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Il Manifesto del Forum DD per la transizione digitale

(dalla newsletter del Forum Disuguaglianze Diversità)

Disuguaglianze, ForumDD: “La transizione digitale è un’occasione per ridurle, ma la conoscenza deve essere libera. Ecco il nostro Manifesto”

Foto Forum DD 12 aprile 2023

Presentato a Roma il Manifesto “Liberare la conoscenza per ridurre le disuguaglianze” che ribadisce il forte impegno del Forum Disuguaglianze e Diversità nell’elaborazione e diffusione di proposte per orientare le transizioni digitale e tecnologica in senso democratico

“Montagne di dati, di informazioni e di conoscenza che anche grazie alla tecnologia digitale potremmo usare collettivamente per prendere decisioni migliori attraverso il confronto, sono invece controllate da pochissimi nel loro interesse, per creare monopoli, alterare le nostre preferenze e dare un velo di oggettività ad assunzioni o decisioni discriminatorie”. Fabrizio Barca, co-coordinatore del ForumDD, ha aperto così l’evento “Liberare la conoscenza per ridurre le disuguaglianze”, organizzato presso la Fondazione Basso di Roma. Sin dalla sua nascita il Forum ha messo al centro il tema di liberare la conoscenza, avanzando, diffondendo e battendosi per proposte concrete con l’obiettivo di porre all’attenzione della classe politica la necessità di una nuova stagione di politiche pubbliche per l’innovazione, uno sviluppo segnato da giustizia sociale e ambientale e la riduzione delle disuguaglianze. Oggi le ha rilanciate all’interno di un Manifesto, elaborato da ricercatori e ricercatrici che collaborano con il Forum.   Presentandolo, Barca ha ricordato che “l’esito della transizione digitale dipende da noi, non è insito nella tecnologia. Se la conoscenza sarà accessibile e diverrà l’alimento di un confronto acceso, aperto e ragionevole, allora potremo costruire un futuro più giusto. Se viceversa l’accesso alla conoscenza sarà sempre più privatizzato a vantaggio di pochi, non solo avremo meno e più cattivo lavoro, ma saranno erose le libertà sostanziali delle persone e la democrazia”. E’ seguita la presentazione delle proposte curate da alcuni membri del gruppo di lavoro sulla conoscenza del ForumDD.

“Il nostro studio mostra che i contribuenti attraverso i governi hanno sovvenzionato con un miliardo ognuno dei 9 vaccini contro il Covid 19 presi in esame. Quando gli stati investono a rischio più delle imprese, in questo caso 30 miliardi di Euro pubblici contro 16 di fondi privati, dovrebbero allora anche rivendicare la comproprietà della conoscenza e quindi negoziare condizioni di prezzo e distribuzione nel preminente interesse della giustizia sociale. In alternativa dovrebbero commissionare direttamente a imprese pubbliche o istituti no-profit la fornitura di beni pubblici come i vaccini e altri prodotti essenziali”, ha dichiarato Massimo Florio, docente presso l’Università di Milano, illustrando lo studio “Mapping of long-term public and private investments in the development of COVID-19 vaccines”, redatto su richiesta del Parlamento Europeo e presentato il 23 Marzo a Bruxelles. Florio ha ricordato la proposta del ForumDD di prevedere a livello europeo un’infrastruttura per vaccini e farmaci che, come il CERN o l’Agenzia Spaziale Europea, doti il continente di una politica pubblica per la salute che faccia l’interesse delle persone e non delle imprese private.   Hanno reagito alla presentazione dello studio sugli investimenti pubblico-privati per lo sviluppo dei vaccini contro il Covid-19, tre europarlamentari. Alessandra Moretti, (Partito Democratico), parlamentare europea, membro della Commissione Ambiente e Sanità e relatrice Gruppo S&D della Commissione sugli insegnamenti da trarre dalla pandemia, ha ricordato che occorre vincolare i contributi pubblici alle imprese a condizionalità stringenti e a una definizione condivisa dei prezzi che siano equi e compatibili con la sostenibilità della finanza pubblica. Marc Botenga, (Partito Del Lavoro Del Belgio), Parlamentare Europeo, anche lui Membro della commissione sugli insegnamenti da trarre dalla pandemia, ha messo l’accento sulla possibilità di cambiare rotta attraverso decisioni radicali come quelle che in altri momenti sono state assunte dalle Istituzioni europee. Per far sì che questo accada, è necessaria una mobilitazione della società civile per invertire i rapporti di forza all’interno degli organi politici comunitari e dare voce e sostegno a proposte come quella di creare un’infrastruttura pubblica europea per la ricerca e lo sviluppo di vaccini e farmaci. Infine, Patrizia Toia, (Partito Democratico) Parlamentare Europea, Vicepresidente Commissione Industria, Ricerca, Energia (ITRE), che ha contribuito a promuovere e presentare nell’ambito dello STOA – Science and Technology Assessment Panel del Parlamento Europeo la proposta di creare un’infrastruttura pubblica europea per vaccini e farmaci, ha ribadito il suo pieno sostegno alla stessa, la cui innovazione sta nel pensare al prodotto e ai benefici della ricerca come bene comune. A seguire, sono intervenuti altri membri del gruppo che hanno presentato in maggior dettaglio le proposte di policy elaborate a partire dalle rispettive linee di ricerca. Ugo Pagano (Università di Siena) si è concentrato su brevetti e proprietà intellettuale: “Al WTO si continua a rimandare l’estensione della moratoria dei brevetti agli strumenti diagnostici per il covid nonostante il parere favorevole della commissione interministeriale. Particolarmente deludente è la posizione dilatoria dell’Europa. E’ urgente ampliare il ruolo della scienza aperta liberando la conoscenza da una sua ormai soffocante privatizzazione imponendo investimenti minimi in ricerca pubblica come condizione per partecipare in modo non opportunistico al commercio internazionale”, ha dichiarato. “Occorre inoltre istituire una authority internazionale che possa rapidamente espropriare conoscenze private che impediscono il raggiungimento di obiettivi pubblici o di ulteriore avanzamento della ricerca”.   Fulvio Esposito (Università di Camerino), ha ricordato il lavoro del ForumDD sull’impatto sociale delle Università: “Gli sviluppi dell’intelligenza artificiale, autentica macchina a vapore della rivoluzione tecnologica contemporanea, il cui carburante non è il carbone, ma l’accesso e l’utilizzo dei dati, rischiano non solo di far prevalere, ma di rendere irreversibile uno scenario di concentrazione della conoscenza e di esacerbazione delle disuguaglianze. In questo contesto, le università, produttrici e serbatoi di conoscenza e di dati, possono e devono esercitare un ruolo centrale per un uso democratico della conoscenza”. Poi si è parlato di politica industriale e di transizione ecologica: “L’Italia è stata molto attiva nelle innovazioni tecnologiche legate alla mitigazione e all’adattamento al cambiamento climatico, seppur con profonde disparità regionali”, ha ricordato Angelica Sbardella (Centro Ricerche Enrico Fermi), autrice di uno studio che introduce un indicatore che misura la competitività tecnologica verde. “Sebbene mostri quote non elevate di brevetti verdi rispetto alla Germania e alla Francia, l’Italia si specializza in tecnologie molto complesse e si posiziona in modo continuo tra le prime cinque nazioni europee più competitive. Le regioni italiane hanno diversi vantaggi competitivi nelle tecnologie che potrebbero avere un ruolo cruciale per la transizione verde. L’emergenza climatica potrebbe essere l’ultima opportunità per rilanciare una crescita sostenibile dell’economia italiana. Perché accada, le imprese devono tuttavia essere affiancate da una nuova stagione di interventi statali”.   Infine Giulio De Petra (Centro per la Riforma dello Stato) ha parlato dell’uso di dati digitali e della necessità di restituirli alle comunità e ai territori per finalità sociali: “L’addestramento dei sistemi di AI applicati al linguaggio è il più recente esempio di come l’enorme quantità di dati generata dalla transizione digitale sia oggi utilizzata quasi esclusivamente dalle grandi aziende tecnologiche. Per restituire questa straordinaria risorsa anche alle comunità e ai territori che l’hanno prodotta è possibile, partendo dalle pratiche esistenti, realizzare infrastrutture che utilizzino i dati pubblici e privati per conseguire utilità sociali. Ad esempio per sostenere processi deliberativi finalizzati al governo locale o per rafforzare l’azione di contrasto delle disuguaglianze. Chiedendo al Garante dei Dati Personali di autorizzare l’accesso ai dati dei privati per fini di pubblico interesse”.

Liberare la conoscenza per ridurre le disuguaglianze

SCARICA IL MANIFESTO

Le profonde trasformazioni indotte nella società contemporanea dalla quarta rivoluzione industriale, in particolare quelle che aumentano esponenzialmente le capacità di estrazione, raccolta ed elaborazione dei dati (big data, super calcolo, intelligenza artificiale), ci pongono una sfida cruciale in termini di giustizia sociale e democrazia. Una sfida il cui esito dipende dal modo in cui governeremo la diffusione e l’uso della conoscenza nella transizione digitale: da un lato, può essere l’occasione per un miglioramento diffuso delle condizioni materiali e sociali delle persone; dall’altro, essa può condurre ad una concentrazione monopolistica della conoscenza e del controllo dei dati senza precedenti, con un grave peggioramento delle disuguaglianze. La biforcazione che abbiamo davanti tra un uso democratico o autoritario della conoscenza è dovuta alla sua natura non rivale: ad essa potremmo attingere tutti contemporaneamente, senza che il beneficio per l’uno comporti la rinuncia di altri; se però l’accesso al sapere viene privatizzato a vantaggio di una minoranza, ecco che questa nuova rivoluzione industriale rischia di erodere la democrazia, ridurre la libertà sostanziale delle persone, distruggere posti di lavoro senza crearne di nuovi e con maggiore qualità, aumentare la polarizzazione della società tra chi ha sempre di più (risorse, sapere, potere…) e chi sempre di meno.

Nello scenario attuale, con ideologie che oscillano tra nazionalismo e neoliberismo, questa seconda possibilità è quanto mai reale, dal momento che la transizione digitale procede largamente al di fuori di qualunque meccanismo di controllo e di presidio democratico. Le crescenti disuguaglianze sono oggetto di discussione pubblica e punti programmatici dei partiti politici; assai di rado, però, se ne analizzano le interconnessioni con la rivoluzione digitale e – più in generale – con le dimensioni socio-economiche della conoscenza. Come questa si formi, si diffonda, e chi sia a beneficiarne raramente è materia di dibattito politico e tantomeno di messa in discussione delle tendenze in atto.

Eppure, quanto la produzione e la diffusione della conoscenza sia legata alle nostre vite dovrebbe essere ormai chiaro. Pensiamo alla pandemia. Durante quel periodo, abbiamo constatato alcuni degli effetti perversi dell’attuale concentrazione monopolistica della conoscenza: abbiamo visto come questa ha impattato su prezzi ed accessibilità di beni essenziali come i vaccini e sulla sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali. Abbiamo anche assistito ad un uso della tecnologia a scopi geopolitici, in un contesto di disordine internazionale e di interdipendenza perversa fra Stati e piattaforme digitali. Infine, sono sempre più numerosi i segnali di una spirale di insicurezza e investimenti militari, favorita dall’esistenza di “brevetti segreti” in campo militare. L’Unione Europea in questo scenario ha una posizione controversa: da un lato, si mostra sensibile alla tutela degli individui dall’abuso dei dati personali e prefigura forme di uso concertato e di altruismo dei dati che sono alternative ai modelli corporate USA e statalista cinese; dall’altro, resta succube di logiche di monopolizzazione della conoscenza estranee a ogni utilità sociale, come è apparso chiaramente con la ferma opposizione all’accesso aperto alle tecnologie dei vaccini. L’Italia, che con il suo assetto economico e sociale fatto di imprenditoria e socialità diffuse, potrebbe trarre particolari benefici da un utilizzo democratico della conoscenza, è invece gravata dal rifiuto di ogni intervento di politica industriale.

Questi tratti evidenziano il concretizzarsi del rischio di un uso autoritario della conoscenza – peggiorativo in termini di disuguaglianze socio-economiche – e comportano notevoli pericoli per la pace e la democrazia, esacerbati da una montante dinamica autoritaria che coinvolge anche la transizione digitale.

Il Forum Disuguaglianze e Diversità si occupa sin dalla nascita di questi temi, una comunità di lavoro che raccoglie ricercatrici e ricercatori impegnati su diversi aspetti socio-economici della conoscenza, in dialogo continuo con i saperi di chi sta sul campo. Comune a tutti noi è l’obiettivo di orientare le transizioni digitale e tecnologica in senso democratico, cioè verso modalità di organizzazione, accesso e utilizzo dei dati e della conoscenza che consentano a individui ed organizzazioni sociali di perseguire le proprie aspirazioni, di confrontarsi in modo informato e di esprimere la propria capacità creativa, imprenditoriale e solidale; modalità che contrastino la saldatura tra autoritarismo delle grandi imprese e autoritarismo statuale nell’uso dei dati, in una logica di nazionalismi contrapposti, molto pericolosa nei suoi risvolti geopolitico-militari.

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

17 aprile 2023

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