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Il teatro Valle è chiuso da due anni. E la polizia interviene contro la rioccupazione simbolica

La Festa per i 150 giorni del Valle occupato

La Festa per i 150 giorni del Valle occupato

Pubblichiamo l’articolo di Tomaso Montanari sulla  rioccupazione  simbolica e pacifica degli  artisti e degli attivisti che per tre anni avevano animato  la storica sala settecentesca al centro di Roma, che avevano deciso di rientrare al Valle per un giorno  per mettere all’ordine del giorno della campagna elettorale il clamoroso vuoto del  teatro chiuso. Un’iniziativa subito conclusa per l’intervento della polizia. (AMBM)

Teatro Valle: cultura e democrazia a Roma

 di Tomaso Montanari (da blogautore di Repubblica 11 giugno)

«Via il prefetto!» gridava nel 1944 il grande liberale Luigi Einaudi. Via il prefetto-commissario di Roma, e via il governo che rappresenta, viene da gridare oggi, di fronte al Teatro Valle sgomberato a manganellate dalla mobile in assetto antisommossa.

Con una città in disfacimento, con la malavita che spadroneggia e la corruzione che dilaga, il governo manda la polizia a caricare gli attori, i musicisti, gli scrittori che riaprono un teatro chiuso da due anni.

Ad agosto saranno due anni che il Teatro Valle è chiuso. Nell’agosto 2014, infatti, Matteo Renzi, Dario Franceschini e Ignazio Marino fecero intervenire la forza pubblica per mettere fine al più importante esperimento di autogestione teatrale nell’Italia contemporanea. Dopo tre anni di premi europei, di partecipazione dal basso, di entusiasmo popolare come in un teatro non si era mai visto, arrivò la burocratica, autoritaria decisione di chiudere perché i restauri erano urgentissimi e improcrastinabili. Ma in questi lunghi, ventidue mesi nessun lavoro è iniziato. Anzi, l’Osservatorio per i Restauri del Valle (un organismo autocostituitosi e formato da Paolo Berdini, Massimo Bray, Paolo Maddalena, Maria Rosaria Marella, Ugo Mattei, Gaia Pallottino e dal sottoscritto) non è mai riuscito ad avere una risposta ufficiale sull’andamento di questi fantasmatici lavori di restauro: dei quali non si conosce, ad oggi, nemmeno il progetto.

Insomma, si è fatto un deserto e lo si è chiamato legalità: confermando clamorosamente ciò che da tempo va dicendo Luigi Ciotti: «Oggi c’è molta legalità di facciata, che non ha alcun legame con la giustizia. C’è il rischio di fare della legalità un idolo, uno strumento non di giustizia ma di potere».

Oggi il Valle viene rioccupato simbolicamente, e in modo assolutamente pacifico: per mettere all’ordine del giorno della campagna elettorale il clamoroso vuoto di un teatro espugnato e chiuso, cioè il simbolo più visibile del massacro dello spazio pubblico culturale che in questi anni si è perpetrato a Roma. Risposta: manganellate.

Uno dei primi compiti della prossima giunta sarà trovare il modo di riaprire di corsa il Valle: e la via maestra sarebbe affidarlo alla comunità culturale e politica che lo ha fatto splendere come una stella per tre anni. È possibile farlo con una delibera comunale ispirata direttamente alla Costituzione: a Napoli lo ha fatto De Magistris per l’Asilo Filangieri, che ora è uno spazio prezioso per la democrazia e la cultura.

È possibile farlo: e per il secondo anniversario della chiusura del Valle, nel prossimo agosto, potrebbe essere già stato fatto.

Vedi anche la cronaca su Repubblica Roma, rioccupato il Teatro Valle. Ma le forze dell’ordine lo sgomberano

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