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Perchè NO Alfabeto dell’autonomia differenziata: Edoardo Zanchini

Perchè NO Alfabeto dell’autonomia differenziata: Edoardo Zanchini, ambientalista,  già vicepresidente di Legambiente Autonomia regionale differenziata e Produzione,  trasporto e distribuzione nazionale dell’energia

Pietro Spirito Le preintese tra l’Emilia Romagna, la Lombardia e il Veneto nel 2019 hanno disegnato  già il quadro di quello che potrà accadere con l’autonomia differenziata. Sul tema dell’energia Veneto e Lombardia hanno  chiesto la delega in esclusiva responsabilità. Quali sono  le  ipotesi sulle quali  le preintese ragionano e quali possono essere le conseguenze?

Edoardo Zanchini  Quelle delle bozze delle  pre intese, mai rese pubbliche ma circolate ugualmente,   sono di fatto le uniche informazioni di cui siamo certi rispetto a quelle che quasi sicuramente sarà il punto di partenza del confronto se la proposta Calderoli sarà approvata. Le 2 Regioni, ai tempi del Governo Conte I, sostanzialmente chiesero di trasferire le competenze in materia la Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA)  praticamente per la quasi totalità degli impianti  energetici,  quindi di avere una completa autonomia rispetto alla valutazione degli impianti, sia da rinnovabili che termoelettrici. Ci sono alcune differenze tra le due Regioni, invece, rispetto ad alcune richieste invece rispetto a temi specifici. Ad esempio  la Lombardia ha puntato ad avere tutti i poteri regolatori,  di autorizzazione ma anche di trattenuta dei canoni che riguardano l’idroelettrico. Mentre il Veneto ha puntato sulle competenze in materia di gas, quindi prospezioni, autorizzazioni, ecc. anche in questo caso con la richiesta di trattenere le royalties. Queste sono le caratteristiche comuni alle due Regioni:  da un lato ottenere tutti i processi di autorizzazione, a partire dai temi che sono o erano in quel periodo più importanti, e dall’altra ottenere la riscossione diretta delle risorse che provengono da quelle attività.   Va considerata anche la richiesta di Valutazione e approvazione di alcune delle infrastrutture a rete entro certe dimensioni e potenze.

Questo è quello di cui possiamo essere abbastanza certi,  se entrerà in vigore l’autonomia differenziata,   si ripartirà da queste richieste da parte della Lombardia e del Veneto per avere l’esclusiva di tutte queste competenze. Paradossalmente, oggi con più forza perché c’è una maggioranza politica con un accordo per tutta la legislatura.

Pietro Spirito  Passando a un quadro un po’ più generale: è giusto partire da ciò che le Regioni principali – che sono quelle che hanno immaginato l’autonomia  differenziata –  vogliono, però in realtà le politiche nazionali come quelle energetiche non possono  schematicamente concettualmente essere segmentate. Le preintese  alle quali ho fatto riferimento  definiscono il quadro attuale prima della entrata in vigore della legge Calderoli,  quando il Parlamento l’approvera’ nelle prossime settimane. Ma  l’energia resta una politica nazionale, c’è un piano energetico nazionale. Ovviamente questa segmentazione depotenzia la pianificazione, la costringe dentro un meccanismo frammentato tra le Regioni che prenderanno le deleghe anche in questa materia. Come è possibile che  l’energia possa essere  oggetto di questa segmentazione, oltretutto quando siamo in una fase di transizione energetica, dovendo attuare le politiche dell’Unione Europea?

Edoardo Zanchini   Di fatto  diventa impossibile o difficilissimo portare avanti gli obiettivi, pensiamo a quello che è oggi il quadro dei problemi della transizione energetica in Italia, e alle due questioni più grandi che riguardano,  da un lato,  le autorizzazioni per i progetti con ritardi e conflitti,  in particolare per i progetti da fonti  rinnovabili. Oggi c’è una fortissima  vertenza  tra  Regioni e governo e quello che si è cercato di fare negli ultimi anni è di riportare “al centro” le autorizzazioni,   perché altrimenti diventava impossibile realizzare gli obiettivi che riguardavano, ad esempio, gli impianti eolici e fotovoltaici. Si è tornati verso una centralizzazione,  sia della Valutazione di Impatto Ambientale che delle autorizzazioni, perché il modello del trasferimento alle Regioni di competenze e di autorizzazioni sulla VIA era fallito. Prima quasi tutte le autorizzazioni, esclusi gli impianti davvero grandi, erano di competenza delle Regioni e questa situazione aveva portato a accumulare ritardi enormi nelle Valutazioni, con differenze nelle regole tra le Regioni. Un Paese arlecchino,  dove si avevano criteri completamente diversi. Negli ultimi anni si è tornati a ricentralizzare Valutazioni e autorizzazioni presso la VIA nazionale  proprio perché l’obiettivo è quello di accelerare.

Se andasse avanti la  riforma Calderoli sostanzialmente si ritornerebbe a una situazione in cui ogni Regione può decidere rispetto agli impianti da realizzare e quindi diventa impossibile programmare in modo efficace per contemperare la diffusione degli impianti con la tutela del paesaggio. L’altro grande tema che si apre è:   se alle Regioni Veneto e Lombardia viene trasferita la competenza sulla regolamentazione, sulle autorizzazioni, ma anche la trattenuta dei canoni, sull’idroelettrico come sul gas – e ovviamente chiedono questi poteri per tutte le rinnovabili con la possibilità di inserire nuovi canoni – perché non potrebbero farlo tutte le altre? Dalla Sicilia, che potrebbe mettere tasse sull’eolico e il fotovoltaico – il Governatore Schifani lo aveva detto qualche tempo fa -,  alla Sardegna, alla Basilicata:  a quel punto noi avremmo ogni Regione con sue regole e  suoi canoni. Con enormi incertezze e la perdita di qualsiasi credibilità del sistema italiano. In nessun paese in Europa  esiste oggi un meccanismo di questo tipo. Le  Regioni possono lavorare dentro i riferimenti  definiti dal governo nazionale, ma dentro quei limiti.  Noi con l’autonomia non avremmo paletti e limiti  rispetto a quello che le Regioni possono e vorranno fare, rispetto alle regole e alle risorse. 

E poi c’è un tema che riguarda le reti, perché anche qui le Regioni potrebbero chiedere di essere loro a fissare le regole, a dare le autorizzazioni  e magari anche a fissare dei canoni, ad esempio per la rete elettrica di distribuzione,  che è quella  più diffusa  nei territori. Qui, dove da anni si parla di smart grid[1] e innovazione,  di condivisione e scambio con la rete, si potrebbe avere una situazione frammentata e processi ostacolati dall’intervento delle Regioni, quando invece abbiamo bisogno di avere un quadro coerente di regole, certezze degli investimenti e controlli sui guadagni da parte di chi le gestisce in concessione.

Pietro Spirito   La rincorsa alla frammentazione energetica sarà inevitabile quando alcune Regioni metteranno le mani sui soldi, perchè poi alla fine questo  è sempre il tema che determina tutte le trasformazioni reali.  Ovviamente questo cancellerà anche quei pochi residui di pianificazione strategica sull’energia di cui il Paese dispone. L’Italia ha un piano energetico nazionale che non sta attuando. Faccio un esempio. Sul  GNL, il gas naturale liquefatto[2], era previsto che fossero costruiti 8 terminal portuali  per poter ricevere e stoccare questa tipologia di energia.  Se ne sono fatti solo due, gli altri sono stati bloccati, nonostante ad esempio nel caso di Napoli il parere positivo del Ministero dello Sviluppo Economico,  e quindi  siamo nel pieno  di uno stallo,  nel senso che non riusciamo assolutamente neanche  a convincere  terze parti a fare investimenti. Perché ovviamente in un settore ricco come quello dell’energia si investe nel momento in cui si hanno certezze sul quadro regolatorio. Ora l’incertezza è diventata di nuovo sovrana. Il rischio con l’autonomia differenziata è che questo si accentui ancora molto di più. Alla fine ha determinato a mio avviso un risultato: l’aumento della dipendenza energetica del nostro Paese, che è un problema strategico evidenziato dalla crisi russa ma dalla crisi russa in poi non trattato. Alla fine noi rischiamo di metterci nelle mani di volta in volta di soggetti esteri che governano il nostro futuro.

Edoardo Zanchini    Purtroppo è così, da un lato appunto per il rischio che le Regioni facciano   una corsa a accaparrarsi risorse per fare cassa – pensiamo i ricchi canoni dell’idroelettrico – o a farsi persino concorrenza. L’idroelettrico al nord oggi è un tema politico gigantesco,  che da anni si cerca  di affrontare rispetto alla necessità di arrivare a delle gare per il rinnovo delle concessioni,  che ha profili di sicurezza energetica del Paese, perché quelle dighe e impianti potrebbero avrebbe un ruolo fondamentale di equilibrio del sistema, se fosse ben pianificato e gestito. Ad esempio, con i pompaggi quelle dighe diventano delle gigantesche batterie di  accumulo di energia a servizio del  sistema nazionale. Ma  in questa contrapposizione “gare sì gare no”,  in capo a chi sono le gare,  in capo a chi vanno gli introiti delle gare,  è tutto bloccato. Anche la discussione rispetto all’interesse pubblico,  che dovrebbe essere nell’avere un sistema di  accumuli a servizio della rete nazionale, un uso virtuoso dell’acqua che diventa anche al Nord sempre più delicato. E poi di investimenti per la pulizia degli invasi,  che creano problemi enormi. Se oggi questa situazione è bloccata, in attesa di una coerente regia e pianificazione, domani sarebbe impossibile persino immaginarla se tutto viene dato alle Regioni.

Ma lo stesso ragionamento si può fare per altre fonti di energia,  dove noi avremmo bisogno di una pianificazione strategica. Pensiamo all’eolico offshore: negli altri paesi europei l’eolico offshore ha una  chiara programmazione strategica nazionale, vengono scelte le aree maggiormente vocate, vengono scelti i porti più vicini che possono diventare dei porti anche con una vocazione industriale – perché hanno un retroporto, vicino a impianti siderurgici, magari università con competenze da sviluppare, tecnologie che possono essere valorizzate. Le imprese lavorano  dentro un chiaro quadro strategico che consente di portare avanti progetti costosissimi ma che diventano affrontabili in una programmazione 30/50 anni.

Se noi in qualche modo spezzettiamo queste competenze, non avremo mai una chiara programmazione,  rischiamo di perdere un’opportunità che il nostro Paese ha diventare più sicuro da un punto di vista energetico, grazie a un’autoproduzione  attraverso le rinnovabili. Le Regioni potrebbero dire di no a qualsiasi impianto o farsi concorrenza per accogliere quelli che offrono di più.  Stessa cosa vale ovviamente per altri temi di programmazione  strategica,  come le reti di trasmissione e distribuzione. Se le  autorizzazioni dovessero passare alle Regioni, addirittura  con competenze di regolazione delle reti di distribuzione e sui canoni, noi  avremmo una situazione molto complessa da gestire. In cui le imprese che volessero in qualche modo investire in Italia scapperebbero per la scarsa credibilità e incertezza regolatoria, per l’impossibilità di portare avanti progetti di durata pluriennale. Non c’è niente di più stupido   di mettere in concorrenza le imprese rispetto all’accedere a delle procedure pubbliche che non siano chiare. Le imprese vanno portate dentro una programmazione trasparente, vanno messe in competizione rispetto a criteri di interesse pubblico,   non facendogli buttare soldi in progetti che poi non vanno avanti.  Tutto questo ha rovinato le rinnovabili nel 2013,  quando sono stati fermati tutti gli incentivi,  invece di andare a vedere quali funzionavano e quali no e quali erano credibili e quali erano eccessivi. Stessa cosa  rischia di succedere ora che stanno ripartendo gli investimenti, che avrebbero bisogno di una maggiore programmazione e di una certezza delle regole per alcuni anni. Il contrario di quanto si avrebbe con l’autonomia differenziata, che metterebbe in crisi la sicurezza energetica nazionale di cui tanto si è parlato in questi anni e la transizione energetica verso la decarbonizzazione di cui abbiamo gran bisogno.

Anna Maria Bianchi  La localizzazione degli impianti  di energia alternativa è un tema spesso controverso. In molti casi  abbiamo assistito a una contrapposizione,  anche un conflitto,   tra le ragioni della tutela paesaggistica o della produzione agricola e quella della produzione di energia. Ora  anche il decentramento di certe decisioni alle Regioni  è un po’ un Giano Bifronte,  perché da una parte le istituzioni regionali,  essendo più vicine al territorio, potrebbero essere più attente  alle ragioni  paesaggistiche, dei  beni culturali, dell’ agricoltura,  dall’altro invece potrebbero essere più sensibili alle richieste delle categorie produttive locali e magari porre in essere delle iniziative che   considerano più gli aspetti economici, anche se  non rispettosi del territorio.

Edoardo Zanchini    A mio avviso si deve distinguere nei  ragionamenti su dove deve stare la competenza sulle scelte,  dal merito della Valutazione ambientale. Perché non c’è dubbio che non siamo davanti a un esempio brillante di gestione in Italia dei processi di autorizzazione. Però possiamo e dobbiamo risolvere questi problemi dando chiarezza rispetto alle regole, trasparenza alle procedure, coinvolgendo i territori, in modo che poi alla qualcuno si prenda la responsabilità delle decisioni, attraverso un percorso trasparente.  Il problema è che nel momento in cui i poteri vengono trasferiti alle Regioni, noi avremmo  tutto il contrario,  perché non ci sarebbero  più delle regole uniformi all’interno del territorio, e in più, avvicinando la competenza rispetto alle autorizzazioni a livello locale,  dove è più forte sia da un lato il peso dell’imprenditore,  che dall’altro la voce di chi contesta, con argomentazioni che possono anche essere strumentali e demagogiche, rischiamo di peggiorare la situazione. Mentre noi abbiamo bisogno di alzare il livello del confronto, dare risposte credibili alle preoccupazioni, e tutto questo può avvenire solo se ci sono  delle chiare procedure nazionali e dei criteri che valgono in ogni parte del Paese. Che poi possono anche essere applicati e valutati a livello locale,  ma non in modo discrezionale.

Pietro Spirito   Vorrei affrontare adesso il tema della “seconda rottura” che a mio  avviso si determina, e che riguarda la regolazione. Oggi noi abbiamo un’autorità nazionale di regolazione settoriale  che è l’ARERA. Ora è evidente che se qualche Regione  enuclea le potestà  regolatorie e le assume su di sé, non vedo per quale ragione poi debba riconoscere i poteri della  ARERA, che è una un’autorità nazionale e non regionale  evidentemente. Quindi questo è il secondo problema che si determina, non è solo “avere una vista lunga” e pianificare,  come è pure necessario, ma avere anche la capacità di governare il mercato e di governare il sistema tariffario. Più  la leva della tariffa sta vicina ai territori,  più è inevitabile che sia vicina agli interessi di “altro”,  che non è il consumatore. O al limite è solo il consumatore locale,  non il consumatore nazionale. Anche sul tema della regolazione quindi siamo  in presenza di  una vicenda quantomeno ambigua.

Edoardo Zanchini     Sono molto d’accordo e individuo due rischi ulteriori.  Se ci pensiamo sono tanti i campi dove c’è stato un trasferimento di poteri alle Regioni con esperienze pessime, dove il peso delle lobby e delle rendite ha prodotto disastri. Pensiamo alle cave, dove in alcune Regioni d’Italia fino a pochi anni fa non si pagava proprio, e ovunque i canoni sono bassissimi, per cui invece di spingere il riciclo incentiviamo l’estrazione. Le inchieste della magistratura hanno dimostrato, che poi è in altro modo che spesso chi gestisce le autorizzazioni ottiene qualcosa in cambio. E i ritardi nell’approvazione di leggi e piani regionali sono funzionali a questo modo di gestire i processi.  Non esistono in Italia regole uniformi e neanche un canone minimo, ogni Regione decide per sé e ovviamente sono bassi perché è forte il potere dei cavatori. Stessa cosa per gli stabilimenti balneari, dove le contraddizioni e i conflitti di interesse sono assolutamente evidenti. Noi abbiamo bisogno anche qui di regole di tutela delle spiagge libere e di canoni che valgano in tutta Italia, che possano essere poi incamerati a livello locale, ma in modo trasparente e uguale per tutti. Altrimenti le pressioni delle lobby portano ad avere canoni bassi e tutte le spiagge in concessione, come in Romagna e Versilia, con un patto opaco con i poteri locali. Noi abbiamo bisogno di chiarezza rispetto alla regolazione in tutti i campi  e l’Autorità per l’energia, ARERA, è stato in questi anni un buon esempio in questo senso, che ha a un miglioramento. Non possiamo dilapidare una delle  poche  cose che in qualche modo ha funzionato per le richieste delle Regioni. Perché sono campi troppo delicati quelli della regolazione delle reti, i canoni, la sicurezza degli approvvigionamenti, gli accumuli.

Di fronte a questo sono sicuro che ci risponderebbero “ma figuriamoci, questi sono temi troppo importanti su cui mai si interverrebbe perché ne va della sicurezza nazionale”. Sicuri? Noi in Italia abbiamo dei governi di coalizione e l’esperienza dei governi di coalizione con maggioranze fragili ci ha insegnato che quando c’è un partito regionale,  per arrivare a un accordo di coalizione, si può  arrivare anche a dei forti compromessi. Pensiamo alla Spagna con gli accordi con Catalogna e Paesi Bassi, era impensabile 20 anni fa il trasferimento di risorse e poteri in ogni campo avvenuto dentro questi accordi. E da noi non potrebbe avvenire lo stesso? Su alcuni punti specifici anno dopo anno si smonterebbe un sistema che già oggi è in difficoltà. E’ un rischio che deve essere chiaro a tutti. È per questo che dobbiamo pretendere che vengano fissati paletti ora, perché qui si sta cambiando la Costituzione senza che si sappia il perimetro delle decisioni che potrebbero essere prese.

Pietro Spirito Ho un’ultima preoccupazione, peraltro  quella forse più lontana ma più grave, e riguarda la produzione. E chi ce lo dice a noi che il Veneto un giorno non si organizzi con la sua Enel?  Una bella Enel regionale, con un consiglio d’amministrazione pienamente lottizzato, magari con un po’ di assunzioni clientelari, e con l’idea di servire meglio il popolo veneto. Poiché questo municipalismo italiano è stato una catastrofe in tutte le sue applicazioni, non esiste alcuna applicazione virtuosa,  io non vedo perché dobbiamo caderci anche per l’energia elettrica

Edoardo Zanchini     Potrebbe succedere, e qui il pericolo sta nel regionalismo che è un grande errore politico degli ultimi decenni. Perché invece di rafforzare l’autonomia dei Comuni, all’interno di una programmazione regionale, abbiamo creato dei mostri che si occupano di tutto e vogliono intervenire su tutto con nuove società e nomine. Questo potere di regolazione affidato alle Regioni senza paletti ha creato disastri, come quello dei buchi delle autostrade venete e lombarde che ora devono essere ripianati con soldi dello Stato sottratti ad altri interventi. Tutta la retorica degli anni duemila, della legge obiettivo,  di questi privati che erano pronti a investire  perché c’erano guadagni sicuri, bastava semplificare le regole e affidare tutto alle Regioni. In realtà è stato un perfetto fallimento dovuto all’assenza di una regolazione coerente, di una programmazione trasparente e dell’assenza di meccanismi di controllo. Perché, come dicevi tu Pietro, quello che interessava erano le promesse e le nomine nei consigli di amministrazione.

(da tagliare perché interrompe il discorso) Anna Maria Bianchi  Sì devo dire che  sottoponendo ad alcuni  esperti le materie potenziale oggetto e le possibili conseguenze dell’autonomia differenziata  ci siamo trovati spesso di fronte all’incredulità. Molti hanno detto no,  è impossibile che questo possa accadere. E  la cosa ancora più angosciante è che se tutto questo accadrà, cioè  avverrà senza che il Parlamento tocchi palla,  senza che ci sia una discussione pubblica,  avverrà nelle segrete stanze del governo e neanche delle Regioni ma solo del presidente regionale, se vuole condividere,  con la sua giunta. Quindi è veramente  un qualcosa di oscuro che sta avvenendo all’insaputa di tutti,  di cui non si conosce il perimetro  e quindi non si riescono neanche immaginare fino in fondo le conseguenze.

Pietro Spirito  Nel caso delle autostrade ad esempio sono state già trasferite alla Regione Veneto e alla Regione Friuli Venezia Giulia i segmenti di rete autostradale riguardanti quei territori,  con atti già firmati dal governo,  quindi irreversibili.  Nell’energia ci sono già delle “aziendine” regionali rilevanti, come A2A,  HERA. Si tratta di soggetti già esistenti che possono essere ulteriormente rafforzati e creati come soggetti pluriregionali in vista della “Padania”.

Perché a mio avviso  il tema  finale è quello,  questo sistema che consente di creare soggetti economici  pluriregionali, sarà al servizio del progetto originario di Miglio. Molti dei nostri intervistati lo hanno detto e  sono  d’accordo anche io:  finiremo nella Padania,  per cui avremo  la banca pluriregionale, l’azienda di telecomunicazioni, l’autostrada, pluriregionale, l’energia pluriregionale e alla fine nascerà lo   staterello del nord. Secondo te Edoardo com’è la situazione da questo punto di vista?

Edoardo Zanchini     Credo che qualcuno abbia in mente questo. Io ho qualche  dubbio su quanto sia forte la consapevolezza dentro il partito che sta spingendo in questa direzione, dello scenario che tu raccontavi, e  quanto sia invece dentro un percorso in cui ogni Regione pensa ai propri interessi  e quindi c’è il pezzo Veneto della Lega,  il pezzo lombardo, il pezzo friulano,  ognuno per sé con la somma di vari localismi e interessi, Perché poi ognuno ha i propri  interessi e la propria visione,  e  secondo me si vede anche un po’ nelle differenze di richieste di competenze tra il Veneto e la Lombardia. Nel 2019 c’era una questione forte in Veneto sul gas,  prospezioni e autorizzazioni. Oggi probabilmente ci sarebbero altre richieste ancora. Il problema è che in questo modo tu sostanzialmente ti troverai un Presidente del Consiglio che discuterà con il governatore di turno  – che magari non è Zaia  – che in quel momento andrà a contrattare su qualche cosa. Dopo due anni potrà tornare a contrattare su altro, che è in  quel momento di suo interesse, magari ha scoperto che si possono appunto fare soldi. Io  ho qualche dubbio che si riescano a mettere assieme dentro la Padania, perché noi siamo troppo conflittuali, mentre invece vedo molto  questa logica regionale, perché mi sembra più nelle corde di chi attualmente è al governo.

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com


[1] Nell’ingegneria elettrica e delle telecomunicazioni una smart grid è l’insieme di una rete di informazione e di una rete di distribuzione elettrica, tale da consentire di gestire la rete elettrica in maniera “intelligente” sotto vari aspetti o funzionalità, ovvero gestendola in maniera efficiente per la distribuzione di energia elettrica e per un uso più razionale dell’energia, minimizzando, al contempo, eventuali sovraccarichi e variazioni della tensione elettrica intorno al valore nominale.  https://it.wikipedia.org/wiki/Smart_grid

[2] Il gas naturale liquefatto (GNL o, inglese: LNG, da liquefied natural gas) si ottiene sottoponendo il gas naturale (GN), dopo opportuni trattamenti di depurazione e disidratazione, a successive fasi di raffreddamento e condensazione. https://it.wikipedia.org/wiki/Gas_naturale_liquefatto