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L’Espresso, dossier sul Paese dei condoni – l’intervento di De Lucia

Illustrazione della Copertina dell'Espresso dell'11 novembre 2016 di Giuseppe Fadda

Illustrazione della Copertina dell’Espresso dell’11 novembre 2016 di Giuseppe Fadda

Condono, sanatoria, concordato, definizione agevolata, emersione del sommerso, amnistia, indulto, indultino, prescrizione, rottamazione… I nomi cambiano con il passare dei governi, ma la sostanza è la stessa da decenni: in Italia vince l’impunità. Chi viola la legge rischia poco o nulla. Tanto arriva sempre una leggina successiva che perdona i disonesti. In tutti i paesi, anche i più civili, esistono casi di abusivismo edilizio, lavoro nero, evasione fiscale o corruzione, ma in Italia l’illegalità muove cifre enormi e fa parte del sistema-paese. Mentre lo Stato minaccia sanzioni severissime, sulla carta, ma poi si schiera sempre dalla parte dei furbi.

Pubblichiamo la sintesi del Dossier dell’Espresso “Il paese dei condoni” e l’articolo dell’urbanista Vezio de Lucia “Una sanatoria che devasta per sempre” (da Eddyburg). In calce il link alla time line dei condoni in Italia

Il condono edilizio è peggio del condono fiscale e finanziario, di quest’ultimo con il passare degli anni si perderà la memoria. Non è così per la sanatoria edilizia perché le ferite inferte al paesaggio e alle città sfidano i secoli. Restano sfigurate per sempre le coste dell’Italia meridionale, principalmente di Campania, Calabria e Sicilia, e le periferie di città grandi e piccole. Ma quando si parla di condono edilizio si parla soprattutto di Roma. Italo Insolera diceva che l’abusivismo non è solo un fenomeno perverso che ha condizionato la vita di Roma, ma è un modo d’essere di Roma. Il totale delle domande di condono relative alle leggi dal 1985 al 2003 è impressionante, oltre 600 mila, delle quali un terzo ancora da esaminare. 600 mila abusi su una popolazione di meno di tre milioni di abitanti, un abuso ogni cinque abitanti uno ogni due famiglie, è un dato pauroso, senza confronti con il resto d’Italia, che legittima i peggiori convincimenti sulla diffusione dell’illegalità nella capitale.
Un terzo del territorio urbanizzato di Roma, con più di mezzo milione di abitanti, è formato da migliaia di lottizzazioni abusive disseminate in ogni parte della sconfinata periferia. Aggregati di case di varia tipologia (dalle villette a alle ville anche di lusso, alle palazzine a più piani) a perdita d’occhio, quasi del tutto privi di spazi collettivi, verde e attrezzature, con infami servizi di trasporto pubblico. Non ci sono piazze, i luoghi d’incontro e di socializzazione sono i centri commerciali.
Eppure a Roma non sono mai mancati intellettuali, architetti, urbanisti, giornalisti con un occhio di riguardo per il condono e l’edilizia abusiva accreditata come spontanea. Quegli stessi pronti a scatenarsi contro Corviale, Laurentino 38 e altre complesse architetture dell’edilizia pubblica hanno visto nelle politiche di condono il riconoscimento di importanti valori tradizionali e popolari. Nel 1983 alla “città spontanea” fu dedicata un’importante mostra che confrontava Roma con Algeri, Tunisi, Il Cairo, Maputo, Bogotá e Città del Messico. Una mostra che spianò la strada alla prima legge di condono edilizio, quella del 1985 voluta del governo di Bettino Craxi (ministro dei Lavori pubblici Franco Nicolazzi). Le leggi successive, del 1994 e 2003, sono opera dei governi Berlusconi (ministri consenzienti Giulio Tremonti, Roberto Radice, Pietro Lunardi).
La conferma di Roma capitale dell’abusivismo si ebbe il 17 febbraio del 1986. Si svolse in quel giorno un’altra marcia su Roma – meno tragica di quella di 64 anni prima, non foriera di lacrime e sangue ma anch’essa politicamente terribile –, la marcia dei sindaci abusivi siciliani, capeggiati da Paolo Monello sindaco comunista di Vittoria (una città quasi tutta abusiva in provincia di Ragusa), sostenuti da Lucio Libertini responsabile dell’urbanistica del Pci. La marcia dei sindaci siciliani era contro la legge per il condono del 1985, ma nel senso che volevano renderla più permissiva e meno onerosa.
La Sicilia, dopo Roma, è l’altro grande teatro in cui recitano da protagonisti abusivismo e condono. Ricordo solo le villette nella Valle dei Templi di Agrigento, gli scempi di Pizzo Sella sopra Palermo, e il parco archeologico di Selinunte, sulla costa Sud occidentale dell’Isola, che affaccia sulle repellenti lottizzazioni di Triscina e Marinella.
Pochissimi i casi in cui a perdere è stato il condono. Indimenticabili le demolizioni degli ecomostri di Fuenti in Costiera amalfitana e di Punta Perotti a Bari

(dal sito dell’Espresso ) L’Italia è una Repubblica fondata sul condono Dal 1973 a oggi non c’è stata una sola stagione senza sanatorie, indulti e colpi di spugna. Così chi viola la legge rischia poco o nulla. Mentre le sanzioni minacciate dallo Stato restano solo sulla carta. E il Paese non cambia maidi Paolo Biondani Illustrazione di Giuseppe Fadda
Condono, sanatoria, concordato, definizione agevolata, emersione del sommerso, amnistia, indulto, indultino, prescrizione, rottamazione… I nomi cambiano con il passare dei governi, ma la sostanza è la stessa da decenni: in Italia vince l’impunità. Chi viola la legge rischia poco o nulla. Tanto arriva sempre una leggina successiva che perdona i disonesti. In tutti i paesi, anche i più civili, esistono casi di abusivismo edilizio, lavoro nero, evasione fiscale o corruzione, ma in Italia l’illegalità muove cifre enormi e fa parte del sistema-paese. Mentre lo Stato minaccia sanzioni severissime, sulla carta, ma poi si schiera sempre dalla parte dei furbi.«I condoni sono l’altra faccia dell’illegalità di massa», osserva il professor Alberto Vannucci, uno dei più importanti esperti di lotta alla corruzione in Italia: «Cancellare le sanzioni ai colpevoli è il contrario della deterrenza: è un incentivo perverso a violare la legge che ha effetti contagiosi sull’intera cittadinanza. Quindi è molto peggio che lasciare impunito qualche singolo reato: il condono crea l’aspettativa che tutti possano farla franca. È un segnale che incoraggia la diffusione di quei comportamenti illeciti che sono la causa del disastro collettivo nazionale: corruzione sistematica, evasione fiscale gigantesca, debito pubblico fuori controllo, cementificazione del paesaggio, devastazione del territorio».Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Piercamillo Davigo, ex pm di Mani Pulite, ha spiegato più volte, con amara ironia, che «quando parliamo di condono edilizio o fiscale, i giudici stranieri non ci capiscono: loro pensano alla grazia. Allora noi spieghiamo che è diverso: la grazia si applica a un solo condannato, il condono a tutti i colpevoli. A quel punto i giudici stranieri scoppiano a ridere: non ci credono, pensano che li prendiamo in giro».Studiosi e giuristi documentano che l’Italia è una nazione fondata sui condoni. La media storica è da record mondiale: un colpo di spugna ogni due anni. Dal lontano 1900 fino ad oggi, infatti, si contano almeno 63 provvedimenti di perdono pubblico dell’evasione fiscale, del lavoro nero e degli abusi edilizi. E a questa serie interminabile di condoni si aggiungono altre 37 leggi penali che, a partire dalla Seconda guerra mondiale, hanno periodicamente cancellato perfino i reati e le condanne già confermate in tutti i gradi di giudizio.

Con effetti aggravati dalla durata. Ogni sanatoria non riguarda solo il momento in cui viene approvata, ma si estende anche agli anni precedenti. E in qualche caso vale pure per il futuro. La timeline in questa pagina riassume proprio gli effetti dei condoni cumulati nel tempo: a conti fatti, le annate escluse sono pochissime. E si concentrano nei primi anni Novanta: il periodo di Tangentopoli, quando nessuno osava parlare di amnistia o impunità. Prima e dopo quel quinquennio di guerra legale all’illegalità, i condoni fiscali, previdenziali, edilizi e penali sono continui, permanenti, perpetui.

L’Italia è famosa nel mondo per la bellezza del suo territorio, minato da terremoti, frane, alluvioni che imporrebbero regole urbanistiche rigorose. Il boom edilizio degli anni Cinquanta e Sessanta ha cosparso l’intera nazione di costruzioni senza regole: i primi piani regolatori vengono approvati solo all’inizio degli anni Settanta. E già nel 1985 arriva il primo condono nazionale degli abusi edilizi, intitolato all’allora ministro socialdemocratico Franco Nicolazzi, poi condannato per corruzione. Un colpo di spugna che legalizza milioni di fabbricati fuorilegge: case e palazzi costruiti, per definizione, senza rispettare nessuna regola.

vedi anche: Ma il perdono è solo per i potenti

Il governo di Bettino Craxi annuncia che sarà l’ultima sanatoria edilizia. Invece nel 1994 Silvio Berlusconi vara un nuovo maxi-condono, che viene ripetuto nel 2003-2004. Le sanatorie obbligano le autorità pubbliche a fornire acqua, fognature e servizi a milioni di fabbricati abusivi, con una spesa cinque volte superiore agli incassi delle pratiche di legalizzazione. Oggi la Campania guida il plotone delle regioni che progettano un nuovo condono edilizio: il governatore del Pd Vincenzo De Luca ha promesso in campagna elettorale una sanatoria di «circa 70 mila alloggi» abusivi, polemizzando contro «l’ambientalismo idiota». Forza Italia lo appoggia apertamente, parlando di «abusi di necessità». Il senatore Carlo Sarro stima «270 mila costruzioni» fuorilegge solo in Campania e quantifica in 67 mila quelle «già colpite da sentenze definitive di demolizione».

In attesa delle sanatorie regionali, progettate anche in Sicilia, gli abusivi possono sempre approfittare di un «condono selettivo permanente», previsto dalla legge Nicolazzi e mai cancellato: basta convincere il comune a trasformare l’ex zona verde in area edificabile. L’urbanistica italiana infatti è il regno delle varianti: c’è una procedura legale anche per aggirare le regole. Ma non è finita. Dopo il condono del 2004 i favori ai furbi del mattone hanno cambiato nome: ora si chiamano semplificazioni.

«Nell’edilizia privata tutti i controlli, compresi quelli anti-sismici, sono stati sostituiti da auto-certificazioni», denuncia l’avvocato Emanuele Montini, coordinatore nazionale di Italia Nostra: «A certificare il rispetto delle regole, la qualità e la tenuta del cemento, dei tondini in ferro, delle fondamenta, è un professionista di fiducia, scelto e pagato dal privato. I controlli pubblici sono stati regionalizzati. Quindi ogni pezzo d’Italia ha regole diverse, perfino per le norme di sicurezza contro i terremoti: in Umbria e Toscana i tecnici pubblici verificano tutte le costruzioni, nel Lazio solo il cinque per cento, in altre regioni il 15». E in quelle regioni come si decide quali case controllare? «Con un’estrazione a sorte», risponde Montini con tono disperato. Ci mancava solo la lotteria dei terremoti.

Dall’edilizia al fisco, la situazione peggiora. La doppia sanatoria varata dal governo Renzi con il decreto legge che il 24 ottobre ha abolito Equitalia, in particolare la rottamazione delle cartelle esattoriali e la nuova sanatoria dei capitali esteri (voluntary disclosure), è una riedizione temperata dei condoni tradizionali. Correva l’anno 1973 quando il repubblicano Bruno Visentini, per cambiare il vecchio sistema tributario fondato sull’evasione di massa e sulla crescita continua del debito pubblico, varò la prima grande riforma fiscale. Irpef, Iva, verifiche e processi tributari nascono allora. Insieme a un condono generale, che doveva essere l’ultimo.

La Corte dei conti, nei suoi rendiconti sui bilanci dello Stato, chiarisce che una sanatoria per il passato è giustificabile proprio e soltanto quando una riforma strutturale fa da spartiacque e cambia tutte le regole per il futuro. Ma in Italia lo stop ai condoni fiscali resiste solo negli anni neri della prima crisi petrolifera. Poi, si ricomincia. Tra il 1982 e il 1991, i due più famosi «condoni fiscali generali» sono intitolati all’ex ministro socialista Rino Formica. All’epoca il professor Giulio Tremonti denunciava il condono come «un suicidio fiscale», «immorale» e «criminogeno».

Diventato ministro nel 1994 con Silvio Berlusconi, però, ha cambiato idea: nel 1994 ha lanciato il «concordato fiscale di massa», valido fino al 1997. Tremonti ha dato il massimo nel 2002-2003 e nel 2009-2010, con le due grandi novità dello scudo fiscale: gli evasori con i soldi all’estero hanno potuto mettersi in regola con una tariffa bassissima (appena il 5 per cento) e addirittura con la garanzia dell’anonimato. Solo l’ultima edizione dello scudo ha permesso a 180 mila misteriosi evasori di ripulire ben 105 miliardi di fondi neri. Decine di inchieste giudiziarie hanno poi accertato che, dietro l’anonimato, si nascondevano anche mafiosi, narcotrafficanti, bancarottieri e squali della finanza. Il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato ha definito lo scudo «la più grande operazione di riciclaggio di denaro sporco della storia d’Italia».

La voluntary disclosure del 2015, invece, ha limiti molto più rigorosi: il ministro Pier Carlo Padoan ha adottato una procedura-standard, regolata da autorità internazionali come l’Ocse. Ora l’evasore deve autodenunciarsi al fisco, spiegare come ha creato il nero, pagare tutte le imposte con gli interessi: il premio è un forte sconto sulle sanzioni. L’effetto-condono è stato però accentuato dalle modifiche attribuite al sottosegretario Enrico Zanetti, passato dal partito di Mario Monti al gruppo di Denis Verdini: tra i cavilli salva-furbi spicca l’abolizione della norma Visco-Prodi del 1997 che permetteva al fisco di chiedere dieci anni di arretrati ai grandi evasori.

vedi anche: Io ti prescrivo in nome della legge

Così la ex Cirielli, voluta da Berlusconi per i suoi processi, si è trasformata nel più grande condono penale quotidiano. Lasciando impuniti migliaia di procedimenti. Dal caso Stamina a Denis Verdini. Dai disastri ambientali all’enorme buco nero della malasanità

Anche la rottamazione delle cartelle esattoriali, presentata dal premier Matteo Renzi come una riparazione per quei tartassati da Equitalia spesso oberati da interessi moltiplicati a dismisura, in realtà cancella tutte le sanzioni applicate in tutti i casi di evasione già accertata dal 2000 al 2015. Quindi è un vero condono generale, valido anche per i contributi previdenziali, che rischia di aprire una voragine nei conti dell’Inps, come ha denunciato il suo presidente Tito Boeri. Si tratta dei contributi obbligatori per pagare le pensioni e l’assistenza pubblica: l’evasione contributiva è l’altra faccia del lavoro nero. Ma dal 1973 ad oggi non c’è stato un solo anno senza un qualche condono previdenziale.

L’illegalità al potere si completa con le amnistie che hanno cancellato perfino i reati. E con gli indulti che hanno ridotto o azzerato le condanne penali già definitive. Fino al 1989 l’Italia ha varato, in media, un’amnistia ogni cinque anni. Il padrino politico era quasi sempre Giulio Andreotti. Dopo la bufera di Mani Pulite, la classe dirigente ha cambiato tecnica. Nel 1997 una legge proposta dal senatore azzurro Marcello Pera ha modificato le regole sulle prove, azzerando i verbali d’accusa non ripetuti in aula da un complice, anche se aveva già confessato durante le indagini. Quella riforma viene dichiarata incostituzionale, perché esageratamente favorevole agli accusati. A quel punto una larga maggioranza bicamerale destra-sinistra cambia la Costituzione, raccontando agli elettori di aver varato il «giusto processo». L’effetto-amnistia per i tangentisti è documentato dal crollo delle condanne per corruzione e concussione: tra il 1996 e il 1999 si sono più che dimezzate, scandendo da 1.712 a 809.

Alla fine del 2005 il governo Berlusconi ha riscritto anche le regole sulla prescrizione, stravolgendo una legge intitolata al parlamentare Edmondo Cirielli, che ha ritirato la firma. Prescrizione significa che il reato c’è, l’imputato lo ha commesso, ma non è più punibile perché sono scaduti i termini di legge. La ex Cirielli ha ridotto al minimo i termini di punibilità di tutti i reati dei colletti bianchi, dalla corruzione ai delitti economici. Già nel 2006 le condanne definitive per tangenti sono crollate a 239 in tutta Italia. Oggi, solo nelle Corti d’appello, un colpevole su tre si vede azzerare la condanna. E così la sanatoria diventa perpetua. L’amnistia perdona solo i delinquenti del passato, ma la prescrizione è il condono del futuro.

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