La politica, in Italia, non è roba per donne. Almeno nelle 20 giunte e consigli regionali. A pochi giorni dal voto in sette regioni – Valle d’Aosta, Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia – il bilancio delle donne negli organi politici locali è ancora molto magro: secondo i dati di Openpolis, oltre alle due donne presidenti di Regione – Jole Santelli in Calabria e Donatella Tesei in Umbria elette nell’ultimo anno – solo il 26,6% degli assessori nelle giunte regionali è di sesso femminile. Meno di una su tre. Non solo: in tutte le 19 regioni, tranne l’Emilia Romagna che è andata al voto a gennaio e in cui Elly Schlein è stata scelta per la vicepresidenza, non è rispettata la legge 20/2016 che imporrebbe almeno il 40% di donne tra i membri del consiglio. Così, ad oggi, anche nelle assemblee legislative a livello regionale le donne restano il 21,3%: ogni cinque consiglieri uomini ce n’è una di sesso femminile.Una premessa è d’obbligo. Sul fronte della rappresentanza femminile nei consigli regionali un ruolo fondamentale lo ha giocato la normativa del 2016 che ha imposto a tutti i territori di adeguare le proprie leggi elettorali. Questa interviene non sull’elezione ma sulla candidabilità: in ogni lista i candidati dello stesso sesso non possono essere più del 60% e, in caso di preferenze, deve essere consentita la possibilità di fare due scelte obbligando gli elettori a fare una croce su due candidati di sesso diverso. Le regioni che andranno al voto domenica hanno dei consigli regionali eletti prima dell’approvazione della norma e le ultime ad adeguarvisi sono state la Liguria e la Puglia, che il 31 luglio scorso è stata di fatto commissariata dal governo sul tema della doppia preferenza di genere. Infatti il 28 luglio scorso, ultima seduta di fine legislatura, il consiglio regionale pugliese non era riuscito ad approvare una legge per adeguarsi alla norma nazionale – a causa dell’ostruzionismo di Fratelli d’Italia e di un’assemblea balcanizzata – e così era dovuto intervenire direttamente il consiglio dei ministri con un decreto legge ad hoc: “Per il Governo l’empowerment femminile è un imperativo morale, politico e giuridico – aveva scritto su Facebook il presidente del Consiglio Giuseppe Conte –. Non siamo disposti a consentire ulteriori discriminazioni a carico delle donne”.Nonostante questo, però, tutte le liste del centrodestra pugliese che sostengono la candidatura di Raffaele Fitto non rispettano arbitrariamente il rapporto 60/40% e così è molto alto il rischio di ricorsi dopo le elezioni. Inoltre, come già specificato, questa norma riguarda il criterio della candidabilità ma non è detto che dopo le elezioni nelle sette regioni al voto si avrà per forza un numero molto più alto di consiglieri regionali donne, l’unico organo elettivo insieme al presidente della giunta.Tornando ai numeri odierni, le donne sono maggiormente rappresentate negli organi amministrativi del centro Italia: in cima c’è l’Emilia-Romagna con il 38,7% di donne, seguita da Umbria (33,3%), Lazio (33,2%) e Toscana (32%). In fondo alla classifica invece ci sono Calabria (15,4%), Basilicata (12,9%), Liguria (12,8%) e il fanalino di coda Puglia con il 9,8% di donne nei propri organi politici. Classifica simile per quanto riguarda le giunte regionali che però non sono elette direttamente dal popolo, ma sono scelte dal presidente appena insediato: qui il record spetta alla Toscana con 44,4% di donne in giunta, poi le Marche (42,9%) e la Campania con il 40%. Ultimo il Molise che ha una giunta composta unicamente da uomini. Insieme a Tesei e Santelli, sono solo quattro le donne che invece ricoprono il ruolo di vicepresidente: Elly Schlein in Emilia-Romagna, Sonia Viale in Liguria, Anna Casini nelle Marche e Monica Barni in Toscana. Le ultime tre sono in scadenza di mandato.

La bassa rappresentanza delle donne a livello regionale non è un fenomeno nuovo: negli ultimi 20 anni spicca il record dell’Umbria che ha avuto tre presidenti donne (Maria Rita Lorenzetti, Catiuscia Marini e oggi Donatella Tesei) mentre una su cinque è stata eletta in Friuli Venezia Giulia (Debora Serracchiani), Lazio (Renata Polverini), Piemonte (Mercedes Bresso) e Calabria (Jole Santelli). Le restanti 14 regioni negli ultimi vent’anni hanno avuto solo presidenti uomini. E il numero di presidenti di Regione donna potrebbe rimanere a due anche dopo le elezioni di domenica: l’unica che ha qualche seria chance di vittoria è la leghista Susanna Ceccardi in Toscana. Tutte le altre – soprattutto le grilline Antonella Laricchia in Puglia e Irene Galletti in Toscana – non saranno le protagoniste della partita.