di Lanfranco Scalvenzi
”Partecipazione di tutti”: il titolo è già un intervento. Ma voglio rafforzare il concetto dicendo che se non si farà di tutto per ascoltare i cittadini e coinvolgerli nei processi decisionali, tutti i cittadini, nessuno escluso, anche queste belle strutture che ci ospitano rimarranno solo delle vetrine nelle quali specchiarsi.
Il ruolo delle associazioni, dei comitati è indispensabile per questo obbiettivo, come quello del lievito. Il coinvolgimento non è una gentile concessione: è una necessità vitale oggi per qualsiasi amministrazione pubblica.
La pratica della “Partecipazione” ha una storia molto lunga nell’Italia Repubblicana, piena più che altro di delusioni. Parlarne è facile, soprattutto se si rimane sui principi generali, trovare delle pratiche operative efficaci, che durino nel tempo, invece è molto difficile.
Da tempo si è creata una pericolosa frattura tra governanti e governati, che rende oggi la partecipazione non un lusso, ma una necessità della stessa democrazia rappresentativa, quantomeno per superare quella frattura.
Conviene ai cittadini avere maggiore iniziativa, perchè i governanti siano più attenti alle loro esigenze, siano disposti ad ascoltarli, ad interloquire, ma anche a decidere insieme, e magari a fare insieme alcune cose: da quelle minime a quelle più importanti.
E conviene alle amministrazioni, in termini di efficacia della loro azione e di consenso, favorire processi di aggregazione dei cittadini intorno a delle idee, a dei progetti, che possano essere proposti da loro stessi e discussi in appositi organismi paritetici, che devono aiutare l’amministrazione senza lederne l’autonomia e la responsabilità, e naturalmente anche intorno a delle semplici proposte, a delle forme di controllo, soprattutto nel campo dei servizi, attraverso le quali capire cosa va e cosa non va, alla cura del territorio, magari partendo dalle piccole cose, come la cura dei marciapiedi, delle piante e dei giardini, dell’arredo urbano, ecc.
Conviene a tutti quindi. Allora perchè non si fa, o si fa solo in misura minima? Perchè la partecipazione costa fatica e perchè è necessario anche un cambio di cultura. Però è in grado di generare tanto entusiasmo e consenso. E non è una perdita di tempo: quella avviene quando le scelte sono sbagliate e di scelte sbagliate se ne fanno tante, quando si fanno in solitudine.
Soprattutto in un momento di scarsità delle risorse finanziarie, la risorsa ‘dei cittadini’ è preziosissima e in alcuni casi decisiva. Tocca all’amministrazione aprire questa fase nuova della partecipazione, non c’è un minuto da perdere.
Consultazioni, in primo luogo . utilizzando anche gli strumenti delle democrazia deliberativa, come i sondaggi deliberativi, o i questionari, ecc. possibilmente non utilizzando solo il web, proprio per raggiungere tutti i cittadini.
Raccolta e discussione di proposte, progetti, o anche semplici indicazioni, da discutere insieme, in appositi organismi paritetici. E’ su questo che insistiamo di più nel nostro documento. E’ il contrario dell’assemblearismo: si dà a tutti la possibilità di partecipare, ma secondo determinate regole, con determinati strumenti, nessun obbligo.
Siamo consapevoli del fatto che la nostra proposta di linee guida non è l’unica, altri nella galassia delle associazioni si stanno arrovellando ed i Municipi stanno discutendo dei regolamenti. Per questo diciamo che è il momento giusto per aprire una discussione pubblica intorno a questi temi, che entri nel concreto di qualche proposta, come cerchiamo di fare noi col nostro documento: sui principi quindi, ma anche sugli strumenti e sulle modalità. Una discussione coordinata magari dal Comune, aperta a tutti, che tenga conto anche di quello che si fa dalle altre parti, perchè non siamo all’anno zero della partecipazione, pensiamo a Bologna, ma è solo un esempio.
Ecco, appunto: partecipazione di tutti. Cioè di chi?
Di tutti i cittadini: della città e dei municipi. Dei cittadini singoli in primo luogo e quelli organizzati in associazioni o comitati, sono loro i referenti principali, di tutti gli interessi territoriali, di tutti coloro che abbiano qualcosa da dire o da fare, degli utenti dei servizi, dei cosiddetti corpi intermedi e persino di coloro che sono momentaneamente esclusi dai servizi, di tutti insomma e quando diciamo tutti ci riferiamo anche alle casalinghe, ai pensionati, ai semplici abitanti di un determinato territorio, non solo agli esperti, o presunti tali. Tutti devono avere la possibilità di essere alcoltati, di fare proposte e discuterle, di intervenire nei processi decisionali, di collaborare alla realizzazione delle decisioni, utilizzando strumenti e modalità che siano le amministrazioni ovviamente a mettere a disposizione.
L’obbiettivo non è solo quello di decidere in modo condiviso, di una maggiore trasparenza dei meccanismi decisionali e persino gestionali, ma anche di incentivare al massimo l’aggregazione della Società Civile, essendo consapevoli del fatto che l’aggregazione in associazioni e comitati, in tutte quelle forme che sono previste dalla legislazione, favorisce la democrazia.
Ma ‘partecipazione di tutti’ sarebbe solo un’espressione vuota, senza una informazione circolare e continua. Illustrare i temi a tutti i cittadini interessati, senza esclusioni a priori, tenere viva l’attenzione man mano che procede la discussione, rendere pubblici i punti ai quali si è arrivati, non è facile. Bisogna usare un linguaggio appropriato, che non escluda. Bando quindi al politichese, al burocratese, al linguaggio degli esperti. Bisogna mettere in piedi un sistema adeguato fatto di bacheche, web, giornaletti, accordi con radio e televisioni locali, che dia un segno ben visibile di quello che sta accadendo e metta in condizione ognuno di intervenire in tempo utile, essendo ben documentato.
Noi pensiamo che debbano cambiare anche le modalità del confronto pubblico. Prima si ascoltano i singoli cittadini, magari con il contributo delle associazioni, poi si decide.
Si chiama ‘capacità di ascolto’, un ascolto che dev’essere reciproco e sembra una cosa ovvia, ma non lo è. Che significa?
Significa cercare di arrivare a delle decisioni condivise, mettendo in atto tutte le tecniche disponibili, comprese quelle della negoziazione integrativa, mettendo da parte l’eccessiva fretta e le votazioni a maggioranza. Bisogna convincere e convincersi, magari spostando in avanti il terreno di discussione e allargandolo in modo che ognuno nella soluzione trovi una propria convenienza.
Significa preparare delle persone, dei facilitatori, che sappiano gestire le cose perchè tutti, ma proprio tutti, abbiano la possibilità di dire la loro, nelle forme che man mano si individueranno.