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Trasparenza, l’unico strumento per la tutela dell’interesse pubblico

testata aereoplanini ominiIn questi anni ci siamo occupati di molti problemi della Capitale, che avevano a che fare con l’urbanistica, la mobilità, l’ambiente, le proprietà pubbliche, con un unico comune denominatore: la trasparenza delle istituzioni e dell’amministrazione. E proprio dalla nostra esperienza diretta di cittadini, sappiamo che possiamo svolgere il nostro ruolo di anticorpi della mala amministrazione  solo se viene garantito  l’accesso alle informazioni, soprattutto a quelle che riguardano le scelte politiche e amministrative nel corso dei processi decisionali e delle istruttorie, quando ancora è possibile avanzare osservazioni e obiezioni per riportare, quando necessario, sul binario dell’interesse pubblico iniziative che rischiano di  prendere preoccupanti deviazioni.

Per questo condividiamo completamente le obiezioni e le proposte portate avanti dalle associazioni che hanno partecipato all’audizione presso le Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato il 7 aprile scorso, e ci uniamo  a loro nella richiesta che sia messo a  punto un autentico ed efficace strumento per l’accesso alle informazioni,  indispensabile per la lotta alla corruzione e per la tutela  del bene collettivo.

Carteinregola è nata alla fine del 2012 per contrastare le delibere urbanistiche in discussione nell’aula capitolina (che, abbiamo presto  scoperto, erano in molti casi  espressione di un consociativismo  che è poi emerso nel suo fulgore a partire dalle indagini giudiziarie della fine del 2014).

Il nostro presidio  in Campidoglio, durato 4 mesi,  ha raccolto molti risultati positivi: infatti pur da soli (dalla nostra parte  pochissimi consiglieri di opposizione  e qualche  “obiettore” del centrodestra,  mentre i  giornali  guardavano spesso altrove) abbiamo potuto fermare molte delibere, grazie alla continua e caparbia diffusione delle informazioni in nostro possesso  sui provvedimenti in approvazione, che suggerivano  non tanto reati (ma alcune di quelle delibere sono state poi oggetto di indagini, che ci risultano ancora aperte) ma  il loro incerto  (se non  inesistente) valore per l’interesse pubblico, troppo spesso decisamente  inferiore agli interessi privati.

E le informazioni le avevamo ottenute da consiglieri di maggioranza e opposizione, ma soprattutto grazie alla buona volontà di tanti cittadini e comitati (a partire da noi stessi) che  attraverso  frequenti accessi agli atti  su progetti e interventi di dubbia  utilità, portavano alla luce  – percorrendo correttamente i canali  istituzionali come le audizioni nelle commissioni preposte –  quelle procedure che deviavano inspiegabilmente da leggi e normative a tutela dell’interesse pubblico.

Ma le porte aperte dall’amministrazione Alemanno nel concederci l’accesso agli atti,   si sono  inspiegabilmente richiuse con l’amministrazione Marino. Atti che prima potevamo  visionare e avere in copia senza problemi – ad esempio quelli relativi a interventi del Piano Urbano Parcheggi, dichiarati a tutti gli effetti opere pubbliche dall’ANAC –   ci sono stati negati in quanto documenti “endoprocedimentali” (parola di non preciso significato)  o coperti dai diritti riservati alle opere dell’ingegno,  o addirittura dalla normativa sulla privacy. Per non parlare del fatto che è stato di nuovo messo in dubbio il diritto di accesso di cittadini che non potessero dimostrare un diretto interesse  nella realizzazione dell’opera.  In pratica si sosteneva che gli atti in corso di istruttoria non potevano  essere accessibili ai normali cittadini, compresi  i pareri delle conferenze dei servizi (e quante volte abbiamo visto approvare progetti nonostante i documentati pareri negativi di alcuni enti e dipartimenti!).  E che i progetti potevano essere diffusi e pubblicati  dalla PA  solo dopo la  fine dell’istruttoria e la loro approvazione definitiva. Cioè dopo che la pratica sarebbe stata  chiusa,  e che per contestare eventuali rischi  o difformità dalla normativa il cittadino avrebbe potuto ricorrere solo a costose azioni legali.

Ma la scarsa trasparenza riguarda anche molti ambiti della politica: scandalosamente Roma Capitale, pur avendo introdotto la diretta in  streaming delle sedute dell’Assemblea Capitolina, non conservava  tracce disponibili al pubblico del dibattito in aula (i video non sono on line, nessun resoconto scritto viene pubblicato), e nemmeno ha mai messo a disposizione dei cittadini i provvedimenti prima della votazione, neanche quando erano  in discussione in commissione, che è per sua natura pubblica. Con la situazione paradossale che i  cittadini potevano  presenziare a una commissione che prendeva in esame  una delibera, ma senza conoscerne  il contenuto  (al contrario di altri comuni italiani e della stessa Regione Lazio) e non potevano  quindi chiedere audizioni per portare le proprie proposte e obiezioni, a meno che – ma non era e non è affatto  dignitoso – trovassero qualche consigliere “amico” che procurava loro  sottobanco i testi delle delibere.

Una situazione che sembrava avesse  finalmente imboccato la strada   della tanto attesa libertà di accesso alle informazioni pubbliche da tempo promessa e che invece si sta avviando verso  l’ennesima delusione.  Le parole del ministro  Marianna Madia, scritte di suo pugno in risposta all’ Espresso che lanciava l’allarme sul decreto, suonano come una beffa“…si riconosce per la prima volta ai cittadini il “diritto di sapere” che trova un limite, esclusivamente, davanti alla tutela di superiori interessi pubblici e privati. Qualora l’amministrazione neghi l’accesso ovvero ometta di rispondere entro il termine di trenta giorni, sarà possibile presentare ricorso al TAR”.  A  parte che il ricorso al TAR  si poteva fare da un bel pezzo – ci mancherebbe! – quali sarebbero i “superiori interessi privati”  che impedirebbero ai cittadini di avere accesso ad informazioni pubbliche?

Delle due l’una: o si è contro la corruzione, e si considerano la trasparenza e la vigilanza dei cittadini anticorpi fondamentali per guarire la mala amministrazione e la mala politica, o si sta da un’altra parte, e allora si fa solo teatro.

 Anna Maria Bianchi Missaglia

Per osservazioni e repliche: laboratoriocarteinregola@gmail.com

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