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Il trattato di Dublino e le proposte di riforma

a cura di Marina Pescarmona

CHE COS’E’ IL TRATTATO DI DUBLINO?

(da http://www.lastampa.it/2015/09/06/esteri/cosa-prevede-il-trattato-di-dublino-e-perch-litalia-lo-vuole-cambiare-ImRFPSmHhWANp4UqSXjVbO/pagina.html)

Cos’è e quando è stato firmato il trattato di Dublino?  

«È il regolamento dell’Unione europea che stabilisce criteri e meccanismi per l’esame, e l’eventuale approvazione, di una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un Paese terzo. Nasce dalle ceneri della Convenzione firmata nella capitale irlandese il 15 giugno 1990, ovvero dal primo trattato internazionale multilaterale firmato dagli allora dodici membri della Comunità europea per darsi regole comuni sull’asilo. In vigore nel 1997, è stato sostituito nel 2003 dal regolamento «Dublino II» che l’ha portato nell’ambito delle competenze dell’Ue. Una terza revisione – «Dublino III» – è stata varata nel giugno 2013».

Cosa stabilisce per quanto riguarda i richiedenti asilo?  

«Il principio chiave è dettato dall’articolo 13. «Quando è accertato (…) che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale». In altre parole, la responsabilità dell’asilo è del Paese di primo sbarco. Ovvero: chi arriva in Italia tocca all’Italia, chi in Spagna alla Spagna e via…»

Cos’è cambiato in questi anni da mettere in discussione il trattato?  

«Il contesto mediterraneo, africano e mediorientale. In anni recenti la guerra in Siria, le dittature in Eritrea e nella parte centrale del continente nero, l’instabilità afghana e pachistana, le primavere arabe tradite, hanno gonfiato il flusso dei migranti che, sino a giorni non lontani, erano in prevalenze gente a caccia di un lavoro. La caduta del regime di Gheddafi ha aperto la porta libica. I popoli in fuga hanno cominciato ad arrivare in Italia e Grecia. Più recentemente, soprattutto per l’offensiva dell’Isis in Siria, si è affollata la via balcanica. Il dato è che milioni di persone fanno la fila per cercare la pace nell’Unione».

Cos’è che non funziona? Perché è considerato uno strumento superato?  

«Anzitutto viene contestato l’obbligo del Paese di primo approdo di gestire tutti gli accessi e accogliere chi arriva, sia l’Italia, la Grecia o l’Ungheria, alfieri europei più esposti agli sbarchi e desiderosi di maggiore solidarietà. In seconda battuta, lo stesso precetto impedisce di diritto la possibilità di arrivare a un meccanismo di emergenza che conduca alla redistribuzione obbligatoria di parte dei rifugiati nei momenti di maggiore crisi, ipotesi suggerita da Francia e Germania. Berlino continua a ripetere che «Dublino» è in vigore e la ripartizione obbligatoria verrebbe a valle della sua applicazione. L’Italia ne chiede la revisione: un trattato vecchio, si fa notare, per un mondo cambiato».

 

LE PROPOSTE DI RIFORMA DEL TRATTATO DI DUBLINO

  1. La proposta di riforma del Trattato di Dublino approvata dal Parlamento europeo

https://www.ceciliawikstrom.eu/en/reform-eu-asylum-rules-creating-new-dublin-system-works/

Cosa cambierebbe: il criterio del primo paese di accesso viene sostituito con un meccanismo permanente e automatico di ricollocamento secondo un sistema di quote, a cui sono tenuti a partecipare obbligatoriamente tutti gli stati membri dell’Unione europea. Il secondo cambiamento è l’introduzione di un principio che tiene conto dei legami tra il richiedente asilo e lo stato in cui vuole andare.

La bocciatura della Commissione europea

http://www.vita.it/it/article/2016/05/13/regolamento-di-dublino-fumata-nera-lipocrisia-rimane/139393/

Sgomento, che si aggiunge ad anni di sconforto. È stata questa la reazione di buona parte della società civile alla notizia arrivata nella serata di mercoledì 4 maggio da Bruxelles: la Commissione europea nella sua proposta di revisione del Regolamento Dublino III, documento che indica i criteri per gestire le richieste di asilo di chi entra nell’Unione europea, ha partorito un topolino. Doveva essere il gran momento, dopo lunghe attese e annunci, invece niente da fare: “Non è assolutamente la risposta che ci aspettavamo”, sottolinea chiaramente Elly Schlein, parlamentare europea del gruppo S&D (Socialisti e democratici) nominata come una delle relatrici ombra del testo di revisione di Dublino che l’Europarlamento dovrà ora discutere e negoziare partendo dalla proposta della Commissione.

Cosa propone la Commissione nel bocciare un sistema di richiesta di asilo centralizzato?
La responsabilità sull’esame delle richieste permane in capo al Paese di primo accesso, senonché solo quando uno Stato membro ricevesse una quota sproporzionata di richieste scatterebbe la procedura di distribuzione in altri Stati. Un mero calcolo, insomma: se il numero di richieste supererà il 150% della quota stabilita dalla Ue per ciascun Paese sulla base della popolazione e del Pil, le persone arrivate in eccesso verranno ricollocate in altri Stati membri allo scopo di presentare la richiesta d’asilo

Se uno stato si dovesse rifiutare di accogliere
Secondo la Commissione può farlo portando le proprie motivazioni, ma dovrà pagare un corrispettivo di 250mila euro per ogni rifugiato non accolto. Un principio cosiddetto di “solidarietà finanziaria” che, però, si basa su un concetto molto controverso: si possono davvero monetizzare solidarietà, diritti e doveri che discendono dai nostri stessi Trattati Ue, basati sul dovere di condivisione dei problemi e aiuto reciproco?

  1. La proposta bulgara

http://notizie.tiscali.it/politica/articoli/dublino-bozza-no-italia/

La bozza di riforma che martedì sarà sul tavolo dei ministri non prevede nessun automatismo nel ricollocamento dei richiedenti asilo, cioè nel meccanismo di solidarietà, ma prevede delle soglie eventuali e una serie di scappatoie “finanziarie” calcolate sulla base di parametri quali il Pil e popolazione. Il meccanismo di ricollocazione è graduale e piuttosto sfumato. Per capire meglio: il testo di revisione prevede la possibilità che la Commissione europea proponga al Consiglio di attivare il meccanismo di solidarietà quando il Paese di prima accoglienza sia arrivato al 160% della sua “giusta quota” di richiedenti (che viene calcolata appunto in base al suo Pil e alla sua popolazione), allora quella proposta della Commissione viene considerata adottata, a meno che in Consiglio non ci sia una maggioranza qualificata contraria.

La posizioni dei Paesi membri

Le posizioni tra i paesi membri sono distanti. Assolutamente contrari i Paesi mediterranei, Italia, Spagna, Malta, Cipro. Fuori dall’accordo si posizionano anche i Paesi dell’Est Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia. Altra variazione su cui si gioca il braccio di ferro è quella che innalza da cinque a otto anni la responsabilità stabile per il primo ingresso di un migrante. Italia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro la vorrebbero vedere la responsabilità fissata ad un massimo di due anni. Ma anche nel gruppo storico dell’Ue ci sono Paesi contrari: l’Austria per esempio, mentre perplessità arrivano anche dall’Olanda, mentre è atteso un riposizionamento dalla Slovenia, dopo la vittoria elettorale del Partito democratico sloveno (Sds), anti-immigrazione. L’accordo di Germania e Francia, insieme a Lussemburgo, per andare avanti su questa bozza potrebbe non bastare.

Il summit dei leader è fissato per il 28 e 29 giugno e per allora si saprà qual è la strada da percorrere

(ultimo aggiornamento 26 giugno 2018)