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Referendum sulla legge Calderoli: per la Corte Costituzionale è inammissibile

foto Leda Di Paolo

Il 20 gennaio un comunicato della Corte Costituzionale ha annunciato la decisione della Consulta per l’inammissibilità del referendum, nei prossimi giorni il deposito della sentenza. Migliaia di cittadini che hanno dato la propria firma per la richiesta del referendum per l’abrogazione non potranno esprimersi sulla legge Calderoli. Ammissibili invece altri cinque referendum abrogativi che riguardano: la riduzione degli anni di residenza necessari per ottenere la cittadinanza, Jobs Act, indennità di licenziamento nelle piccole imprese, contratti di lavoro a termine, responsabilità solidale del committente negli appalti (1).

L’ autonomia differenziata nasce nel 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione Italiana, introdotta da governi di centrosinistra sull’onda del successo della Lega Nord e delle rivendicazioni secessioniste della “Padania”. Così all’articolo 116 scritto dalle Madri e dai Padri costituenti, che si limitava a riconoscere le 5 Regioni a Statuto speciale, è stata aggiunta la possibilità di “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” per le “altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata” per 23 materie – 3 oggi di esclusiva potestà dello Stato, 20 concorrenti Stato/Regioni – per le quali potrebbero essere attribuite le competenze legislative e amministrative alle Regioni a Statuto ordinario.
Da allora il progetto ha attraversato varie legislature e maggioranze politiche, sotto l’impulso del Veneto e della Lombardia a trazione leghista, ma anche dell’Emilia Romagna a guida centrosinistra, e ha fatto un primo salto di qualità negli ultimi giorni del Governo Gentiloni, a 4 giorni dalle elezioni politiche, con la firma di tre pre – intese siglate con le tre Regioni capofila e poi ancora durante il governo Conte 1 con un aggiornamento delle pre intese.

Il percorso non si è interrotto nelle legislature successive, ma è con l’arrivo al Governo del centrodestra di Giorgia Meloni, che il Ministro leghista per gli Affari Regionali e le Autonomie Calderoli ha premuto sull’acceleratore, riuscendo a ottenere in meno di due anni l’approvazione nei due rami del Parlamento della legge 84, entrata in vigore il 13 luglio 2024.

Pochi giorni dopo l’approvazione della legge Calderoli, il 5 luglio 2024 è stato depositato in Cassazione il quesito per chiedere un referendum abrogativo da parte di un comitato promotore composto da un ampio schieramento di partiti ma soprattutto da tantissime realtà della società civile, con un ruolo di coordinamento della CGIL. Contemporaneamente alcuni Consigli regionali – Campania, Toscana, Emilia Romagna e Sardegna – hanno deliberato di chiedere il referendum con lo stesso quesito, ma affiancandone un altro solo parzialmente abrogativo. Il 20 luglio è partita la campagna per raccogliere le 500.000 firme entro il termine di legge del 20 settembre, con l’organizzazione di banchetti in tutta Italia grazie all’impegno straordinario nei mesi estivi si centinaia di persone. La piattaforma per firmare on line in soli 4 giorni ha superato il 50% delle firme totali necessarie. Le firme sono state consegnate in Cassazione il 27 settembre: 737.753 sono state raccolte su modulo ai banchetti organizzati in tutto il paese; 553.915 sono state raccolte tramite la piattaforma on line. A fine settembre 4 Regioni hanno presentato ricorso alla Consulta, che si è riunita il 12 novembre 2024, con la pubblicazione della sentenza il 3 dicembre, con una decisione che, pur ritenendo non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge, elenca sette punti incostituzionali che di fatto smontano la Legge Calderoli (2). Dopo che la Cassazione, il 12 dicembre 2024, ha dichiarato legittimo il referendum per l’abrogazione totale dell’Autonomia differenziata, la Corte Costituzionale il 20 gennaio 2025 l’ha invece dichiarato inammissibile: in un comunicato (in calce) ha fatto sapere che “il quesito referendario sulla legge n. 86 del 2024, come risultante dalla sua sentenza n. 192 del 2024” è inammissibile, in quanto “l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari” e “Ciò pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore. Il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, della Costituzione; il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale” (AMBM)

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Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale Comunicato del 20 gennaio 2025
INAMMISSIBILE IL REFERENDUM SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
La Corte costituzionale ha deciso oggi in camera di consiglio il giudizio sull’ammissibilità della richiesta di referendum abrogativo denominata “Legge 26 giugno 2024, n. 86, Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione: abrogazione totale”.
In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario sulla legge n. 86 del 2024, come risultante dalla sua sentenza n. 192 del 2024.
La Corte ha rilevato che l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari. Ciò pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore. Il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata, come tale, e in n definitiva sull’art. 116, terzo comma, della Costituzione; il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale. La sentenza sarà depositata nei prossimi giorni.
Roma, 20 gennaio 2025


Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

21 gennaio 2025

NOTE

(1) 4 referednum dichiarati ammissibili dalla Corte costituzionale erano stati proposti dalla CGIL e avevano raccolto oltre quattro milioni di firme nel complesso (> qui il dettaglio dei qiuesiti) I quesiti sono sostenuti da PD, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra ( contrari, oltre ai partiti della maggioranza di governo, anche Azione e Italia Viva). il quinto referendum proposto all’inizio di settembre dal deputato Riccardo Magi, di +Europa, a cui poi si erano aggiunti diversi altri partiti e associazioni*, intende ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza regolare necessari per poter chiedere la cittadinanza: una volta ottenuta, questa potrebbe essere trasmessa ai figli minorenni. La riforma riguarderebbe complessivamente 2,5 milioni di persone in Italia.

(*) I partiti della maggioranza tutti contrari, i partiti all’opposizione non sono tutti allineati.

(2) vedi La sentenza della Corte Costituzionale sull’autonomia differenziata 4 dicembre 2024

Video del webinar: il costituzionalista Pallante commenta la sentenza della Consulta sull’Autonomia differenziata 19 dicembre 2024