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Rita Paris: L’area archeologica centrale e l’Appia Antica. Per una moderna cultura urbana

da RomaRicercaRoma Mag 17, 2021

Appia Antica (foto AMBM)

Il tema della Campagna Romana è anche quello della storia della trasformazione del territorio dall’epoca romana ai nostri giorni, attraverso le vaste proprietà ecclesiastiche (patrimonia) e le famiglie nobiliari che si sono succedute, le cui tracce sono ancora ben riconoscibili. Tutto questo ambito rimane il più ricco deposito di storia e di testimonianze archeologiche, spesso incredibilmente conservate. La crescita della conoscenza di questa storia in tutto il suburbio può contribuire realmente ad accorciare le distanze tra il centro e le periferie, come eredità di un patrimonio culturale che va considerato unitariamente.

I vincoli, in particolare degli anni novanta, che hanno contribuito a una parziale salvaguardia di questo ambito, hanno sancito il riconoscimento d’interesse non solo per i monumenti, che ne caratterizzano l’immagine più nota, ma anche per il contesto di giacenza di un sistema di insediamenti e di uso agricolo fin dall’antichità. Questo riconoscimento è importante perché definisce anche il valore degli spazi non occupati da testimonianze emergenti: identificare il “pieno” nel “vuoto” degli spazi liberi della campagna romana indirizza verso la pianificazione della gestione di alcune aree o il più naturale mantenimento per il godimento pubblico e l’equilibrio ambientale. I catasti storici con i documenti degli archivi sostengono la ricerca sul campo. Esempi meno scontati per l’Appia sono state le acquisizioni da parte della Soprintendenza di siti come Capodibove e S.Maria Nova, dove è stato possibile ritrovare tutti i segni della storia, solo apparentemente obliterati dalla funzione residenziale che avevano assunto nei tempi recenti.

Voglio quindi essere ottimista guardando alla possibilità di opportunità concrete per ristabilire la complementarierà tra città e campagna e qui in particolare mi riferisco al sistema dell’area archeologica centrale e l’Appia.

Dal cuore antico della città, con gli spazi della vita pubblica, sociale, religiosa e i luoghi della tradizione, parte una freccia che punta verso sud: la Via Appia, il cui tracciato è perfettamente conservato fino a Frattocchie di Marino, se pur alterato nel primo tratto dai piedi del Palatino, dove aveva origine, con la sequenza ininterrotta di monumenti, purtroppo in gran parte ancora di proprietà privata.

L’ambito attraversato dalla via Appia è strettamente connesso all’area archeologica centrale e insieme devono collaborare per ritrovare la continuità naturale evidente in qualsiasi rappresentazione della città, con quel legame fino ai Castelli Romani definito da Ludovico Quaroni (Immagine di Roma 1969), una “attrazione ancestrale”; inclusa la connessione con la Via Latina, il sistema degli Acquedotti, Tor Fiscale, come previsto già nello studio per il piano del Parco dell’Appia Antica, pubblicato nel 1984, a cura di Vittoria Calzolari, ancora di piena attualità.

Se la Passeggiata archeologica ha avuto un epilogo diverso dalle originarie previsioni, sarebbe ancora possibile la ricucitura degli ambiti Fori/Palatino, Colosseo, Celio, Circo Massimo, Foto Boario fino al Tevere, Terme di Caracalla e Appia Antica. Né possono costituire un ostacolo a tale necessario progetto le attuali separzioni amministrative di Parchi e Soprintendenze.

Il volto di Roma moderna si deve al lungo processo di due secoli circa di esplorazioni, studi, restauri, i quali in parte hanno subito alterazioni dalle trasformazioni urbanistiche per Roma Capitale d’Italia. Nonostante gli errori, Roma conserva la peculiarità di potersi trasformare con nuovi spazi attraverso la riscoperta degli spazi antichi che devono entrare a fare parte della vita quotidiana, in una condizione realmente moderna di integrazione delle testimonianze del passato con la città.

Il piano ambizioso avviato dal 1887 con l’obiettivo di congiungere i monumenti più antichi che si trovano nella zona meridionale della città con giardini pubblici e viali alberati, è stato attuato in forma diversa dalle previsioni originarie e il programma per questa zona si è poi completato in funzione della propaganda del regime con il collegamento della città al nuovo quartiere per l’esposizione universale, l’EUR, attraverso le tre grandi arterie, via dell’Impero, via dei Trionfi (via di San Gregorio) e via Imperiale al posto della Passeggiata archeologica.
Diversamente, alcuni decenni prima, durante il Governo Pontificio, l’Appia aveva ricevuto attenzioni particolari, luogo prescelto per mettere in campo nuove metodologie e progetti per la conservazione sul posto dei reperti archeologici dei monumenti, affermando il valore del contesto e l’inscindibile relazione tra questi e la zona di ritrovamento, principio culturale che sarà ispiratore delle prime leggi di tutela. Ad Antonio Canova e a Giuseppe Valadier si devono le prime realizzazioni che porteranno, qualche anno dopo, tra gli anni 1850 e 1853, al compimento della grande opera di risistemazione della Via Appia da parte di Luigi Canina, Commissario alle Antichità di Roma del Governo Pontificio, con la realizzazione di un vasto “museo all’aperto”. Destini diversi, segnati dalla storia di pochi decenni che ha modificato il paesaggio della città, non ostacolano oggi la ripresa di un piano di ampia portata per assegnare a questo patrimonio un ruolo culturale moderno in grado di offrire una ritrovata unitarietà tra l’area archeologica centrale e il territorio attraversato dall’Appia, anche alla luce di importanti risultati conseguiti negli ultimi decenni.

L’approccio al problema, al quale non ci si può sottrarre, deve essere sostenuto da una visione che risponda a un programma culturale complessivo in grado di conferire a questi spazi una funzione anche urbanistica e sociale, in una piena integrazione con la città, a partire dall’asse Area Archeologica centrale/Appia, con l’aspirazione a un assetto per la Capitale che la caratterizzi sulla base della propria identità, come metropoli contemporanea. L’opportunità di una frequentazione sociale proprio nei luoghi che sono stati protagonisti della vita pubblica dell’antichità, costituirebbe una occasione irripetibile per un ruolo che solo Roma può svolgere, superando le più scontate fruizioni di tipo turistico.

Non giovano al conseguimento di questo obiettivo effimere attenzioni mediatiche che anzi distraggono, non sostenute da effettivi provvedimenti per una piena fruizione pubblica, che valutino con priorità le soluzioni sul trasporto pubblico, anche in collegamento con le stazioni di metropolitana e le strutture ferroviarie esistenti o messe in condizione di funzionare.

A 150 anni da Roma Capitale occorre ripartire dalle trasformazioni che hanno riguardato l’anima della città antica, assumendone gli esiti, ma con la volontà di realizzare soluzioni che potrebbero rendere Roma il “punto di riferimento di una moderna cultura urbana” (come indicato da Italo Insolera).

Rita Paris

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

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