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Proposta di legge regionale, si sono levate le voci del cinema

Cinema Metropolitan nel 2012 (foto AMBM)

Questa volta non si leveranno le voci di Anna Magnani, Vittorio De Sica e dei tanti grandi del cinema italiano” avevo scritto qualche settimana fa sul blog del Fatto Quotidiano (in calce), ricordando il comizio in Piazza del Popolo di attori, registi e autori, il 20 febbraio 1949. Oggi il tema è una proposta di legge della Regione Lazio che sta per andare al voto del Consiglio, che ribalta la legge vigente e dà il via libera alle trasformazioni di cinema e centri culturali chiusi da almeno 10 anni in spazi commerciali, lasciando solo come mera ipotesi il caso in cui “venga mantenuto  alla destinazione originaria – cioè a cinema e/o centro culturale – almeno il 30 per cento della superficie lorda esistente“, che permette di ottenere un incremento della superficie esistente (1). Ma la proposta riguarda anche le sale ancora in esercizio, che potranno trasformare il 50% e oltre della propria superficie in spazi di somministrazione, attività commerciali, palestre e quant’altro (2)

Alla fine, però, le voci di protagonisti del cinema e della cultura si sono levate, per lanciare un appello (in calce) e dichiararsi “pronti a intervenire per riacquistare e riqualificare le sale cinematografiche, restituendole alla loro funzione originaria e promuovendo una rinnovata partecipazione del pubblico“, appello che ha già ottenuto una tempestiva risposta del Presidente Rocca che si è detto pronto ad incontrarli (3).

Ci auguriamo che, anche grazie a questa mobilitazione del mondo del cinema, che si aggiunge a quella di Carteinregola e di altre realtà come ARCI, l’eco mediatico si estenda a molti altri interventi contenuti nella proposta di legge regionale che possono avere effetti altrettanto impattanti sul patrimonio collettivo e sulla qualità della vita dei cittadini. (AMBM)

Post scriptum: intanto da qualche giorno sono spariti dalle porte del Cinema Metropolitan i cartelli che attaccavano la Regione Lazio (sotto)

L’APPELLO

Cinema di Roma abbandonati e in vendita, attori, registi e produttori firmano un appello per salvarli:

 “Noi, operatori del settore cinematografico e culturale, esprimiamo la nostra ferma opposizione all’acquisizione indiscriminata delle sale cinematografiche da parte di gruppi internazionali il cui unico obiettivo è la riconversione di questi spazi in strutture commerciali, cancellando di fatto il loro valore storico e culturale.

Le sale cinematografiche non sono semplici immobili, ma presidi culturali fondamentali per la nostra identità e per la diffusione dell’arte cinematografica. La loro chiusura o trasformazione in centri commerciali rappresenta una perdita irreparabile per il patrimonio culturale italiano e per il pubblico, che rischia di essere privato di luoghi di aggregazione e di fruizione del cinema nella sua forma più autentica.

Come operatori del settore, siamo pronti a intervenire per riacquistare e riqualificare le sale cinematografiche, restituendole alla loro funzione originaria e promuovendo una rinnovata partecipazione del pubblico. Chiediamo dunque con forza che le istituzioni competenti pongano un freno a questo sciacallaggio immobiliare e adottino misure concrete per salvaguardare il patrimonio cinematografico nazionale.

È necessario agire con urgenza per impedire la definitiva scomparsa di spazi dedicati al cinema e alla cultura, difendendo la nostra storia e il diritto delle future generazioni a poter vivere l’esperienza cinematografica in luoghi pensati e destinati a questo scopo.

Marco Bellocchio, Paolo Sorrentino, Matteo Garrone, Mario Martone, Paola Cortellesi, Pierfrancesco Favino, Francesco De Gregori, Pietro Valsecchi, Anna Ferzetti

(Blog del Fatto quotidiano 19 gennaio 2025)

Così, grazie alla Regione Lazio, i vecchi cinema di Roma si trasformeranno in centri commerciali

di Anna Maria Bianchi

Davanti a tutta questa gente non sono più capace di parlare. Voglio soltanto chiedervi: aiutateci. Noi che lavoriamo per voi è a voi che chiediamo aiuto. Questi anni del dopoguerra sono stati per il cinema italiano anni di fatiche, di sofferenze per far rinascere prima e far affermare poi nel mondo i nostri film. Perché questo sforzo non sia stato vano, aiutateci, aiutateci, aiutateci!”. Le parole di Anna Magnani risuonano nella Piazza del Popolo, davanti a una folla di 12 mila persone accorse al comizio in difesa del Cinema italiano. E’ il 20 febbraio 1949, accanto a lei sul palco ci sono De Sica, Blasetti, Cervi.

Oggi, a pochi metri dalla piazza, in Via del Corso, da 15 anni ci sono le porte sbarrate del Cinema Metropolitan. In questi settant’anni i film si sono progressivamente ritirati dalle sale, trovando altre forme, altri canali, un altro pubblico. Ma i cinema sono luoghi di cultura che possono trovare nuova vita, con nuovi spazi di incontro e di condivisione di storie e di emozioni. Come il Cinema Troisi, rinato grazie all’impegno dei ragazzi del Cinema America.

Invece i proprietari dell’ex Metropolitan volevano trasformarlo in uno “spazio commerciale unitario non alimentare” di 1800 mq, con 51,30 mq di uffici e una residua sala cinematografica di 318 mq al piano interrato, ma per realizzarlo era necessaria una variante urbanistica con un accordo di programma, visto che il Piano Regolatore di Roma non consente il cambio di destinazione da sala cinematografica a struttura commerciale per circa il 90% della superficie esistente. Dopo un cambio di proprietà e qualche modifica del progetto, nel 2022 l’accordo di programma era arrivato a un passo dall’approvazione, ma l’operazione era stata fermata dalla Regione Lazio perché in contrasto con una legge regionale nel frattempo approvata e tuttora vigente, che prevede che “All’interno degli edifici destinati a teatri, sale cinematografiche e centri culturali polifunzionali… è consentito l’esercizio di attività commerciali, artigianali e di servizi, fino ad un massimo del 30 per cento della superficie complessiva, purché tali attività siano svolte unitamente all’attività prevalente…”.

Così sulle porte dell’ex cinema sono apparsi i cartelli “Dopo 12 anni di burocrazia la Regione Lazio non approva l’Accordo di Programma rinunciando a 7 milioni di euro di investimenti per la città, 60 posti di lavoro, tre cinema riaperti, un negozio di elevato standard qualitativo” e la proprietà ha fatto ricorso al Tar del Lazio, che si è espresso poche settimane fa.

Il Tribunale Amministrativo ha bocciato le tesi della società e confermato la correttezza e la ragionevolezza della legge regionale “dedicata al sostegno del cinema e dell’audiovisivo nel Lazio” che “lungi dal precludere in via perentoria ed assoluta qualsiasi riconversione commerciale delle sale cinematografiche in disuso si limita soltanto a fissare dei limiti quantitativi a tale riconversione, realizzando quindi un equo contemperamento tra libertà di iniziativa economica e tutela di valori socio-culturali”.

Ma la sentenza è destinata purtroppo ad essere azzerata da una nuova legge regionale della Giunta Rocca che presto approderà al voto del Consiglio, “Semplificazioni e misure incentivanti il governo del territorio”, che tra le varie modifiche interviene anche sulle regole introdotte dalla precedente maggioranza per i teatri, le sale cinematografiche e i centri culturali polifunzionali, snaturandole e cancellandole, addirittura capovolgendole.

Così per i cinema chiusi da almeno 10 anni (o dopo 15 anni di chiusura continuativa se chiusi successivamente all’entrata in vigore della legge), si consentiranno interventi di ristrutturazione edilizia o di demolizione e ricostruzione “per l’introduzione di cambi di destinazione d’uso finalizzati alla completa – completa! – riconversione funzionale, verso le destinazioni consentite dalle norme dello strumento urbanistico comunale”, lasciando solo come mera ipotesi il caso in cui “venga mantenuto alla destinazione originaria – cioè a cinema e/o centro culturale – almeno il 30 per cento della superficie lorda esistente” che comporta un incremento di superficie.

Quindi mentre oggi si dà la possibilità ai proprietari dei cinema e affini di rilanciare le attività culturali con ristrutturazioni che ne permettono un ampliamento e l’inserimento di attività commerciali limitate al 30% della superficie, proprio per evitare operazioni speculative, se sarà approvata la legge si consentirà di trasformare i cinema e i centri polivalenti già chiusi in tutt’altro, premiando con cubature extra chi deciderà di mantenere almeno il 30% della destinazione culturale.

Ma la Proposta si occupa anche dei cinema e dei teatri ancora in attività, consentendo, “per la ristrutturazione e l’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale” o “per realizzare nuove sale e nuovi centri culturali polifunzionali”, la “rifunzionalizzazione”, che permette, insieme agli spazi culturali, “di destinare fino al 50 per cento della superficie di progetto ad attività commerciali, quali bar, ristoranti, tavole calde, sale da thè, librerie, palestre ed attività ad esse assimilabili”, attività che per la legge oggi vigente devono rientrare nel 35% della superficie. Anzi, “previa sottoscrizione di accordo di programma”, si può arrivare a “una superficie superiore al 50 per cento”.

Così la Capitale e paesi e città del Lazio vedranno un’ulteriore trasformazione di pezzi del patrimonio collettivo in templi del commercio e i centri storici in supermercati per turisti. Pezzi di memoria storica e luoghi di vita e di cultura saranno cancellati per sempre. E questa volta non si leveranno le voci di Anna Magnani, Vittorio De Sica e dei tanti grandi del cinema italiano.

NOTA: la PL 171 è stata modificata da emendamenti della Commissione Urbanistica, che non sappiamo se riguardino anche le norme sulle sale cinematografiche poichè il nuovo testo non è stato ancora pubblicato

NOTE

(1) VEDI La proposta di legge regionale che trasforma i cinema in centri commerciali 25 AGOSTO 2924

scarica PROPOSTA DI LEGGE N. 171 del 9 agosto 2024 SEMPLIFICAZIONI E MISURE INCENTVANTI IL GOVERNO DEL TERRITORIO ADOTTATA DALLA GIUNTA REGIONALE CON DELIBERAZIONE N. 668 DELL’8 AGOSTO 2024

(2) Riguardo i cinema e i teatri ancora in attività,  “per la ristrutturazione e l’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale”  o “per  realizzare nuove sale per l’esercizio cinematografico e per i teatri e nuovi centri culturali polifunzionali”,  si consente  “in tutte le zone di piano regolatore generale, gli interventi diretti” e la “rifunzionalizzazione”, che insieme alla realizzazione di “un complesso di sale cinematografiche, teatri, cineteche, biblioteche, musei, sale per concerti, sale per conferenze, spettacoli e mostre d’arte”permette “di destinare fino al 50 per cento della superficie di progetto ad attività commerciali, quali bar, ristoranti, tavole calde, sale da thè, librerie, palestre ed attività ad esse assimilabili“, attività che per la legge oggi vigente devono rientrare  nel 35% della superficie. Anzi, “previa sottoscrizione di accordo di programma”, si può arrivare a  “una superficie superiore al 50 per cento.

(3) ANSA 1 FEBBRAIO 2025 Rocca, appello per cinema? Pronto a incontrare artisti ‘La mia linea è l’ascolto, testi sempre migliorabili’