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No all’autonomia differenziata: la lettera dei comitati No AD al Sindaco Gualtieri

Il 18 gennaio 2023 Carteinregola ha inviato al Gabinetto del Sindaco Gualtieri, alla Giunta, alla Presidente Celli e ai Consiglieri capitolini la lettera aperta che il Tavolo nazionale per il NO all’Autonomia Differenziata ha inviato a tutti i Sindaci italiani con la richiesta di prendere posizione con la richiesta al Governo di fermare l’intero processo, e di avviare un dibattito pubblico nei rispettivi territori. Richiesta che rinnoviamo con forza, ora che l’Autonomia ha avuto una nuova accelerazione (AMBM)

All’attenzione del Sindaco/a, della Giunta, del Presidente del Consiglio e dei consiglieri comunali

E’ finalmente arrivata alla conoscenza e alla discussione pubblica l’Autonomia regionale differenziata: la facoltà per le regioni a statuto ordinario di chiedere “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, arrivando anche a 23 materie (c. 3 art 116 Cost.); progetto che porterebbe alla disgregazione dell’unità della repubblica e all’approfondimento delle diseguaglianze.

Il progetto si sta ora ampiamente consolidando: dopo aver depositato il 29 dicembre, a Palazzo Chigi, lo Schema di Disegno di legge Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario,il ministro Calderoli cercherà di fare pressioni per portarlo in Consiglio dei ministri al più presto. L’autonomia differenziata sembra essere già partita e con la legge di Bilancio 2023 ci sono le regole e i soldi (commi 791-805).

Il Parlamento verrebbe completamente esautorato. I livelli essenziali dei diritti sociali e civili saranno definiti dal governo con il supporto di organi tecnici, mentre il Parlamento sarà chiamato solo a dare un parere. Ė possibile che a definire questi livelli siano organi esecutivi e tecnici? Non è di competenza del Parlamento decidere sui diritti fondamentali? E non devono i Comuni, gli enti chiamati a gestire molti dei servizi sociali essere parte attiva nella determinazione dei LEP? Non devono essere i/le cittadini/e chiamati/e a esprimere le loro valutazioni sui servizi sociali e dunque sui livelli essenziali dei diritti fondamentali? E le associazioni, i sindacati, gli enti del Terzo Settore non devono avere voce in capitolo nella definizione dei livelli delle prestazioni? Da una Repubblica parlamentare, nella quale i Comuni sono un presidio democratico e di partecipazione, si passerebbe ad una Repubblica fondata sugli accordi tra governo e Regioni.

Per tali ragioni, ci appelliamo a voi, che rappresentate un’istituzione che verrebbe colpita dall’Autonomia differenziata, affinché prendiate posizione con la richiesta al Governo di fermare l’intero processo, per avviare un dibattito pubblico nel vostro territorio, trasparente, basato sui dati reali della spesa del settore pubblico allargato. Sarebbe per noi prezioso l’invio da parte vostra di contributi, dati e informazioni sulle iniziative future che intraprenderete e restiamo a disposizione per qualunque confronto.

  Saremmo inoltre lieti/e di poterLa incontrare anche on line per discutere sul tema. In allegato, il nostroappello.

In attesa di un cortese riscontro, porgiamo un cordiale saluto.

Tavolo nazionale per il NO all’Autonomia Differenziata

18 gennaio 2023

Lettera Aperta ai sindaci di tutti i Comuni della Repubblica

Egregi sindaci,
già dal 2018 sono stati avviati percorsi per l’attuazione dell’Autonomia
differenziata, ai sensi del comma 3° dell’art. 116 della Costituzione come
revisionato nel 2001. In questi quattro anni vi sono stati diversi tentativi
per arrivare alle Intese con le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, che il 28 febbraio 2018 avevano siglato pre-intese sull’Autonomia differenziata con il governo Gentiloni. Se attuate, tutte le ipotesi circolate avrebbero aumentato le diseguaglianze, con l’abbandono di intere aree, la lesione dei diritti sociali e democratici, la competizione di una Regione con le altre e quindi, in prospettiva, con conseguenze gravi per l’unità della Repubblica. La pandemia, con i suoi tragici esiti e con la lezione sui danni portati dalla prima regionalizzazione della sanità, e la guerra in Ucraina, che, aggravando la crisi economica, accentua disuguaglianze sociali e territoriali, avrebbero dovuto indurre un ripensamento sull’idea stessa di Autonomia differenziata.

Difficilmente, in questo contesto, si sarebbe potuta immaginare un’accelerazione come quella portata avanti dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie del Governo Meloni, Roberto Calderoli, con lo schema di disegno di legge presentato al Consiglio dei Ministri, che poggia sulle misure previste dai commi 791-805 dell’art. 1 della legge di Bilancio, per la determinazione dei LEP, i livelli di prestazione essenziali dei diritti sociali e civili. Il ministro Calderoli mira ad ottenere l’approvazione del disegno di legge e della determinazione dei LEP entro il 2023.

La legge di Bilancio prevede che a determinare i LEP sia una Cabina di
regia,
presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri e costituita
da Ministri competenti nelle materie di loro competenza. Nell’ipotesi in cui la Cabina di regia non riesca a concludere le proprie attività nei termini stabiliti, l’articolo prevede, altresì, la nomina di un Commissario entro i 30
giorni successivi alla scadenza del termine di dodici mesi, per il
completamento delle attività non perfezionate. La Camera ha rafforzato, poi, il ruolo della Ragioneria generale come organo tecnico. Tutto ciò “nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e in coerenza con i relativi obiettivi
programmati”
, ovvero a saldi di bilancio invariati che non consentono un
riequilibrio tra le zone ricche e le zone povere del Paese. Così, i livelli
essenziali dei diritti sociali e civili saranno definiti dal governo con il
supporto di organi tecnici, mentre il Parlamento sarà chiamato solo a dare un parere. Ė possibile che a definire i livelli dei diritti fondamentali siano
organi esecutivi e tecnici? Non è di competenza del Parlamento decidere sui
diritti fondamentali? E non devono i Comuni, gli enti chiamati a gestire molti dei servizi sociali per garantire la fruizione dei diritti fondamentali, essere parte attiva nella determinazione dei LEP? Non devono essere i/le cittadini/e chiamati/e a esprimere le loro valutazioni sui servizi sociali e dunque sui livelli essenziali dei diritti fondamentali? E le associazioni, i sindacati, gli enti del Terzo Settore non devono avere voce in capitolo nella definizione dei livelli delle prestazioni?

Da una Repubblica parlamentare, nella quale i Comuni sono un presidio
democratico e di partecipazione, si passerebbe ad una Repubblica fondata sugli accordi tra governo e Regioni, una Repubblica priva della dialettica democratica delineata nell’art. ti della Costituzione.

Secondo la Svimez (1) (Associazione per lo SViluppo dell’Industria nel
MEZzogiorno), al netto degli interessi, in termini di spesa pubblica annua
pro-capite del Settore Pubblico Allargato, secondo gli ultimi dati disponibili
del 2018, un cittadino del Centro-Nord riceve 17.621 Euro, un cittadino
meridionale riceve 13.613 Euro. La differenza è 4.008 Euro. Se i diritti di cittadinanza dei meridionali valessero quanto i diritti di cittadinanza dei settentrionali, lo Stato dovrebbe spendere nel Sud quasi 83 miliardi in più ogni anno per i 20,697 milioni di cittadini meridionali. Qualora passasse la proposta estrema del Presidente del Veneto Zaia, di trattenere il 90% delle tasse e dei tributi delle regioni a Statuto Ordinario nei loro rispettivi territori, secondo la Rivista Economica del Mezzogiorno, su 751 miliardi di bilancio annuale dello Stato ne verrebbero a mancare 190,5 (2). Quei 190,5 miliardi uscirebbero dal bilancio dello Stato nazionale ed entrerebbero nel bilancio di Veneto (41,2 miliardi), Lombardia (106,3 miliardi) ed Emilia Romagna (43 miliardi). A saldi invariati il suddetto divario di 4.008 euro tra la spesa pubblica pro-capite annua del Centro-Nord e quella del Sud si aggraverebbe ulteriormente e la presenza dello Stato al Sud arretrerebbe drasticamente. Qualora non volesse ampliare l’attuale divario territoriale, lo Stato dovrebbe aumentare il proprio deficit di 190 miliardi all’anno. C’è evidentemente una questione di costi: l’Autonomia differenziata potrebbe tradursi, nel primo caso, in una moltiplicazione – inevitabilmente costosa – di apparati burocratici (vedi i rilievi della Corte dei Conti) con una conseguente proliferazione legislativa, nel secondo caso, in una grave riduzione del bilancio dello Stato centrale. Anche l’ipotesi emiliana di trattenere “solo” il 60% delle tasse e dei tributi delle regioni a Statuto Ordinario nei loro rispettivi territori creerebbe comunque un ammanco nel bilancio dello Stato di 12ti miliardi.

La prof.ssa Giovanna Di Minico, sul Sole 24 Ore del 6 gennaio 2023,
ha denunciato l’illegittimità costituzionale della proposta Calderoli perché
parcellizza la fruizione dei diritti sociali e civili secondo la residenza e
perché viola l’articolo ti della Costituzione, posto a presidio dell’unità
della Repubblica.

Già, il sindaco di Bologna, Lepore, aveva giustamente sollevato il velo di
demagogia creato attorno all’Autonomia differenziata, denunciandone i rischi.
Così il sindaco di Napoli Manfredi che aveva chiesto al governo Draghi di
fermarsi. Ė stata inviata una lettera al Presidente della Repubblica, firmata
ad oggi da 170 sindaci, per fermare il disegno di legge Calderoli, ponendo come prioritaria la questione del riequilibrio territoriale prima di mettere in moto i processi di Autonomia differenziata, destinati ad approfondire i divari non solo tra Nord e Sud, ma entro le stesse Regioni che chiedono l’Autonomia differenziata. Inoltre la definizione dei LEP affidata ad organi tecnico-esecutivi, con il vincolo di non aumentare sostanzialmente le risorse finanziarie per i servizi necessari alla fruizione dei diritti, sta a significare che i cittadini e le cittadine di tutte le Regioni subiranno un peggioramento nell’erogazione dei servizi pubblici.

Secondo l’Istat (3), nel 2013, per gli asili nido, un bambino con meno di tre
anni, se residente nel comune di Reggio Calabria aveva 31 euro all’anno, se
residente nel comune di Bologna aveva 3400 euro. L’Autonomia differenziata aggraverebbe il divario nei diritti di cittadinanza. Con la diminuzione di risorse, si registrerebbe una conseguenza immediata nel rapporto tra famiglie e i comuni impoveriti. Infatti, i cittadini dovrebbero sostenere costi più elevati rispetto ai servizi a domanda individuale, tra cui la mensa scolastica, presupposto indispensabile per l’accesso alla scuola a tempo pieno, uno dei principali fattori di diseguaglianze. La sanità, già regionalizzata, ha prodotto negli anni profonde disuguaglianze che si riflettono, ad esempio, in tassi di mortalità infantile che variano tra un massimo di ti,6 bambini morti prematuramente (ogni 1000 nati vivi) a Cosenza, e un minimo di 0,4, su 1000 nati vivi di Pesaro-Urbino; la cosiddetta “mortalità evitabile” tocca il suo massimo a Napoli, con un tasso standardizzato di 21,4 (ogni 10.000 residenti), e, il suo minimo, pari a 13,3, a Trento (4).

Per tali ragioni, ci appelliamo a voi, che rappresentate un’istituzione
che verrebbe colpita dall’Autonomia differenziata, affinché prendiate posizione con la richiesta al Governo di fermare l’intero processo, per avviare un dibattito pubblico nel vostro territorio, un dibattito trasparente basato sui dati  reali della spesa del settore pubblico
allargato. Sarebbe per noi prezioso l’invio da parte vostra di contributi, dati e informazioni sulle iniziative future che intraprenderete e restiamo a disposizione per qualunque confronto (comitatinoad@gmail.com
).

Tavolo nazionale per il NO all’Autonomia differenziata, 9 gennaio 2022

Lettera aperta ai sindaci

1Svimez, “La contabilità tra territori come strumento di conoscenza, non
di rivendicazione
”, ottobre 2020.

2 A. Giannola, G. Stornaiuolo, “Un’analisi delle proposte avanzate sul federalismo differenziato”, in Rivista Economica del Mezzogiorno n.1-2 2018

3 https://www.istat.it/it/files//2016/11/asili-nido.pdf.
4 https://public.tableau.com/app/profile/istat.is5tuto.nazionale.di.sta5s5ca/viz/BES2022_territorio/

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