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No alle trivelle dello Sblocca Italia: avanti con i referendum

 blocca lo sblocca italia

Il 30 Settembre scorso è accaduto qualcosa di unico e straordinario nella storia dell’Italia Repubblicana: la pressione esercitata da 200 associazioni, comitati, movimenti, e da personalità della cultura e delle scienze, ha spinto le Assemblee di metà delle Regioni italiane a deliberare, in modo pressoché unanime e trasversale, la richiesta di sei referendum contro le trivelle in mare e su terra ferma. Superato positivamente il duplice esame della Cassazione e della Corte Costituzionale, i cittadini potranno così riappropriarsi del diritto, spesso negato, di decidere di se stessi e del futuro dei rispettivi territori [in calce l’invito all’assemblea nazionale dell’8 novembre e una Breve illustrazione della proposta referendaria del Prof. Enzo Di Salvatore]

Con il deposito in Cassazione delle istanze referendarie,  una volta ritenuti ammissibili, i referendum dovranno essere celebrati nella primavera del 2016, a meno che – ma è  improbabile- il Governo decida di abrogare le norme oggetto dei quesiti. Comincia adesso un percorso che i movimenti, le associazioni ed i comitati  intendono condurre “in modo chiaro, condiviso e partecipato” affinchè  i referendum possano mettere “radici profonde nella coscienza collettiva del Paese.

I promotori ritengono  importante che “come già accaduto nel recente passato, a concorrere al raggiungimento dell’obiettivo finale siano chiamati anche altri soggetti, nel rispetto di ruoli e funzioni: le Regioni, in un rinnovato regionalismo – fedele allo spirito della Costituzione – che restituisca loro quella credibilità intaccata da anni di deficit rappresentativo e democratico, di mala gestio e di scelte sovente infelici in materia energetica ed ambientale; le forze politiche, chiamate trasversalmente a sostenere la campagna referendaria contro le trivelle ed a farsi portatrici, operose e concrete, delle istanze no-triv nei luoghi della rappresentanza; le organizzazioni sindacali dei lavoratori” a cui si chiede di condividere la battaglia “per ribadire la necessità di un cambiamento profondo nella struttura economica e sociale del nostro Paese e dell’indifferibilità di un processo di riconversione ecologica del sistema produttivo; il mondo dell’associazionismo tutto, per riaffermare il diritto alla partecipazione, dal basso, alle scelte che interessano noi tutti e per inaugurare una nuova stagione di solidarietà ed emancipazione politica e culturale”

A oggi i comitatie   i movimenti  sono riusciuti a riportare al centro del dibattito pubblico la doppia questione  – energetica e democratica – spingendo gli enti territoriali ad operare una riflessione sul tema della gestione del teritorio  che potrebbe anche portare all’approvazione dei progetti di legge regionali che inibiranno qualsiasi tipo di attività entro il limite delle 12 miglia marine. (AMBM)

logo no trivDomenica 8 novembre, dalle 9 alle 17 si terrà a Roma l’ Assemblea Nazionale dei movimenti NO TRIV (il luogo  deve essere ancora prescelto):   associazioni, movimenti, comitati, cittadini, che intendono partecipare devono  comunicarlo  all’indirizzo di posta elettronica referendumnotriv@gmail.com (inserire un recapito telefonico).

scarica la lettera di invito Lettera Assemblea domenica 8 novembre 2015

Focus sintetico sui quesiti referendari elaborati dal Prof. Enzo Di Salvatore

inviati alla Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali e delle Provincie autonome in data 14 settembre 2015

STOP AI TITOLI MINERARI ENTRO LE ACQUE TERRITORIALI

Breve illustrazione della proposta referendaria

[In rosso grassetto  le disposizioni da sottoporre ad abrogazione referendaria]

Una abrogazione totale dell’art. dell’art. 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 151, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dall’art. 35, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, “Misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, non sarebbe possibile e comunque neppure auspicabile, giacché, quand’anche possibile, abrogandolo interamente si andrebbe ad abrogare anche il divieto di ricerca e di estrazione del gas e del petrolio entro le dodici miglia marine.

Il quesito proposto mira ad eliminare la previsione della non applicabilità del divieto ai procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010 n. 128, destinati a concludersi con il rilascio del titolo minerario. D’altra parte, l’art. 35 del decreto 22 giugno 2012, n. 83 è intervenuto proprio al fine di rimuovere tale divieto, introdotto con il d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, a seguito del disastro petrolifero del Golfo del Messico.

Al fine di rispettare la “matrice razionalmente unitaria” del quesito, oggetto della proposta referendaria è anche la disciplina della valutazione di impatto ambientale che risulta collegata alla disposizione sui procedimenti in corso: se dall’abrogazione referendaria discende il divieto dei procedimenti in corso, anche la disciplina della valutazione di impatto ambientale va, infatti, eliminata, poiché, diversamente, la disposizione resterebbe priva di efficacia.

L’abrogazione non riguarda, invece, e non potrebbe riguardarli, i titoli abilitativi già rilasciati, in quanto, in questo caso e diversamente dall’abrogazione della previsione legislativa sui procedimenti in corso, la Corte dichiarerebbe certamente l’inammissibilità del quesito, stante il limite della tutela del legittimo affidamento che la discrezionalità del legislatore (e quindi anche della proposta referendaria) incontra.

Anche le disposizioni dell’ultima parte dell’art. 35 non potrebbero essere sottoposte ad abrogazione, in ragione del limite della non reviviscenza della norma abrogata e del limite delle «leggi tributarie», secondo l’interpretazione che ne dà la Corte costituzionale.

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Decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, come convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134

Art. 35 – Disposizioni in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi

  1. L’articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente: “17. Ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell’Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010 n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l’efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell’ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi. Le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attività di cui al primo periodo, fatte salve le attività di cui all’articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dall’entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l’aliquota di prodotto di cui all’articolo 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l’olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione è tenuto a versare le somme corrispondenti al valore dell’incremento dell’aliquota ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo economico, per assicurare il pieno svolgimento rispettivamente delle azioni di monitoraggio e contrasto dell’inquinamento marino e delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare”.

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Il quesito proposto:

«Volete voi che sia abrogato l’articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dall’articolo 35, comma 1, del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, “Misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, limitatamente alle seguenti parole: “procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010 n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l’efficacia dei”; “alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell’ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi. Le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attività di cui al primo periodo, fatte salve le attività di cui all’articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”?»

STOP SBLOCCA ITALIA

Breve illustrazione della proposta referendaria

La proposta referendaria si articola in cinque quesiti aventi ad oggetto alcune disposizioni del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Sblocca Italia), del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (sulle semplificazioni) e della legge 23 agosto 2004, n. 239 (riordino del settore energetico).

Il primo quesito è relativo all’art. 38, comma 1, del decreto Sblocca Italia e concerne anzitutto la dichiarazione di strategicità, indifferibilità ed urgenza delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi. Che tali attività siano anche di pubblica utilità non è, invece, una novità: da questo punto di vista tutte le leggi che in materia sono ancora in vigore rendono una dichiarazione analoga. In secondo luogo, esso riguarda anche l’apposizione del vincolo: eliminando questa previsione non si elimina di per sé la possibilità che i terreni siano espropriati a seguito di dichiarazione di pubblica utilità, in quanto, per questa sua parte, lo Sblocca Italia non ha implicitamente abrogato la disciplina previgente, ma ha esteso il vincolo preordinato all’esproprio alla “fase di ricerca”, contemplata dal nuovo “titolo concessorio unico”: il che costituisce un problema, in quanto il vincolo concernerebbe non solo – com’è stato finora – le attività di estrazione, ma persino quelle di ricerca, rispetto alle quali era prevista l’occupazione d’urgenza dei fondi. Eliminando questa disposizione, resterebbe comunque intatta la previsione della dichiarazione di pubblica utilità: quindi l’espropriazione seguirebbe l’iter amministrativo consueto senza però che i diritti del proprietario siano compressi prima ancora del rinvenimento del giacimento. La disposizione, tra l’altro, solleva dubbi di legittimità costituzionale, che, tuttavia, le Regioni che hanno impugnato l’art. 38 dinanzi alla Corte non hanno potuto far valere, in ragione del fatto che il ricorso in via principale presuppone che si produca una invasione della competenza regionale da parte della legge dello Stato.

Il secondo quesito investe l’art. 38, comma 1-bis, dello Sblocca Italia, in relazione al c.d. piano delle aree, previsto al fine di pervenire – per la prima volta – ad una razionalizzazione delle attività di ricerca ed estrazione degli idrocarburi. Si tratta di una previsione che è stata inserita in sede di conversione in legge dello Sblocca Italia e sulla quale è successivamente intervenuta la legge di stabilità 2015. Scopo dell’abrogazione referendaria è, per un verso, quello di lasciar esprimere la Conferenza unificata sul piano nella sua interezza (terraferma e mare) e, per altro verso, di evitare che, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, si ricorra all’esercizio del potere sostitutivo seguendo la procedura semplificata prevista dall’articolo 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto, n. 239 (anch’essa, comunque, oggetto di apposito quesito referendario). Il quesito, infine, riguarda anche la disciplina transitoria introdotta dalla legge di stabilità 2015, in base alla quale – nelle more dell’approvazione del piano – il rilascio dei titoli abilitativi sarebbe consentito sulla base delle norme ormai abrogate dallo Sblocca Italia. Eliminando questa disposizione si avrebbe, per un verso, che le attività di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi già autorizzate continuino ad essere esercitate e, per altro verso, però, che fino all’adozione del piano (chiamato a razionalizzare l’esercizio di quelle attività) non possano essere rilasciati nuovi titoli.

Il terzo quesito ha ad oggetto la durata delle attività previste sulla base del nuovo “titolo concessorio unico”, ma non anche la previsione del nuovo titolo in sé, destinato a sostituire i permessi di ricerca e le concessioni di coltivazione. L’art. 38 dello Sblocca Italia, infatti, ha tacitamente abrogato la previsione legislativa dei permessi e delle concessioni e, secondo il consolidato orientamento della Corte costituzionale, una eventuale abrogazione referendaria delle disposizioni concernenti il titolo concessorio unico non farebbe “rivivere” quelle sui permessi e sulle concessioni ormai abrogate. Ciò non toglie che si possa intervenire sulla durata dei titoli concessori unici.

Il quarto quesito è relativo all’art. 57 del decreto-legge n. 5 del 2012 sulle semplificazioni, che reca disposizioni per le infrastrutture strategiche. La legge di stabilità 2015 ha modificato alcune previsioni di detto decreto, stabilendo che tanto per le infrastrutture e gli insediamenti strategici, quanto per le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria e, più in generale, per le opere strumentali allo sfruttamento degli idrocarburi – quand’anche localizzate al di fuori del perimetro delle aree date in concessione di coltivazione – le autorizzazioni relative siano rilasciate d’intesa con le Regioni interessate. Tuttavia, nel caso di mancato raggiungimento dell’intesa si provvede con le modalità stabilite dalla legge n. 239 del 2004 e dalla legge n. 241 del 1990. La proposta referendaria mira unicamente ad abrogare la possibilità che, per le ipotesi citate, si possa esercitare il potere sostitutivo secondo la procedura semplificata disciplinata dalla legge n. 239 del 2004.

Il quinto quesito completa logicamente il secondo e il quarto, dal punto di vista della partecipazione degli Enti territoriali. Mentre, infatti, il secondo e il quarto quesito si propongono, rispettivamente, di porre rimedio al depotenziamento del ruolo delle Regioni e degli Enti locali in sede di approvazione del piano delle aree per le attività di ricerca e di estrazione degli idrocarburi e di far fronte alla scarsa incidenza che le Regioni avrebbero in relazione alle opere strumentali a dette attività, il quinto quesito mira a far sì che l’intesa sul rilascio dei titoli minerari torni ad essere – come auspicato dalla stessa Corte costituzionale – un “atto a struttura necessariamente bilaterale”, e cioè “superabile” dallo Stato solo a seguito di effettiva “trattativa” con le Regioni interessate. Ciò concernerebbe unicamente le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. In questo caso, abrogando l’art. 1, comma 8-bis, limitatamente alle parole: “7 e”, troverebbe comunque applicazione ai procedimenti sulla ricerca e l’estrazione degli idrocarburi la disciplina prevista dalla legge n. 241 del 1990. Tanto più che trattasi solo di un comma “aggiunto” nel 2012 alla disciplina originaria del 2004. D’altra parte, è la stessa legge n. 239 del 2004 che, nel disciplinare i procedimenti, rinvia alla legge generale sul procedimento; e di “procedimento unico” e “conferenza di servizi” discorre comunque oggi anche il decreto Sblocca Italia (art. 38, comma 6).

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I 5 Quesiti proposti:

«Volete voi che sia abrogato l’art. 38, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, limitatamente alle seguenti parole: “Al fine di valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese”; “rivestono carattere di interesse strategico e”; “, urgenti e indifferibili”; “, indifferibilità ed urgenza dell’opera e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”?»

«Volete voi che sia abrogato l’art. 38, comma 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”, introdotto dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, come modificato dall’art. 1, comma 554, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)”, limitatamente alle parole: “, per le attività sulla terraferma,”; “In caso di mancato raggiungimento dell’intesa, si provvede con le modalità di cui all’articolo 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto, n. 239. Nelle more dell’adozione del piano i titoli abilitativi di cui al comma 1 sono rilasciati sulla base delle norme vigenti prima della data di entrata in vigore della presente disposizione.”?»

«Volete voi che sia abrogato l’art. 38, comma 5, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, limitatamente alle seguenti parole: “prorogabile due volte per un periodo di tre anni nel caso sia necessario completare le opere di ricerca,” “, prorogabile per una o più volte per un periodo di dieci anni ove siano stati adempiuti gli obblighi derivanti dal decreto di concessione e il giacimento risulti ancora coltivabile,”?»

«Volete voi che sia abrogato l’art. 57, comma 3-bis, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, come modificato dall’art. 1, comma 552, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)”, limitatamente alle seguenti parole: “con le modalità di cui all’art. 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché”»;

«Volete voi che sia abrogato l’art. 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239, “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”, introdotto dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, “Misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 83, limitatamente alle seguenti parole: “7 e”?»

Coordinamento Nazionale No Triv

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