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Copyright: vincono i produttori, sconfitte le piattaforme

diritto autore UE 12 9 2018La riforma Copyright UE è una proposta di legge approvata in prima istanza alla Commissione  giuridica UE (JURI)  il 20 giugno scorso e  poi  approvata il 12 settembre 2018. La riforma  ha il fine di garantire la tutela del diritto d’autore,  tuttavia contiene due articoli,  l’11 e il 13,  che secondo molti costituiscono una  seria minaccia alla libera cirolazione delle informazioni on line. Pubblichiamo gli articoli, il testo della riforma e un articolo di lavoce.info di Riccardo Puglisi (da Eddyburg)

Articolo 11
Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale

1.Gli Stati membri riconoscono agli editori di giornali i diritti di cui all’articolo 2 e all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29/CE per l’utilizzo digitale delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico.

2.I diritti di cui al paragrafo 1 non modificano e non pregiudicano in alcun modo quelli previsti dal diritto dell’Unione per gli autori e gli altri titolari di diritti relativamente ad opere e altro materiale inclusi in una pubblicazione di carattere giornalistico. Essi non possono essere invocati contro tali autori e altri titolari di diritti e, in particolare, non possono privarli del diritto di sfruttare le loro opere e altro materiale in modo indipendente dalla pubblicazione di carattere giornalistico in cui sono inclusi.

3.Gli articoli da 5 a 8 della direttiva 2001/29/CE e la direttiva 2012/28/UE si applicano, mutatis mutandis, ai diritti di cui al paragrafo 1.

4.I diritti di cui al paragrafo 1 scadono 20 anni dopo l’uscita della pubblicazione di carattere giornalistico. Tale termine è calcolato a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data di pubblicazione.

Articolo 13
Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti

  1. I prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno pubblico accesso a grandi quantità di opere o altro materiale caricati dagli utenti adottano, in collaborazione con i titolari dei diritti, misure miranti a garantire il funzionamento degli accordi con essi conclusi per l’uso delle loro opere o altro materiale ovvero volte ad impedire che talune opere o altro materiale identificati dai titolari dei diritti mediante la collaborazione con gli stessi prestatori siano messi a disposizione sui loro servizi. Tali misure, quali l’uso di tecnologie efficaci per il riconoscimento dei contenuti, sono adeguate e proporzionate. I prestatori di servizi forniscono ai titolari dei diritti informazioni adeguate sul funzionamento e l’attivazione delle misure e, se del caso, riferiscono adeguatamente sul riconoscimento e l’utilizzo delle opere e altro materiale.
  2. Gli Stati membri provvedono a che i prestatori di servizi di cui al paragrafo 1 istituiscano meccanismi di reclamo e ricorso da mettere a disposizione degli utenti in caso di controversie in merito all’applicazione delle misure di cui al paragrafo 1.
  3. Gli Stati membri facilitano, se del caso, la collaborazione tra i prestatori di servizi della società dell’informazione e i titolari dei diritti tramite dialoghi fra i portatori di interessi, al fine di definire le migliori prassi, ad esempio l’uso di tecnologie adeguate e proporzionate per il riconoscimento dei contenuti, tenendo conto tra l’altro della natura dei servizi, della disponibilità delle tecnologie e della loro efficacia alla luce degli sviluppi tecnologici.

scarica Direttiva del Parlamento Europeo sul diritto d’autore nel mercato unico digitale dititto autore UE 12 9 2018 CELEX_52016PC0593_IT_TXT

Copyright: vincono i produttori, sconfitte le piattaforme

di Riccardo Puglisi

(da Eddyburg) lavoce.info, 14 settembre 2018. Il Parlamento europeo ha  approvato la nuova direttiva sul copyright. Tra maggiori tutele per i produttori di contenuti e rischio di censura, ora spetta ai singoli stati recepire e applicare la nomativa. (m.p.r.)

La tutela dei diritti di proprietà, anche intellettuale

Molto probabilmente esiste un larghissimo accordo intorno all’importanza dei diritti di proprietà per il buon funzionamento di un’economia di mercato, pur in presenza di un settore pubblico di dimensioni relative ampie. Secondo un vasto novero di scienziati sociali, che va dai giuristi ai filosofi, dagli scienziati politici agli economisti, la loro definizione e tutela rende più ordinata e vivibile la vita collettiva, anche se ciò può portare a una disuguaglianza notevole nella distribuzione di questi diritti. Gli economisti sono particolarmente interessati al modo in cui diritti di proprietà ben definiti inducano cittadini e imprese a investire di più, in modo tale da aumentare l’utilità e il rendimento che ricavano dai beni che ne sono oggetto: perché mai dovrei ristrutturare una casa se esiste un rischio elevato di essere espropriato oppure di essere deprivato del bene da parte del primo che passa?

La civiltà industriale si è col tempo sviluppata anche grazie alla definizione dei cosiddetti diritti di proprietà intellettuale, cioè sulle opere dell’ingegno umano (brevetti, software, design, marchi, diritto d’autore), fissando generalmente limiti temporali, cosicché, a un certo punto, le idee possano diventare patrimonio comune – e non privato – degli esseri umani. La tecnologia, nel nostro caso l’invenzione di internet insieme con il ruolo progressivamente più esteso dei social network, impone la necessità di pensare a come questi diritti di proprietà intellettuale – e in particolare i diritti d’autore – debbano essere tutelati in presenza di una possibilità di espandere (quasi) infinitamente i contenuti digitali: può accadere infatti che lo stesso filmato o la stessa notizia divenga virale e finisca per apparire su centinaia di migliaia di pagine internet.

Per qualche tempo è stata coltivata l’illusione che i meccanismi di trasmissione dei contenuti su internet potessero essere decentrati secondo un meccanismo apprezzabilmente “democratico”. Al contrario, la dominanza di pochi motori di ricerca e pochi social network ha fatto sì che la distribuzione dei contenuti sia invece prevalentemente avvenuta in maniera accentrata, secondo un meccanismo di finanziamento basato in larga parte sugli introiti pubblicitari ottenuti dalle grandi piattaforme. La lamentela dei produttori di contenuti è che le piattaforme hanno potuto sfruttare i contenuti senza pagare “il giusto prezzo”, che dipenderebbe per l’appunto da una remunerazione del diritto d’autore: ciò vale per giornali e produttori di notizie nei confronti dei siti che aggregano le notizie, come Google News, e per i produttori di video e brani musicali che compaiono su YouTube e social network come Facebook e Twitter.

Due articoli per i produttori di contenuti

Ebbene, questa settimana il Parlamento europeo in seduta plenaria ha approvato a larga maggioranza una direttiva sul copyright digitale che – negli articoli 11 e 13 – sposta il bilanciamento della tutela del diritto d’autore nella sfera digitale a favore dei produttori di contenuti e a svantaggio delle grandi piattaforme. L’articolo 11 in particolare si focalizza sull’estensione del diritto d’autore per gli editori e in generale i produttori di notizie rispetto agli “information society service providers”, cioè le piattaforme che ospitano link e riassunti delle notizie. Naturalmente, le grandi piattaforme – da Google a Facebook, a Twitter – hanno rimarcato come l’aggregazione di contenuti da parte loro aumenti di molto il numero di utenti che vengono smistati dalle piattaforme stesse agli articoli originali, così da aiutare i produttori a ottenere ricavi, pubblicitari e non. La replica degli editori è che – nel caso delle notizie – il riassunto della notizia stessa è la notizia, cosicché la piattaforma finirebbe per cannibalizzare i siti originali senza un’adeguata compensazione.

Nel caso invece dell’articolo 13, il riferimento è ai contenuti audio e video, per i quali è necessario che le piattaforme verifichino l’identità di chi detiene il diritto d’autore e – grazie a tecnologia adeguata – siano in grado di rimuoverli sotto richiesta di chi detiene i diritti originali. I detrattori della norma lamentano il rischio di censura, nella misura in cui ogni riutilizzo creativo di contenuti, ad esempio nella forma di una parodia o di una replica, sia potenzialmente soggetto alle richieste di eliminazione dalla piattaforma da parte dei creatori dei contenuti originali.

Come al solito nelle faccende sociali, economiche e giuridiche, entrambe le parti coinvolte nella contesa hanno le loro ragioni da far valere attraverso attività di lobbying e di propaganda verso l’opinione pubblica. In attesa che il processo legislativo UE faccia il suo corso (è necessaria l’approvazione dei singoli stati perché la direttiva possa essere definitivamente applicata attraverso provvedimenti legislativi nazionali), si può rilevare come sia sensato che il pendolo della tutela dei diritti di proprietà e di utilizzo da parte di terzi si muova ora nella direzione favorevole ai primi, così da incentivare e finanziare la produzione di contenuti. Tuttavia, per rispondere alle forti critiche mosse dagli oppositori, è importante che il pendolo non si sposti eccessivamente nella direzione presa questa settimana, e in particolare che si eviti un utilizzo strumentale della nuova disciplina – specialmente dell’articolo 13 – per censurare contenuti sgraditi. Sotto questo profilo è opportuno rammentare che nulla vieta, anche nel nuovo contesto normativo, di produrre contenuti gratuiti per i quali nessuna disputa “sul giusto prezzo” può aprirsi, in quanto il produttore stesso ha deciso di facilitare la diffusione azzerando il proprio guadagno monetario diretto.

Articolo tratto dalla pagina qui raggiungibile

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Vedi anche Cosa prevede la riforma copyright su Guidafisco  https://www.guidafisco.it/riforma-copyright-ue-cos-e-cosa-prevede-cambia-articoli-11-13-2104

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