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Quartiere per quartiere la discussione della proposta “sociale” per la gestione degli spazi comunali

da Ella Baffoni (pubblicato da RomaRicercaRoma 19 maggio 2022)

Il primo passo è stato in dicembre. Un folto gruppo di associazioni, centri sociali, politici e sindacalisti – una quarantina finora –  hanno risposto alla convocazione di Spin Time (l’occupazione di via di santa Croce on Gerusalemme) per discutere insieme sull’uso sociale degli spazi pubblici. Attorno a quel tavolo metaforico ci si era trovati d’accordo: bisogna mettere mano all’attuale normativa sulle assegnazioni dei beni pubblici, affrontare il toro per le corna e riscrivere una nuova delibera che si occupi del patrimonio di Roma in modo “sociale” e democratico (allora ne abbiamo scritto QUI). Si disse allora: il momento è ora.
Sì, il momento è ora, ma bisogna essere all’altezza del tempo. Allora era una scommessa difficile: molte le differenze, i distinguo, le esigenze e le visioni delle diverse realtà in campi. Una serie di riunioni quindicinali prima, settimanali poi, ma alla fine si è arrivati a meta, con un nome, “Roma in comune”, e un testo condiviso (QUI IL LINK).
Un testo che andrà sottoposto ora a verifica popolare. Una “carovana popolare” quartiere per quartiere, zona per zona, per affinare, emendare, discutere quel testo prima di presentarlo ufficialmente in Campidoglio in folta, foltissima delegazione. Insomma, una rete ampia di realtà che possa ridurre la forbice tra amministrazioni e cittadini. La democrazia partecipata funziona così, richiede tempo e pazienza però lascia un’onda lunga, e guai a deludere le speranze che suscita.
Venerdì 13 aprile il documento è stato presentato in un’assemblea pubblica a piazza Vittorio: un tavolo, l’amplificazione, qualche striscione. E tanti partecipanti, ognuno dei quali rappresentante di gruppi, partiti, pezzi di amministrazione comunale o municipale.

La funzione pubblica delle formazioni sociali

A unire le diverse realtà, intanto, è stato il giudizio sull’esito della famosa delibera 140, nata da buoni propositi ma che ha prodotto nel tempo sfratti, sgomberi e la richiesta di arretrati esorbitanti e mai concordati, lasciando aperta la porta alla valutazione del prezzo di mercato. No, il mercato e il sociale non vanno troppo d’accordo. Anche per questo è stata respinta la tentazione di monetizzare il valore sociale delle attività: il sociale ha un valore in sé, che va riconosciuto e apprezzato da chi amministra. Spesso, altro che surroga, inventando servizi nuovi, dando spazi ai sogni.
Primo punto fermo, una nuova idea di città che decida di prende in mano il destino del suo patrimonio edilizio per gestirlo, che consideri le realtà esistenti, che dia spazio ai giovani e ai loro bisogni, senza dimenticare i sogni. Riconoscendo la funzione pubblica delle formazioni sociali e delle istanze dei cittadini, dando valore alle azioni sociali che in quei luoghi si fanno.
Gli strumenti, vista la differenza di storie e bisogni del territorio e delle vocazioni delle realtà che ci lavorano, sono diversi. Dai patti di collaborazione alla coprogettazione, dagli accordi di autogoverno alle concessioni amministrative. Manca, nell’elenco, il bando pubblico, che ha mostrato più volte la sua inefficacia. C’è invece – ed è bizzarro che debba chiederlo un gruppo di realtà sociali e non sia implicito compito dei funzionari pubblici – un elenco aggiornato annualmente dei beni a disposizione del Comune di Roma e dei municipi, in ognuno dei quali dev’essere istituito un ufficio per la gestione del patrimonio comune.

Basta sgomberi

E’ evidente che questa logica è incompatibile con la logica degli sgomberi. Sì, una sanatoria è indispensabile. Non solo per evitare che vengano “liberati” edifici che poi verranno lasciati ammuffire per anni, senza restauri né funzioni, Roma ne è piena. Ma per bloccare l’accanimento contro realtà che durante la pandemia hanno tenuto aperta la possibilità della solidarietà concreta, sono stato un freno alle disuguaglianze sociali.
Sospendere sgomberi e sanzioni, chiede la Cgil di Roma e Lazio. “Dalla politica ci aspettiamo una visione – dice Maurizio del Movi – la nostra si basa su solidarietà e volontariato. Altro che multe e richieste impossibili di pregresso: andrebbe fatto pagare il danno alla città a chi ha lasciato per anni gli immobili vuoti, togliendo valore e socialità ai cittadini”.
“Ci hanno chiesto il canone commerciale persino sotto la pandemia – dice Stefania, del Laboratorio autogestito Centocelle – abbiamo sopportato l’insopportabile. Se non ce la facciamo questa volta, tante esperienze chiuderanno”.

In campo anche gli amministratori

“La delibera 140 ha consentito un’ubriacatura della mercificazione del patrimonio pubblico: un disastro. Ora al governo della città abbiamo una nuova idea del welfare sociale” dice Erica Battaglia, presidente della commissione cultura, Pd.
Ci sono tanti spazi inutilizzati. E a fianco delle contraddizioni c’è altrettanta ricchezza sociale che va fatta emergere – dice Andrea Catarci, assessore alla Partecipazione – dobbiamo costruire nuovi  modelli di pratiche partecipative. Pensare a un welfare patrimoniale, usare il patrimonio come un asset dell’amministrazione. Non permettiamo che finisca l’anno senza una nuova delibera”.
“Il patrimonio pubblico è una ricchezza per la città – sostiene Alessandro Luparelli, consigliere comunale – Per questo l’associazionismo che in questi anni si è occupato di immobili in disuso e abbandonati creando valore per i territori con servizi di welfare e assistenza, spesso sostituendosi alle istituzioni, va salvaguardato e sostenuto. Alcuni canoni sono proibitivi per realtà no profit che gestiscono gli immobili del Comune, bene lo sconto dall’80% all’abbattimento completo. Vanno definite in modo deciso le linee di gestione di immobili che dovrebbero diventare un valore indiscusso per Roma e i cittadini”. Sono concordi molti assessori e consiglieri municipali.

Il percorso è iniziato, ora deve andare lontano

Sì, bisogna arrivare a una nuova e buona delibera. A lavorare alla proposta di un welfare generativo hanno collaborato realtà molto diverse, da Spin Time al Cemea, da Celio azzurro ai genitori della Di Donato; da Casetta rossa a Scup, da Matemu a Ora d’aria; dalla Cgil all’Arci a Capodarco, Esc, Nonna Roma, Casa internazionale delle donne.
“Ci accomuna, a noi associazioni e realtà sociali, la capacità di sognare e la diffidenza verso la politica – conclude Andrea Alzetta, l’ex consigliere comunale Tarzan –  Accogliamo con sollievo tanto consenso, ma ora i politici vengano a discutere nelle piazze insieme a noi, a costruire la consultazione popolare. Crediamo che le associazioni siano avanti alla politica: sono il futuro. Abbiamo la capacità collettiva di elaborare idee innovative. Per questo ci siamo messi insieme: la nostra delibera indica una prospettiva. Facciamo insieme quello che non è mai stato fatto”.

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

22 maggio 2022

Vedi anche :

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