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Paesaggio bene comune, pensieri e parole

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La bellezza ci salverà; ma chi riuscirà a salvare la bellezza?” Salvatore Settis

(in progress)

Non tutti sono chiamati a lavorare in maniera diretta nella politica, ma in seno alla società fiorisce una innumerevole varietà di associazioni che intervengono a favore del bene comune, difendendo l’ambiente naturale e urbano. Per esempio, si preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una fontana, un monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza), per proteggere, risanare, migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o si recupe-rano legami e sorge un nuovo tessuto sociale locale. Così una comunità si libera dall’indifferenza consumistica. Questo vuol dire anche coltivare un’identità comune, una storia che si conserva e si trasmette. In tal modo ci si prende cura delmondo e della qualità della vita dei più poveri, con un senso di solidarietà che è allo stesso tempo consapevolezza di abitare una casa comune che Dio ci ha affidato. Queste azioni comunitarie, quando esprimono un amore che si dona, posso-no trasformarsi in intense esperienze spirituali. Laudato si’, l’Enciclica di Papa Francesco sulla cura della casa comune, 232. 24 maggio 2015

Con l’articolo 9 della Carta «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», l’arte del passato cambia infatti funzione: dopo secoli in cui ha legittimato il dominio dei sovrani degli antichi Stati, essa ora rappresenta visibilmente la sovranità dei cittadini, consacrata dall’articolo 1. Ma perché la Repubblica nascente si impegnava a profondere denaro ed energia nel tutelare cose che oggi a molti sembrano ornamenti superflui, oppure vacche da mungere? Perché una tradizione secolare suggeriva che proprio l’arte e il paesaggio fossero leve potenti per «rimuovere gli ostacoli … all’uguaglianza» e permettere il «pieno sviluppo della persona umana» (come vuole l’articolo 3). Mai come oggi possiamo misurare la forza di questa idea: in un mondo, in un Occidente e in un’Italia sempre più dilaniati da una disuguaglianza profonda, la proprietà collettiva del paesaggio e del patrimonio artistico è un potente fattore di equità morale e sociale.Il paesaggio e il patrimonio sono una proprietà collettiva il cui vero scopo è soddisfare ai diritti fondamentali delle persone. Sono, dunque, beni comuni che servono a realizzare il bene comune: che è la civilizzazione (questa bellissima parola che, per esempio in Francia, è un modo più consapevole per dire “cultura”). Tomaso Montanari Questione Giustizia 2/2017

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I danni al paesaggio ci colpiscono tutti, come individui e come collettività. Uccidono la memoria storica, feriscono la nostra salute fisica e mentale, offendono i diritti delle generazioni future. L’ambiente è devastato impunemente ogni giorno, il pubblico interesse calpestato per il profitto di pochi. Le leggi che dovrebbero proteggerci sono dominate da un paralizzante ‘fuoco amico’ fra poteri pubblici, dai conflitti di competenza fra Stato e Regioni. Ma in questo labirinto è necessario trovare la strada: perché l’apatia dei cittadini è la migliore alleata dei predatori senza scrupoli. È necessario un nuovo discorso sul paesaggio, che analizzi le radici etiche e giuridiche della tradizione italiana di tutela, ma anche le ragioni del suo logoramento. Per non farci sentire fuori luogo nello spazio in cui viviamo, ma capaci di reagire al saccheggio del territorio facendo mente locale. La qualità del paesaggio e dell’ambiente non è un lusso, è una necessità, è il miglior investimento sul nostro futuro. Non può essere svenduta a nessun prezzo. Contro la colpevole inerzia di troppi politici, è necessaria una forte azione popolare che rimetta sul tappeto il tema del bene comune come fondamento della democrazia, della libertà, della legalità, dell’uguaglianza. Per rivendicare la priorità del pubblico interesse, i legami di solidarietà che sono il cuore e il lievito della nostra Costituzione. (presentazione del libro di Salvatore Settis Paesaggio Costituzione cemento 2010 Einaudi

 

No, dunque, alla corsa esasperata alle costruzioni (di cui ci parla Isaia) o all’abusivismo, ai condoni; divoriamo il territorio e i dissesti idrogeologici che subiamo cronicamente sono la sanzione di questa avidità. No alla scomposizione tra paesaggio, ambiente e territorio come espressione dei conflitti di potere tra Stato, Regioni, Enti locali così come lo è la distinzione esasperata tra tutela e valorizzazione dei beni culturali invece di essere una soluzione unitaria in vista della loro fruizione. No alla devastazione del paesaggio come distruzione sia della memoria storica, sia del futuro, in vista del profitto e dell’interesse di pochi.
Sì a un paesaggio inteso non solo come valore estetico di bellezza, ma come valore etico in un contesto in cui viviamo coabitando con le altre creature, proprio per garantire la salvaguardia di quella bellezza che sarà la nostra salvezza.Giovanni Maria Flick  L’articolo 9 della Costituzione: dall’economia di cultura all’economia della cultura. Una testimonianza del passato, una risorsa per il futuro.

La circostanza che la zona sia prevalentemente urbanizzata, o addirittura già paesisticamente degradata, non fa venir meno la esigenza di evitare che una zona soggetta per legge a vincolo sia preservata da ulteriori interventi deturpanti. Il vincolo paesistico legale e la esigenza di tutela ad esso sottesa non vengono meno per il solo fatto che il vincolo è stato già in passato violato e la zona deturpata, imponendosi, al contrario, un maggiore rigore per il futuro, onde prevenire ulteriori danni all’ambiente e salvaguardare quel poco di integro che ancora residua. Sentenza Consiglio di Stato 657/2002

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