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Decreto del fare, quello che era meglio non fare

via zambeletti con frecciaE’ in vigore da oggi la “legge 9 agosto 2013, n. 98 pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 194 del 20 agosto 2013 e recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” [1]  Qualche piccola modifica nel passaggio in Camera e Senato  non ha cambiato nella sostanza i potenziali danni  da noi segnalati a proposito di alcune novità introdotte in tema di edilizia, come l’art.  41,  che permette di “installare” case mobili “all’interno di strutture ricettive all’aperto” senza Permesso di Costruire, con il rischio di trasformare i campeggi nei luoghi più suggestivi d’Italia in villaggi turistici (>vedi post del  31 luglio  ) e soprattutto  come l’art. 30, che fa sì che “gli interventi di ristrutturazione edilizia con modifiche della sagoma non siano più soggetti a permesso di costruire”, ma diventino  soggetti a semplice SCIA, Segnalazione Certificata Inizio Attività  (> vedi post del 2 agosto), anche se un emendamento ha stabilito che i Comuni dovranno  “individuare con propria deliberazione, da adottare entro il 30 giugno 2014, le aree nelle quali non è applicabile la segnalazione certificata di inizio attività per interventi di demolizione e ricostruzione, o per varianti a permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma“. In compenso è stato introdotto un altro emendamento, proposto dai parlamentari altoatesini, che consente alle Regioni di derogare dal limite minimo di 10 metri delle distanze tra i fabbricati.

stato di fatto sagoma milano

Il manufatto nel cortile dei palazzi di via Zambeletti Via Magnocchi prima della demolizione/ricostruzione con modifica di sagoma

sagome milano 2

La nuova costruzione nel cortile di Via Zambeletti è a pochi metri dai palazzi preesistenti

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Contro questi  articoli  si erano levate le  voci di comitati e associazioni ambientaliste come Italia Nostra[2], Carteinregola e  la Rete dei Comitati per la Qualità Urbanistica di  Milano[3], ma qualche voce contraria si è levata anche in Parlamento[4]: la senatrice PD Lucrezia Ricchiuti ha presentato un emendamento in Aula che è stato bocciato [5] e anche Cinquestelle per voce del senatore Martelli si è  pronunciato contro le modifiche di sagoma [6].

220625

La senatrice Lucrezia Ricchiuti

Alla fine comunque gli articoli sono stati  approvati, con un ulteriore  emendamento che consente alle Regioni di derogare dal limite minimo di 10 metri delle distanze tra i fabbricati contenuto del D.M. 1444 del 1968[7], che, come fa notare Michele Sacerdoti [8], ha un precedente:la Regione Lombardia, nella legge urbanistica 12/2005 aveva già dichiarato inapplicabile il decreto [del 1968] ed  era stata smentita dai tribunali amministrativi proprio  per quanto riguarda le distanze minime tra i fabbricati.” E anche per quanto riguarda la ristrutturazione degli edifici con cambiamento della sagoma,  questa “comprende ora la possibilità di cambiare la sagoma, mentre prima il cambiamento di sagoma qualificava l’intervento come nuova costruzione, sottoponendolo agli indici urbanistici della zona”. Possibilità che era già stata introdotta dalla Legge urbanistica della Lombardia,  ma che  “la Corte Costituzionale  aveva stoppato per contrasto con le norme nazionali [9]. Numerosi progetti a Milano erano stati bloccati dal Comune in seguito alla sentenza della Corte, tra cui un orrendo edificio all’angolo di viale Tunisia con via Lecco. Ora i progetti potranno ripartire”. Continua Sacerdoti: “il compromesso al ribasso raggiunto tra l’on. Morassut del Pd e il ministro Lupi alla Camera ha riguardato solo l’impossibilità di utilizzare la Scia nei centri storici (zone A)  al posto del Permesso di costruire fin quando i Comuni non definiranno in quali parti dei centri storici si potranno utilizzare e in quali no[10]Tuttavia il Permesso di costruire viene concesso in base al Piano Regolatore del Comune e, come ha evidenziato l’INU (http://www.inu.it/10274/comunicati-stampa/decreto-del-fare-linu-denuncia-rischi-per-pianificazione-e-cultura-edilizia/)  “Da sempre la pianificazione urbanistica ricorre alla ristrutturazione edilizia come massimo intervento consentito quando ha bisogno di scongiurare la demolizione di immobili di interesse storico, architettonico o testimoniale, consentendo la demolizione e ricostruzione a parità di volume solo per edifici o tessuti insediativi privi di valori storici e ambientali.” Cioè la maggior parte dei Piani regolatori italiani vincola i centri storici consentendo la ristrutturazione edilizia ma non le nuovi costruzioni, assumendo che  con la ristrutturazione edilizia non si possono cambiare le sagome degli edifici. Per tutelare i centri storici ed altre zone importanti della città non basta quindi individuare della aree in cui non si applica la Scia, bisogna anche cambiare il Piano Regolatore in modo da non consentire il cambiamento di sagoma sugli edifici compresi in queste zone. Altrimenti il Permesso di costruire dovrà comunque autorizzare l’intervento. Rimarrebbe solo la possibilità di opposizione  della Commissione Edilizia  per motivi estetici, ma di fronte a un ricorso al  Tar del proprietario questi motivi potrebbero essere  molto deboli. Il PGT di Milano ha previsto che nel centro storico solo gli edifici di valore senza valore culturale, ambientale, estetico e storico-testimoniale possano essere sottoposti a ristrutturazione edilizia con modifica di sagoma, ma questo perché la Legge urbanistica della Regione Lombardia già consente il cambiamento di sagoma nelle ristrutturazioni e il PGT ne ha tenuto conto.  A Milano per fortuna la norma sui cortili del nuovo PGT che fissa l’altezza massima uguale a quella preesistente resta salva perché prescinde dal fatto che si tratti di una ristrutturazione o di una nuova costruzione. Ma nelle  altre Regioni qual’è la situazione ?“.

Resta il fatto che anche fuori dal centro storico il cambiamento di sagoma potrà portare a situazioni paradossali come quella mostrata dalle foto pubblicate, che riguarda un intervento a Milano nell’isolato di Via  Zambeletti/Via Maiocchi, dove il nuovo fabbricato arriva fino a 4,80 metri dalle abitazioni adiacenti [11].

E non è molto rassicurante la risposta inviata da Silvia Paparo, Direttore Ufficio per la Semplificazione Amministrativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri a Roberto Barabino, Presidente della Rete dei Comitati per la Qualità Urbanistica di  Milano:

Gentile Dr. Barabino,

nella predisposizione della nuova disciplina in materia edilizia si è operato nella consapevolezza che la semplificazione non potesse in nessun modo abbassare i livelli di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico.

In particolare, la disposizione che assoggetta gli interventi di alterazione della sagoma alla segnalazione certificata di inizio attività non introduce modifiche in senso peggiorativo all’ambiente e al paesaggio. Al contrario, è volta a dare nuovo impulso alle politiche di rigenerazione urbana, a permettere un miglioramento ed una riqualificazione fisica del territorio e ad affrontare la grave crisi del settore, contribuendo all’avvio di investimenti privati.

La norma non legittima speculazioni edilizie, né la costruzione di “ecomostri”. Difatti, pur venendo meno il vincolo di sagoma, gli interventi di ricostruzione e di ripristino degli edifici rimangono soggetti al vincolo di volumetria. Ne consegue che è sempre vietato costruire edifici di dimensioni maggiori rispetto a quelli preesistenti e che tutti gli interventi sono, in ogni caso, realizzati nel pieno rispetto del contesto urbanistico in cui si inseriscono.

Preme inoltre sottolineare che la semplificazione riguarda unicamente gli interventi di ricostruzione e ripristino di edifici preesistenti e non le nuove costruzioni, le quali, potendo potenzialmente ledere l’aspetto del paesaggio e del contesto urbanistico, sono in ogni caso soggette al rilascio del permesso di costruire.

Infine, in sede di conversione del decreto, si è operato in senso maggiormente garantista, ampliando la tutela del paesaggio e del patrimonio storico, artistico e architettonico ed escludendo dall’applicazione della nuova disposizione, oltre agli immobili soggetti a vincoli paesaggistici o culturali, anche aree site in centri storici di particolare pregio, espressamente individuate dai Comuni, con propria deliberazione.

Cordiali saluti Cons. Silvia Paparo [12 la risposta di Roberto Barabino]

POST SCRIPTUM: anche se non c’entrano con l’edilizia, in questo decreto diventato legge continuano le scoperte. Segnala l’amico Peppe commentando un articolo su Repubblica di Genova (Re_Ge_22_8_13_decretofare_nautica): “Siccome il settore della nautica (come tutto il resto) è in crisi, si cerca di sostenerlo, quasi avesse un suo speciale valore sociale. Come? Si esenta da ogni tassa il proprietario di barca fino a 14 metri (quattordici!) e si dimezzano le tasse ai proprietari di barche fino a 20 metri (venti!), cioè di yacht. Costoro non pagano niente o pagano la metà, mentre mettiamo chi ha un trabiccolo per vendere ortaggi, con cui lavora, paga al posto suo. E questo nel momento in cui per recuperare i mancati introiti di una tassa se pur rozzamente progressiva (Imu), si aumentano le marche da bollo, le accise, le tasse sui fiammiferi, sulla spazzatura, e altre imposte indirette, fregando i poveracci. E nessuno parla.”

FORSE CONVERREBBE RIBATTEZZARLO  IL DECRETO DEL FARE…FAVORI


foto milano cambio sagoma

Un’altra immagine dell’intervento in Via Zambeletti a Milano


[1] Scarica il decreto definitivo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (con modifiche) Decreto_Fare_Testo Scarica il testo precedente 2013_69_GU decreto dle fare ante modifiche camera

[4] il via libera definitivo della Camera con 319 voti a favore, 110 voti contrari e due astensioni. SEL , Movimento 5 Stelle e Lega Nord hanno votato contro

[5] trascrizione dell’intervento: http://webtv.senato.it/4193?seduta_assemblea=138

http://webtv.senato.it/4193?seduta_assemblea=142

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=hotresaula&id=2&mod=1375899609000&part=doc_dc-ressten_rs-ddltit_sddeacmdddl974rde-trattazione_eda-intervento_presidente:11&parse=no

RICCHIUTI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE (Gasparri, PDL, in sostituzione di Grasso). Senatrice Ricchiuti, deve chiedere la parola prima che io apra la votazione. Vuole parlare sull’emendamento 30.213?

RICCHIUTI (PD). No, signor Presidente, io volevo intervenire sull’emendamento 30.600, non su quest’altro. Lei mi ha impedito di parlare. (Applausi dai Gruppi M5S e LNAut). Mi scusi, sono dieci minuti che mi sto sbracciando; la persona alla sua sinistra mi ha visto perfettamente e non le ha detto nulla, oppure lei faceva finta di non vedere. Io volevo intervenire sull’emendamento 30.600.

PRESIDENTE. Ha parlato la senatrice Finocchiaro. Comunque, se lei intende intervenire, le consento di intervenire. Vuole intervenire, senatrice Ricchiuti?

RICCHIUTI (PD). Sì, voglio intervenire.

PRESIDENTE. Prego, le do la parola.

RICCHIUTI (PD). Intervengo sull’emendamento 30.600, che ormai è stato votato. Il problema non è la sostituzione degli edifici, ma il fatto che deve essere fatta considerandoli nuovi edifici e quindi con il rispetto degli indici urbanistici definiti dal piano regolatore, non come ristrutturazione di vecchi edifici con il mantenimento della volumetria esistente con sagoma diversa.

In sostanza, il ministro Lupi ci ha detto oggi che, siccome l’emendamento votato dalla Commissione aveva un vulnus perché abrogava la lettera a) e la lettera e), ma non la f), se dobbiamo semplificare, avremmo dovuto abrogare la lettera f) e non costruire quel marchingegno che è stato costruito, che mette lacci e lacciuoli ai Comuni e non semplifica certo le cose.

Con la votazione dell’emendamento 30.600 abbiamo tolto alle amministrazioni comunali la possibilità di pianificare il proprio territorio e l’abbiamo data in mano a chi? Alle famose lobby di cui parlava prima il senatore Casini. (Applausi dal Gruppo M5S).

Qui ci sono pressioni fortissime e abbiamo fatto un grande regalo ai costruttori e agli immobiliaristi. Bravi! (Applausi dai Gruppi M5S e PD).

[6] MARTELLI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTELLI (M5S). Signor Presidente, il concetto che intendo esprimere è che non dovrebbe passare nulla che riguardi la modifica della sagoma degli edifici. Paradossalmente, una villetta da 1.000 metri cubi potrebbe essere demolita e ricostruita, rispettando il contenuto di questo nuovo emendamento, con un metro quadrato di pianta e mille metri di altezza, come succedeva nel Medioevo a Bologna, quando si faceva a gara a chi costruiva la torre più alta. Paradossalmente si apre la strada per fare cose simili: è un vero attentato ai centri storici urbani, ma se vogliamo farlo, facciamolo! (Applausi dal Gruppo M5S).

(7) Ecco il passaggio nella legge:

1. Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali.

Scarica il DECRETO MINISTERIALE 2 aprile 1968, n. 1444
Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione diquelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765. D.M. 1444 del 1968

art. 9. Limiti di distanza tra i fabbricati

Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale.

2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.

3) Zone C): altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato pi alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml 12.
Le distanze minime tra fabbricati – tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilit a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) – debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:

– ml. 5,00 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7.
- ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;
- ml. 10,000 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.

Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato pi alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

(8) Michele Sacerdoti è Presidente della Commissione Lavoro,  Attività produttive  e Sicurezza della Zona 3 di MIlano ma è anche esperto di Urbanistica  e tematiche ambientali di cui si occupa da molti anni. Vedi  http://www.msacerdoti.it/

[9] Scarica la sentenza della Corte Costituzionale SENT-C-COST-309-11

[10]Ecco il testo della cosiddetta tutela dei centri storici.
Ecom, Distanze sagome

Ecom distanze sagome edifci

All’interno delle zone omogenee A) di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e in quelle equipollenti secondo l’eventuale diversa denominazione adottata dalle leggi regionali, i comuni devono individuare con propria deliberazione, da adottare entro il 30 giugno 2014, le aree nelle quali non è applicabile la segnalazione certificata di inizio attività per interventi di demolizione e ricostruzione, o per varianti a permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma. Senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, de-corso tale termine e in mancanza di intervento sostitutivo della regione ai sensi della normativa vigente, la deliberazione di cui al primo periodo è adottata da un Commissario nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Nelle restanti aree interne alle zone omogenee A) e a quelle equipollenti di cui al primo periodo, gli interventi cui è applicabile la segnalazione certificata di inizio attività non possono in ogni caso avere inizio prima che siano decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della segnalazione. Nelle more dell’adozione della deliberazione di cui al primo periodo e comunque in sua assenza, non trova applicazione per le predette zone omogenee A) la segnalazione certificata di inizio attività con modifica della sagoma.

[11] Scarica il documento con le distanzeEcom, Distanze sagome 

[12] La Risposta di Roberto Barabino:

Gentile Cons. Paparo,

La ringrazio per la Sua comunicazione e per le informazioni in essa contenute.
Devo però segnalarLe che non possiamo essere d’accordo sull’affermazione che la semplificazione non possa “in nessun modo abbassare i livelli di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico”, per i seguenti motivi:

Il mantenimento della volumetria non tutela il contesto urbanistico, ad esempio con gli edifici bassi nei cortili. Un edificio basso può essere trasformato in grattacielo, come dimostra ampiamente l’esperienza della Regione Lombardia in cu, a parità di volumetria, piccoli manufatti ad un piano sono stati trasformati in immobili  alti decine di metri.

Quanto alle tutele in sede di conversione del decreto, non esistono perché la nuova disposizione non è affatto stata esclusa dalle aree di particolare pregio dei centri storici, ma ci si è limitati a non consentire la Scia e imporre invece il permesso di costruire. Ma il risultato è identico, tranne una questione di tempi di concessione del permesso.
L’esclusione degli edifici vincolati dalla variazione di sagoma era già contenuta nel decreto e non è stata per fortuna cambiata.
A pag. 85:

« 4. All’interno delle zone omogenee A) di cui al decreto del
Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e in quelle
equipollenti secondo l’eventuale diversa denominazione adottata dalle
leggi regionali, i comuni individuano con propria deliberazione, da
adottare entro il 31 dicembre 2013, le aree nelle quali non è
applicabile la segnalazione certificata di inizio attività per interventi
di demolizione e ricostruzione, o per varianti a permessi di costruire,
comportanti modifiche della sagoma. Nelle restanti aree interne alle
zone omogenee A) e a quelle equipollenti di cui al primo periodo, gli
interventi cui è applicabile la segnalazione certificata di inizio attività
non possono in ogni caso avere inizio prima che siano decorsi trenta
giorni dalla data di presentazione della segnalazione. Nelle more
dell’adozione della deliberazione di cui al primo periodo e comunque,
in sua assenza, fino al 30 giugno 2014, non trova applicazione per le
predette zone omogenee A) la segnalazione certificata di inizio attività
con modifica della sagoma »;

Inoltre le regioni potranno togliere il vincolo della distanza minima di 10 metri tra gli edifici contenuta nel DM 1444/68.

“ART. 2-bis. (L) – (Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati).
– 1. Ferma restando la competenza statale in materia di
ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle
connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono
prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al
decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e
possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti
residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive,
al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di
strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo
e unitario o di specifiche aree territoriali” »;

Questa norma peggiora sostanzialmente la situazione perchè può avere un effetto dirompente sull’equilibrio urbanistico delle città e sulle condizioni per la civile convivenza.

Cordiali saluti.

Roberto Barabino

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