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Nuovi commi sugli stadi, cosa prevedono esattamente

rendering dal sito Stadio della Roma

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Pubblichiamo una prima disamina dell’articolo inserito nella “manovrina” del Governo di un dottore di ricerca in diritto pubblico e costituzionale.

Cosa  prevede esattamente l’articolo 62 “Costruzione di impianti sportivi”del  decreto-legge pubblicato in Gazzetta ufficiale il 24 aprile

di Alberto Mencarelli*

25 APRILE 2017

Si sta discutendo molto in questi giorni su una disposizione contenuta nel decreto-legge n. 50/2017 (la cosiddetta “manovrina”) che, a giudizio di diversi osservatori ed analisti, potrebbe agevolare l’iter del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, la cui approvazione finale non è ancora intervenuta a seguito dei recenti sviluppi che hanno registrato la conclusione negativa della conferenza dei servizi decisoria indetta dalla Regione Lazio e l’impegno del proponente a ripresentare un nuovo progetto che recepisca gli accordi nel frattempo intercorsi con l’Amministrazione Capitolina.

Partiamo dai fatti e vediamo anzitutto cosa esattamente prevede il decreto-legge pubblicato in Gazzetta ufficiale il 24 aprile. Il primo elemento da sottolineare è che l’articolo 62 del decreto, titolato “Costruzione di impianti sportivi”, non abroga né dispone alcuna modifica testuale dell’ormai famoso comma 304 della legge n. 147/2013, il quale pertanto continua a dispiegare la propria piena efficacia e vigenza. Si tratta piuttosto di una disposizione dal contenuto specificativo ed interpretativo che non appare configurata, stando almeno alla sua formulazione letterale, come norma di interpretazione autentica. Il dato non è meramente formale, dal momento che solo le norme di interpretazione autentica hanno efficacia retroattiva e possono dunque applicarsi, di regola, anche a procedimenti in corso. Il che, peraltro, non esclude del tutto che la nuova disciplina (già in vigore provvisoriamente con forza di legge ma sottoposta a conversione in legge da parte delle Camere) si applichi anche al procedimento relativo all’autorizzazione dell’impianto a Tor di Valle, a condizione, però, che si consideri definitivamente chiuso il vecchio procedimento definito negativamente dalla conferenza dei servizi con la determinazione del direttore della Direzione regionale territorio, urbanistica e mobilità della Regione Lazio del 5 aprile 2017 (sebbene tale atto, per potersi considerare conclusivo in senso proprio, avrebbe forse dovuto provenire dalla Giunta regionale in quanto organo apicale dell’amministrazione procedente) e si qualifichi l’iter del nuovo progetto quale nuovo procedimento suscettibile di essere istruito anche alla luce dello jus superveniens introdotto dalle nuove disposizioni del decreto-legge n. 50/2017.

Quanto al merito delle nuove norme, il citato articolo 62 stabilisce che lo studio di fattibilità di cui all’articolo 1, comma 304, lettera a), della legge n. 147/2013 “può ricomprendere anche la costruzione di immobili con destinazioni d’uso diverse da quella sportiva, complementari e/o funzionali al finanziamento e alla fruibilità dell’impianto”. A differenza del comma 304, lettera a), della legge n. 147, non compare l’espressa esclusione delle destinazioni d’uso di tipo residenziale, che quindi parrebbero in astratto consentite per i progetti il cui procedimento autorizzativo non sia ancora iniziato alla data di entrata in vigore del decreto. Nel caso dell’intervento urbanistico a Tor di Valle, peraltro, a prescindere dalla formale applicabilità dell’una o dell’altra norma in astratto invocabile, il perimetro entro cui l’intervento dovrà muoversi è già stato definito, con riferimento alla disciplina dettata dal comma 304, lettera b), della legge n. 147, dalla deliberazione della giunta capitolina n. 48 del 30 marzo 2017, con la quale – recependo le finalità enunciate nell’ordine del giorno n. 70 approvato dall’Assemblea capitolina nella seduta del 23 marzo 2017 –  si è deliberato l’interesse alla realizzazione del progetto sulla base di una ridefinizione dell’interesse pubblico la cui prima priorità è rappresentata dalla “diminuzione sostanziale dell’edificazione privata a destinazione direzionale e commerciale”, confermando dunque il limite del solo uso direzionale e commerciale per le edificazioni complementari allo stadio e perseguendo anzi l’obiettivo di una “riduzione dell’impatto antropico nell’area” che sarebbe contraddetto da un’eventuale destinazione d’uso di tipo residenziale dei nuovi edifici. Se, dunque, la nuova disciplina quadro a livello statale (seppur con tutti i margini di incertezza derivanti dalla sovrapposizione del nuovo articolo 62 del decreto-legge n. 50 al preesistente e tuttora vigente comma 304 dell’articolo 1 della legge n. 147) non esclude espressamente il residenziale quale forma di intervento utile al raggiungimento del complessivo equilibrio finanziario dei progetti di edificazione o ristrutturazione di impianti sportivi, per il progetto Tor di Valle tale possibilità sembrerebbe comunque esclusa se non altro in quanto la fase istruttoria prodromica alla rimodulazione dell’interesse pubblico è già iniziata in un momento nel quale erano in vigore esclusivamente le disposizioni della legge n. 147 che escludono gli edifici di tipo residenziale dal novero delle opere accessorie ammissibili.

Meno controverso sembra invece il significato del comma 2 dell’articolo 62 de decreto-legge n. 50/2017, ai sensi del quale:

  • “la conferenza dei servizi decisoria di cui all’articolo 1, comma 304, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, si svolge in forma simultanea, in modalità sincrona e, se del caso, in sede unificata a quella avente a oggetto la valutazione di impatto ambientale”;
  • “il verbale conclusivo può costituire adozione di variante allo strumento urbanistico comunale. In tale ipotesi, ove sussista l’assenso della Regione espresso in sede di conferenza, il verbale è trasmesso al sindaco che lo sottopone all’approvazione del consiglio comunale nella prima seduta utile”.

Quanto al primo punto, la disposizione sembra infatti voler codificare, ad uso dei futuri procedimenti applicativi della disciplina sulla costruzione di impianti sportivi, quanto già sperimentato in via di prassi nel corso della conferenza dei servizi decisoria sul progetto dello stadio della Roma a Tor di Valle, sia in ordine alla natura simultanea e sincrona della conferenza (in ossequio a quanto stabilito dalla riforma Madia sul punto), sia in ordine all’unificazione in una sola sede delle determinazioni inerenti  ai profili urbanistici e all’impatto ambientale degli interventi proposti.

Merita invece un approfondimento la previsione secondo cui il verbale conclusivo della conferenza dei servizi può costituire adozione di variante urbanistica: anche qui il legislatore governativo, probabilmente anche tenendo conto delle difficoltà procedurali registrate in occasione della conferenza dei servizi su Tor di Valle a proposito della necessità di una formale adozione della variante urbanistica con una deliberazione distinta e successiva rispetto alla dichiarazione di pubblico interesse dell’opera, sembra aver voluto, in conformità allo spirito della originaria previsione della legge n. 147, confermare la finalità di semplificazione amministrativa dei procedimenti concernenti la costruzione di nuovi impianti sportivi, riconoscendo la possibilità che, in presenza dell’assenso della Regione interessata, l’esito positivo del procedimento in conferenza dei servizi decisoria assuma anche il valore di adozione di variante allo strumento urbanistico generale. Del resto, che le conferenze dei servizi decisorie possano avere poteri di adozione di varianti urbanistiche non è evenienza del tutto nuova per l’ordinamento. Basti richiamare quanto affermato dal Consiglio di Stato, Sez. IV, nella sentenza 7 maggio 2004, n. 2874, che riguardava la norma sulle varianti semplificate per la realizzazione di impianti produttivi: in quella decisione il giudice amministrativo faceva notare come la normativa di riferimento esplicitamente preveda la non vincolatività per il comune dell’esito della conferenza dei servizi (definito infatti come mera “proposta di variante”: art. 5, co. 2, D.P.R. n. 447/1998), ricavandone, pertanto, la conseguenza che qualora la normativa di riferimento non faccia invece espressa riserva al consiglio comunale di un potere di intervento finale, alle determinazioni conclusive della conferenza dei servizi debba essere riconosciuto un “immediato e diretto contenuto provvedimentale”. Un altro esempio è offerto dalla legislazione sulla realizzazione degli impianti da fonti rinnovabili (di cui al decreto legislativo n. 387/2003) la quale precisa che i progetti per la realizzazione di impianti fotovoltaici “sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione […], che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico” e che l’autorizzazione unica “è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni”, vale a dire in conferenza dei servizi decisoria.

D’altra parte, il comma 304 della legge n. 147/2013 e il nuovo articolo 62 del decreto-legge n. 50/2017, da leggere in combinato disposto tra loro, mantengono intatta la potestà pianificatoria del comune in materia urbanistica. Da un lato ne anticipano, infatti, l’esercizio al momento della dichiarazione di pubblico interesse, da intendersi quale atto prodromico di tipo pianificatorio nel cui ambito dev’essere già puntualmente dato conto dei tratti prescrittivi delle eventuali varianti urbanistiche che dovessero rendersi necessarie per la realizzazione del progetto di impianto sportivo.  Dall’altro preservano la competenza dei consigli comunali di procedere all’approvazione finale del verbale conclusivo della conferenza dei servizi decisoria comprensivo della variante adottata e pubblicata a fini urbanistici nel corso dei lavori della conferenza dei servizi. Un percorso, insomma, che sembra rispettoso delle prerogative urbanistiche dei comuni e che pone al contempo un freno alla loro degenerazione in poteri di veto non sufficientemente  motivati.

* dottore di ricerca in diritto pubblico e costituzionale

> vai all’articolo (ART.62) (Costruzione di impianti sportivi) dello  Schema di decreto legge recante DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA FINANZIARIA, INIZIATIVE A FAVORE DEGLI ENTI TERRITORIALI ULTERIORI INTERVENTI PER LE ZONE COLPITE DA EVENTI SISMICI E MISURE PER LO SVILUPPO

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[…] (8) ART.62-DECRETO-LEGGE 24 aprile 2017, n. 50 Costruzione di impianti sportivi) 1. Lo studio di fattibilità di cui al comma 304, lett. a), articolo 1, della legge 27dicembre 2013, n.147 (1),  può ricomprendere anche la costruzionedi immobili con destinazioni d’uso diverse da quella sportiva, complementari e/o funzionali al finanziamento e alla fruibilità dell’impianto. Tale studio può prevedere la demolizione dell’impianto da dismettere; la sua demolizione e ricostruzione, anche con diverse volumetria e sagoma ai sensi dell’articolo 3 comma 1 lett d) del decreto del Presidente della repubblica 6 giugno 2001, n.360 (2) ; la sua riconversione o riutilizzazione. Laddove si tratti di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti, lo studio di fattibilità può contemplare la cessione a titolo oneroso del in diritto di superficie o del diritto di usufrutto dell’impianto sportivo e/o di altri immobili di proprietà della pubblica amministrazione per il raggiungimento delcomplessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa. Il diritto di superficie e il diritto di usufrutto non possono avere durata superiore a quella della concessione di cui all’articolo 168, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016,n.50 (3),  e comunque non possono essere ceduti, rispettivamente, per più di novanta e trent’anni.2. La conferenza di servizi decisoria di cui al comma 304, lett. b), articolo 1, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (4), si svolge in forma simultanea, in modalità sincrona e, se del caso, in sede unificata a quella avente a oggetto la Valutazione di Impatto Ambientale (5). Il verbale conclusivo può costituire adozione di variante allo strumento urbanistico comunale. In tale ipotesi, ove sussista l’assenso della Regione espresso in sede di conferenza, il verbale è trasmesso al sindaco che lo sottopone all’approvazione del consiglio comunale nella prima seduta utile. 3. Lo studio di fattibilità di cui al comma 1, nell’ipotesi di impianti omologati per una capienza superiore a 20.000 posti, può prevedere che a far tempo da cinque ore prima dell’inizio delle gare ufficiali e fino a tre ore dopo la loro conclusione, entro 300 metri dal perimetro dell’area riservata, l’occupazione di suolo pubblico per attività commerciali è consentita solo all’associazione o alla società sportiva utilizzatrice dello stadio, ovvero a terzi da essa autorizzati. In tal caso, le autorizzazioni e/o concessioni di occupazione di suolo pubblico già rilasciate all’interno di dette aree restano sospese nella stessa giornata e per lo stesso periodo di tempo, con oneri indennizzatori a carico della società sportiva utilizzatrice dell’impianto sportivo, salvi diversi eventuali accordi tra il titolare e la medesima società sportiva. 4. In relazione agli interventi di cui di cui al comma 304, lett. d), articolo 1, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (6), la società o l’associazione sportiva di cui al comma 1 deve essere in possesso dei requisiti di partecipazione previsti dall’art. 183, co. 8, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, associando o consorziando altri soggetti. (7)5.  Rispetto agli impianti sportivi pubblici omologati per una capienza superi  ore a 20.000 posti, alle controversie aventi a oggetto il verbale conclusivo della conferenza dei servizi e l’aggiudicazione della concessione si applica l’articolo 125 del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n.104 (8)  > vai a Nuovi commi sugli stadi, cosa prevedono esattamente […]