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Un mercato non è solo un mercato. Non è uno spazio come gli altri, un’area funzionale all’uso che se ne fa. Una risorsa da sfruttare per spremerne ricavi. E’ un punto di incontro, una piazza pubblica, un luogo reale e simbolico allo stesso tempo. Un rito ancestrale che ha attraversato la storia e raggiunto gli angoli più remoti del mondo, come porta di comunicazione e di scambio tra i popoli. Un mercato è una delle ultime dimensioni del passato che la macchina del tempo ha traghettato fino a noi, generazione dopo generazione. Un luogo che dovrebbe essere il cuore pulsante della vita dei quartieri, e che invece è sempre più assediato dalla modernità consumistica, avida di trasformare in profitto tutto quello che arriva a toccare, e pazienza se se ne uccide l’anima.
E infatti al posto dei mercati si assite alla moltiplicazione dei centri commerciali, luoghi anonimi per gente anonima, fatti di sequenze di Intimissimi-Benetton-Calzedonia, vetrine seriali da guardare senza curiosità. Spazi più simili alla passività televisiva che alla realtà dove si vive da protagonisti, luoghi di solitudini moltiplicate e disperse, in una città che non è più fatta per le donne e gli uomini, ma solo per utenti, target, clienti.
Sono messi abbastanza male i mercati rionali di Roma. Come tutto quello che è di tutti sono stati lasciati andare, trascurati, fino a circondarli di un’aria di smobilitazione che si allarga nei tanti spazi vuoti e sulle strutture da troppo tempo senza manutenzione. Eppure basterebbe poco per far tornare in quei mercati i colori, i profumi, ll’abbondanza di merci e di persone che si trovano ancora altrove. Basterebbe riannodare i legami tra la gente che ci vive e ci lavora intorno, rimettere al centro l’incontro con altre persone e lo scambio di cibo e oggetti scelti con cura. Cibo e oggetti familiari, che parlano ancora di tante tradizioni che sarebbe un gran peccato perdere: sapori, modi di cucinare, abitudini, consigli, tutte cose che nei supermercati non si possono trovare.
Difendere i mercati rionali non vuol dire (solo) difendere dei posti di lavoro, difendere delle strutture pubbliche dalla svendita o dalla speculazione, difendere delle opere di maggiore o minore pregio architettonico. Vuol dire difendere un pezzo di noi, della nostra identità e della nostra storia collettiva e familiare. Vuol dire pensare a “valorizzare” in un senso che non sia solo economico, come “ottenre” o “ricavare”: valorizzare come “dare”, o “restituire”, valore a qualcosa. Vuol dire difendere qualcosa di importante che non vogliamo assolutamente perdere.
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La locandina di una delle tante iniziative della nostra battaglia in difesa dei tre mercati Trieste, Metronio, Pinciano, cominciata nel 2011