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Sondaggio Marino: cosa chiedo al Partito Democratico

Sondaggio Marino: cosa chiedo al Partito Democratico Capitolino

di Anna Maria Bianchi Missaglia

Mettete a disposizione dei cittadini l’indagine sul gradimento del Sindaco, così che ognuno possa fare le sue valutazioni, partecipare al dibattito e trarne spunto per avanzare le sue proposte all’amministrazione. E “distruggere le narrazioni tossiche”…

foto gruppo morena

Foto di gruppo a Tor Morena, VII Municipio, a conclusione della nostra esplorazione urbana “Piediperterra” con i comitati

Non voglio sminuire i risultati dell’indagine commissionata dal PD Capitolino sul gradimento del Sindaco, anche perché i nostri comitati  impegnati sui territori sanno da tempo che la gente è “in sofferenza”, che la qualità della vita, non solo nelle periferie (ma soprattutto), è sempre più scadente, che la delusione è reale e si incanala naturalmente (e spesso giustamente) sull’amministrazione cittadina.

Ma quegli scarni e scarsi elenchi di numeri e domandine ci dicono assai poco per capire veramente la realtà che quel titolo di Repubblica sintetizza senza tanti complimenti in “Quattro romani su cinque non si fidano del Sindaco Marino”. Sempre che lo scopo del sondaggio fosse quello di entrare più in contatto con la città per migliorare la realtà e non quello di mandare “a picco” Marino e la sua giunta. Per questo ci aspettiamo che il Partito Democratico Capitolino metta immediatamente a disposizione dei cittadini e dei suoi elettori (on line) l’indagine, con le indicazioni – come si fa sempre – dei criteri con cui sono stati selezionati i 2000 romani interpellati , formulate le domande poste e la mappa delle risposte per età, sesso, professione, tipo di zona etc. Perché, anche se non dubitiamo della professionalità della SWG, dobbiamo  dire che quanto riportato dai giornali permette ben pochi ragionamenti: “Nordest” o “sudovest” di Roma,  dice assai poco. Più utile – soprattutto a un partito di centrosinistra – sarebbe capire cosa pensano ai Parioli o a Centocelle.

Ma sarebbe anche assai utile fare riflessioni meno statistiche e più politiche, perché spesso i sondaggi servono più ai “venditori” che vogliono capire i gusti della clientela (e “spostare la produzione” sui settori più “commerciali”) piuttosto che a quelli che vogliono capire fino in fondo i problemi delle persone e porvi davvero rimedio. Perché in questo scontento generale c’è di tutto:  rabbia,  paura e solitudine. La disperazione delle famiglie tritate dalla crisi economica (che hanno perso, o rischiano di perdere, lavoro, casa, servizi), l’ angoscia per l’arretramento sociale dei tanti che non possono più permettersi una vita decorosa, l’ isolamento delle persone dopo  lo sgretolamento dei rapporti sociali a favore di un individualismo sempre più autistico e sospettoso…

E la rabbia. Quello che magari si è sopportato per anni (*), negli anni in cui ognuno si faceva bastare il benessere che riusciva a permettersi, adesso è diventato  un triste specchio della propria irrilevanza.

E se “il cliente ha sempre ragione”, non sempre ha la necessaria consapevolezza nell’individuare da dove partono i suoi problemi e avanzare  le giuste rivendicazioni. Basta vedere in quanti attribuiscano ai migranti le proprie sfortune, scordandosi che chi gli ruba gli asili  e servizi efficienti sono gli italianissimi evasori fiscali. Commoventi e indicative in questo senso le parole della Rete Sociale III Municipio che accompagnano l’invito alla proiezione del documentario sui morti nel canale di Lampedusa: “…chi prova a fare un lavoro nei territori prova a distruggere le narrazioni tossiche, la retorica sempre viva sulle migrazioni, cercando di fare antirazzismo nella crisi e in quartieri in cui i servizi sono assenti, la disoccupazione sale e le condizioni di vita sono sempre peggiori…”(**)

Ecco, è questo il compito che si è dato  anche il laboratorio Carteinregola: distruggere narrazioni tossiche e ricostruire la verità,  per riavviare un dibattito “corale” nella città, in cui sulle voci soliste prevalga la volontà di cambiare davvero, tutti insieme.

Non sono una fan acritica  di questa amministrazione, e spesso ho attaccato   iniziative avviate, come il nuovo Stadio della Roma (soprattutto perchè  è diventato – sciaguratamente – un’ ”operazione simbolo” della consigliatura), o quelle non avviate, come la latitanza delle attuali istituzioni di fronte alle nostre domande reiterate sulla legittimità del Piano Urbano Parcheggi ancora vigente. E condivido anche la constatazione della troppo frequente distanza del Sindaco dai territori e dai problemi quotidiani delle persone (non è andando a parlare con i cittadini in piazze pulite dall’Ama solo per l’occasione che si crea un vero dialogo con la città). E sono molto preoccupata al contrario per la vicinanza di Marino al premier Renzi, da cui non mi aspetto niente di buono, soprattutto dopo lo Sblocca Italia, un inno all’aggiramento delle regole e alla predazione indiscriminata del territorio. Ma voglio riconoscere che ci sono tante cose che il Sindaco ha avuto il coraggio di fare, come nessuno dei suoi predecessori, nella direzione della trasparenza, della legalità e dei diritti delle persone. E tantissime altre che faticosamente la sua giunta sta portando avanti, per la maggior parte ignorate dai romani (**),  che incideranno davvero sulla vita dei cittadini, anche se sono troppo “specialistiche” per essere apprezzate all’istante dall’ “uomo della strada”. Per questo ribadisco ancora una volta l’urgenza e la necessità di una informazione più capillare e incisiva, per permettere ai cittadini di giudicare l’operato del Sindaco e della sua giunta e farsene un’opinione basandosi solo sui fatti.  E vorrei che questo sondaggio, uscito e usato in modo piuttosto maldestro,  diventasse veramente un campanello d’allarme per spingere il Sindaco a entrare più dentro la città, e a condividerne le sofferenze.

Ma il Sindaco non è il solo che deve rimboccarsi le maniche: anche il primo partito del Campidoglio dovrebbe fare la sua parte. Come si può chiedere ciclicamente più poteri, deleghe, funzioni, quando, per fare un esempio, in molte commissioni capitoline in cui si affrontano questioni importantissime per la città, i consiglieri presenti si contano sulle dita di una mano?

La città può uscire dalla palude in cui da anni sta sprofondando solo se chi la governa – PD compreso – abbandona una volta per tutte le logiche autoreferenziali per occuparsi dell’unica cosa di cui si dovrebbe occupare: l’interesse pubblico.

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* basta rileggere le campagne e i sondaggi su buche stradali, decoro e affini pubblicate a tormentone ad esempio dal quotidiano la Repubblica nell’era Alemanno

* *Mercoledì prossimo alle 17.30 ad Astra c’è la presentazione del documentario “3 ottobre. I giorni della tragedia” del collettivo Askavusa di Lampedusa. Si tratta di interviste e testimonianze varie dei sopravvissuti alla tragedia dello scorso anno in cui morirono 368 migranti a largo dell’isola.  Alla breve proiezione seguirà un dibattito molto importante per il momento che stiamo attraversando , che partirà dalle condizioni specifiche di Lampedusa e la sua militarizzazione ma che può portare a riflettere anche su quanto succede in questi giorni a Roma, dove a Torpignattara viene ucciso un pakistano da un ragazzo di 17 anni, a Corcolle gli autobus non si fermano quando ad aspettarli ci sono solo migranti facendo salire la rabbia che sfocia in episodi di violenza seguiti inevitabilmente da razzismi diffusi, a Casalbertone un comitato genitori impedisce agli studenti migranti del CTP di entrare a scuola in quanto l’edificio è condiviso con la scuola media e i loro figli non possono di certo trovarsi accanto a certa gentaccia!!

Non può che fare bene a tutti un momento di confronto per capire come chi prova a fare un lavoro nei territori, prova a distruggere le narrazioni tossiche sul tema, la retorica sempre viva sulle migrazioni, come si fa antirazzismo nella crisi e in quartieri in cui i servizi sono assenti, la disoccupazione sale e le condizioni di vita sono sempre peggiori.

*** per citarne alcune : il nuovo regolamento dei cartelloni che ha posto fine a un’insopportabile far west, quello delle occupazioni di suolo pubblico, le nuove convenzioni urbanistiche che dovrebbero finalmente obbligare a costruire strade e servizi prima delle case, e –speriamo – il nuovo regolamento del verde urbano