2019 Continua#

Ecco finalmente una spiegazione chiara e sintetica della vicenda delle demolizioni dei villini (e di cosa le Istituzioni potrebbero/dovrebbero fare) (2 dicembre 2018) Pubblichiamo l’intervento di Giancarlo Storto sulla “strage dei villini” al Convegno sul diritto alla città storica che si è svolto a metà novembre https://www.carteinregola.it/index.php/ecco-finalmente-una-spiegazione-chiara-e-sintetica-della-vicenda-dei-villini-e-di-cosa-le-istituzioni-potrebberodovrebbero-fare/

Decreto “Sbloccacantieri”: cosa dice l’articolo 5 – norme in materia di rigenerazione urbana13 giugno 2019 Continua#

Alcune considerazioni strettamente giuridiche sul “governo della rigenerazione” da parte di Roma Capitale.

Alcune considerazioni strettamente giuridiche sul “governo della rigenerazione” da parte di Roma Capitale.Pubblichiamo una circostanziata disamina giuridica  della Legge Regionale della Rigenerazione Urbana, in particolare dell’Art.6 – che Carteinregola da tempo chiede che venga abolito –  che conferma i nostri allarmi ed…

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