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Crisi climatica: la scienza e le soluzioni sono chiare ma il nostro sistema è in grave ritardo

Fridays for future torino 25 maggio 2019 (foto ambm)

Valigiablu 1 marzo 2022 di Antonio Scalari @tonyscalariantonio @valigiablu.it

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha pubblicato ieri il rapporto sugli impatti, l’adattamento e le vulnerabilità al cambiamento climatico. In questo nuovo documento, l’IPCC esamina le evidenze scientifiche sugli effetti che il riscaldamento globale sta causando sul pianeta. Il cambiamento climatico, afferma il rapporto, sta già determinando un insieme di perturbazioni «pericolose e diffuse» dei sistemi naturali, incidendo sulla vita di miliardi di persone. La temperatura del pianeta è aumentata di più di 1 grado rispetto all’era preindustriale. Gli scienziati avvertono che se il riscaldamento superasse 1.5 gradi, anche temporaneamente prima di ridursi, questo comporterebbe ulteriori rischi, alcuni dei quali irreversibili.

Gli effetti sono evidenti: aumento delle frequenza e dell’intensità dei fenomeni meteorologici estremi, siccità, ondate di calore, intensificazione degli incendi, inondazioni, innalzamento del livello degli oceani, fusione dei ghiacci, acidificazione degli oceani.

La crisi climatica colpisce le realtà umane e naturali, come elementi strettamente correlati. Hoesung Lee, presidente dell’IPCC, afferma che il rapporto riconosce l’interdipendenza tra il clima, gli ecosistemi, la biodiversità e le società umane. Questo è forse l’elemento più critico dell’analisi dell’IPCC. La crisi climatica, infatti, non è soltanto un problema ambientale, è anche un’enorme questione sociale. Espone le comunità umane a rischi per la salute pubblica, la sicurezza alimentare, le infrastrutture, l’economia. Per ridurre questi rischi dovremo adattarci. L’adattamento comprende un complesso di azioni che hanno l’obiettivo di anticipare gli impatti e diminuire le nostra vulnerabilità. Nelle città, ad esempio, che come ricorda l’IPCC sono dei punti caldi dove si concentrano diversi rischi, gli interventi di adattamento possono riguardare la gestione del verde pubblico e delle risorse idriche.

Come quello pubblicato nell’agosto del 2021, anche questo rapporto del’IPCC ci dice, in fondo, ciò che sapevamo già. Ma quello che dice viene descritto dagli esperti con un linguaggio sempre più drammatico, che riflette la condizione in cui ci troviamo e lo scenario verso cui siamo diretti, se non agiremo subito per evitarlo.

«La nostra atmosfera oggi è sotto steroidi, drogata con combustibili fossili. Questo sta già portando a eventi meteorologici estremi più forti, più lunghi e più intensi», dice Petteri Taalas, segretario della World Meteorological Organization. Secondo Hans Poertner, climatologo dell’Alfred Wegener Institute, «il cambiamento climatico ci fornisce già forti esempi di cosa potrebbe accadere se il sistema climatico fosse portato fuori dall’equilibrio degli ultimi 8000 anni, durante i quali è stata costruita la civiltà umana».

L’affermazione di Taalas ci riporta a quello che è il punto fondamentale della crisi climatica: la sua causa primaria, cioè le emissioni di gas serra prodotte dall’uso dei combustibili fossili. L’atmosfera della Terra è drogata dai combustibili fossili perché è il nostro sistema energetico ed economico a essere drogato. Questa condizione si chiama carbon lock-in. La dipendenza da fonti fossili perpetua uno stato di inerzia che blocca il sistema e ritarda il passaggio alle fonti energetiche alternative, anche se sono già da tempo disponibili. È una condizione insostenibile, sia dal punto di vista ambientale che economico. Per questo motivo, sebbene gli interventi di adattamento siano cruciali, la prima, necessaria, azione rimane l’abbandono dei combustibili fossili e l’azzeramento delle emissioni di gas serra.

Di fronte alla gravità della situazione la cosa peggiore che potremmo fare è lasciarci andare al fatalismo, alimentato anche dalla cattiva comprensione della scienza del riscaldamento globale. Non è vero che «non c’è più nulla da fare». Non è vero che siamo destinati a un inevitabile aumento della temperatura. Anche se alcuni impatti peggioreranno, sappiamo che la temperatura smetterà di aumentare nell’arco di pochi anni da quando le emissioni di CO (e altri gas serra) saranno arrivate a zero.

A quel punto, gli effetti del cambiamento climatico saranno più intensi di oggi perché la temperatura sarà nel frattempo aumentata. Alcuni effetti, come la fusione dei ghiacci e l’innalzamento del livello dei mari, proseguiranno, perché si verificano con un certo ritardo dopo l’aumento della temperatura. Ma la concentrazione atmosferica di CO si stabilizzerà. I sink del carbonio, ovvero i depositi naturali che sulla Terra assorbono la CO (le piante, il suolo, gli oceani) continuerebbero a fare il loro lavoro: assorbire CO₂. Il bilancio tra sorgenti e sink di CO tornerebbe così alla condizione di equilibrio, che noi esseri umani abbiamo spostato da quando, bruciando petrolio, carbone e gas, abbiamo iniziato a riversare nell’atmosfera il carbonio delle fonti fossili che era intrappolato nel sottosuolo. È vero che una quota della CO2 accumulata rimarrà in circolazione nell’atmosfera per migliaia di anni, ma una buona parte inizierà a essere riassorbita in tempi abbastanza rapidi. Inoltre, se nel frattempo le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio riuscissero a svilupparsi su larga scala (ad oggi questo sviluppo non si è ancora realizzato), potrebbero aggiungersi all’azione dei sink naturali e diminuire la concentrazione di CO2.

Tutto questo però non sarà possibile se continueremo a sfruttare i combustibili fossili. Non accadrà, se non ci liberiamo dalla nostra condizione di lock-in fossile. Tutto questo, quindi, non sarà possibile se non acceleriamo, subito, la transizione energetica.

La scienza e le soluzioni sono chiare. È il nostro sistema, politico, sociale ed economico, a essere in grave ritardo.

3 marzo 2022

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

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