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Voci contro l’Autonomia differenziata: Claudio Marincola

Voci contro l’Autonomia differenziata : CLAUDIO MARINCOLA giornalista parlamentare con Anna Maria Bianchi Missaglia e Pietro Spirito registrato il 21 febbraio 2024

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Anna Maria Bianchi Questa sera parliamo di Autonomia regionale differenziata e giornalismo con Claudio Marincola, che è un giornalista parlamentare e con Pietro Spirito

Pietro Spirito Grazie per aver accettato questo dialogo sul destino della informazione che ci si prospetta con l’autonomia differenziata. Chiaramente il Mezzogiorno ha  poche importanti testate tra cui il Quotidiano del Sud, il Mattino, per citare le Principali. E questi giornali hanno fatto una battaglia sicuramente nel corso di questi anni molto ostinata e significativa. Quanto è stato facile e quanto è stato difficile farla nei giornali e poi verso l’opinione Pubblica, visto che tu Claudio sei uno dei giornalisti più  impegnati su questo fronte?

Claudio Marincola Non è stato facile: il nome stesso autonomia differenziata era difficile tradurlo, tant’ è che si è trovato una formula giornalistica, che poi, vedo,  voi avete ripreso  con “l’Italia non si taglia”, lo “Spacca Italia”. Una traduzione se vogliamo semplicistica, che però in qualche modo arrivava a tutti. Perché parlare così autonomia differenziata e di federalismo e farlo diventare un tema leggibile e popolare è stata un’impresa.

Devo ringraziare il Quotidiano del sud che sin dall’inizio ha dato spazio non solo a me, ma anche ad altri colleghi, perché si trattava di tradurre in termini pratici e,  far capire alle persone e ai lettori che cosa realmente si intendesse per autonomia differenziata e dove si andava a parare, quali erano i rischi, chi ci rimetteva e chi ci guadagnava. Quindi abbiamo dovuto semplificare moltissimo e all’inizio trovarci uno spazio per far capire che invece  sarebbe stato importante per i riflessi che avrebbe avuto sulla qualità della vita, se fosse andato in porto.

Un progetto portato avanti innanzitutto dalla Lega,  nei primi tempi soltanto dalla Lega, ma va detto che, c’è stata una sorta di   “complicità” anche da parte di alcuni partiti del centro sinistra, che non hanno compreso bene dove si andava a parare. E dato che quelli erano gli anni in cui invece si rincorreva la Lega sul terreno del federalismo, questo progetto ha avuto vita facile. Quindi tornando alla  domanda iniziale. No non è stato facile. Non è stato assolutamente facile, guadagnarsi uno spazio su  sui giornali, nelle televisioni è stato ancora più complicato. Anzi , vi ringrazio anche per quello che state facendo adesso promuovendo un dibattito di questo tipo. Perché il tema è ostico, va spiegato, e soprattutto bisogna scendere nei particolari per capire che ripercussioni può avere, come dicevo prima, sulla vita delle persone. Perché è ovvio che stiamo parlando di materie molto sensibili. Non soltanto della sanità, che già le Regioni gestiscono e che costituisce il 90 % del bilancio regionale, ma stiamo parlando di materie importantissime che in questo momento gestisce lo Stato, vitali per la qualità della vita delle persone come per esempio, ne cito una su tutte, l’istruzione.

E non è una cosa da poco, perché voi immaginate che cosa significherebbe l’istruzione gestita a livello regionale e non a livello statale. Immaginate se gli insegnanti della Lombardia fossero scelti dalla Regione Lombardia, piuttosto che dalla Regione Veneto. Immaginate se il tempo pieno, come già succede, ci fosse sempre di più nelle Regioni del nord e ci fosse sempre di meno nelle Regioni del sud.

Anna Maria Bianchi Qual è la tua esperienza come giornalista parlamentare? Proprio nei giorni scorsi, sulle pagine del Quotidiano del Sud hai pubblicato dei restroscena del lavoro della Commissione per la definizione dei LEP…

Claudio Marincola E’ difficile scendere nei particolari, perché se incominciamo a parlare di Titolo V , articolo 116 comma 3 della Costituzione e dell’ articolo 117 dell’applicazione del 119 secondo me il lettore scappa. Bisogna dirle queste cose e ci devono essere. Però poi fondamentalmente bisogna raccontare le conseguenze di questo disegno di legge, il DDL 615, approvato dal Senato il 16 gennaio scorso, che dal 16 febbraio è in discussione nella Commissione Affari Costituzionali della Camera, bisogna spiegarlo, snocciolarlo, far capire articolo per articolo dove potrebbe determinare dei cambiamenti strutturali nel tessuto economico del nostro Paese.

E veniamo al CLEP, la Commissione per la determinazione dei LEP. Una delle storture di questo disegno di legge Calderoli, un ministro che ha dato lui stesso il nome “Porcellum” alla legge elettorale di cui era promotore, che evidentemente non ha trovato poi alla fine un’applicazione democratica egualitaria e via dicendo,  il  ministro Calderoli ha portato avanti questo Disegno di legge. In questo disegno di legge c’è un passaggio fondamentale, perché è previsto dalla Costituzione, anche se non è rimasto inapplicato da ben ventidue anni, ed è la definizione dei che LEP, che sono i Livelli Essenziali delle Prestazioni. Come vedete si entra per forza nei dettagli, non si riesce a evitarlo perché altrimenti poi non si capisce. Per definire quali materie sono oggetto di devoluzione – cioè del passaggio delle competenze dallo Stato alla Regione, per quelle Regioni che ne fanno richiesta – quali sono oggetto di LEP, cioè di livelli di prestazione che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, per poter quantificare le risorse. Quindi prima bisogna dire che quella materia, per esempio l’istruzione, ha a che vedere con i livelli essenziali delle prestazioni, poi bisogna dire quanto incide, cioè quanto lo Stato spende per garantire quel tipo di quelle risorse sui territori. Ecco, per definire tutto questo, una materia incandescente,  per garantire tutto questo è stato nominato un comitato tecnico per la per l’individuazione dei LEP.

Per definire i LEP è stata costituita una Commissione “CLEP” presieduta da quello che viene considerato il principe dei costituzionalisti il professor Sabino Cassese e sono stati nominati 61 saggi, professori, costituzionalisti, esperti di grandissimo profilo; questa Commissione avrebbe dovuto entro sei mesi fare quello che in 22 anni non era riuscito a nessuno, cioè definire questi LEP. Cosa è successo? Che c’è stata una forzatura evidente, tantè che sin dall’inizio 4 componenti di questo comitato, non componenti qualsiasi, ma   Giuliano Amato, Franco Bassanini, Franco Gallo, il professor Pajno, già Presidente del Consiglio di Stato, quindi quattro figure centrali di questo comitato, si erano tirati fuori, si erano già dimessi, motivando con una lettera. Ma Cassese è andato fino in fondo e alla fine è arrivata una relazione finale con una definizione di LEP. A quel punto è partito tutto il meccanismo e anche il Disegno di legge ha incontrato molte meno difficoltà.  Senonché a un certo punto è venuto fuori che quella relazione finale presentata da Cassese,  che aveva già prodotto un certo dissenso, era stata criticata all’ interno del comitato da un parte dei componenti e che questo documento di minoranza era rimasto sconosciuto. Circolava sul web, più o meno segretamente e muoveva dei rilievi sostanziali a questa relazione.

Pietro Spirito Claudio, posso intervenire su un punto, per cercare di semplificare? Questa maggioranza di governo è formata  da tre partiti. Uno che fortemente vuole questa riforma, la Lega. Gli altri due partiti hanno nella stessa denominazione sociale la parola “Italia”:  Fratelli d’Italia e Forza Italia. Ora, poiché dell’ Italia non rimane nulla, dopo questa riforma, saranno forse costretti a cambiare nome come il Partito Comunista Italiano?

Claudio Marincola Guarda non lo devi chiedere a me, ma lo devi chiedere ovviamente ai due partiti, infatti è stato questo un tema sostanziale, perché quello che noi non abbiamo detto finora, è chi glielo fa fare a questi due partiti? Perché è questa la domanda che ci dobbiamo porre: perché Fratelli d’Italia, che è un partito profondamente radicato nel sud, e perché Forza Italia, improvvisamente hanno sposato questa causa?

Questa è la domanda che noi ci dobbiamo fare. Noi siamo andati a ripescare addirittura un Disegno di legge presentato in passato dall’attuale premier Giorgia Meloni in cui c’era un’idea di centralismo, ma che dico, di più! Restavano le province, restava qualcosa, ma in realtà è sempre stato un partito centralista, statalista se posso dirlo.  Perché c’è stata questa inversione di rotta? E come viene vissuta dentro Fratelli d’Italia questa inversione di lotta?

Tra l’altro c’è un altro elemento in più che pone delle contraddizioni all’interno, a Giorgia Meloni. E’ vero che Fratelli d’Italia è profondamente radicato al sud, ma è vero ancora di più che Fratelli d’Italia nasce a Roma e che la questione tra virgolette “romana”, non è mai stata risolta. I poteri speciali degni di una Capitale, Roma  li sta inseguendo da non so da quanti anni., sicuramente negli ultimi venti, dalla modifica del Titolo V in poi. Quindi stiamo parlando già di ventitré anni e per far scrivere “Capitale” nella Costituzione, “capitale d’Italia”, Dio sa cosa cosa c’è voluto. Quindi ovviamente su questo, una forma integralista di federalismo ha pesato nella storia di questo Paese, ha già pesato, e il disegno di legge è quello che noi ci portiamo dietro da questo passato, quando la Lega andava a tutti i costi fermata in qualche modo. E questa rincorsa alla Lega ha portato a questa forma di federalismo così “integralista”, tanto integralista da negare un principio basilare della Costituzione, che è quello della perequazione e della solidarietà.

Pietro Spirito A me sembra abbastanza chiaro chi glielo fa fare. Lo scambio con il premierato, il punto è questo. Però si tratta in realtà di uno scambio ineguale, perché saremmo in presenza di un premierato “evirato”. Quello che rimane allo Stato è un simulacro, perché buona parte delle funzioni stanno ormai in Europa, mentre altre saranno devolute alle Regioni.  Quindi sarà un premierato senza  gli attributi e tutti i poteri andranno ai presidentii delle Regioni. Ora è evidente che nominalmente Fratelli d’Italia otterrebbe una vittoria, ma sarebbe una vittoria di Pirro sostanzialmente. Parliamo di un governo centrale che sostanzialmente non farà neanche il direttore d’orchestra, bensì lo spettatore. L’unica rivincita che si prende il premier è quella di depotenziare il Presidente della Repubblica.

Claudio Marincola Questo possiamo dirlo: l’unico vantaggio della riforma Meloni, se lo vogliamo vedere, è nel rapporto tra i poteri centrali. Possibile che la destra su questo non faccia un ragionamento? Guarda, anche qui, Io ti dico della mia esperienza di giornalista, e quindi veniamo alla domanda iniziale: in “ camera caritatis” i deputati i deputati di Fratelli d’Italia e i deputati di Forza Italia, non necessariamente originari del sud, te lo dicono. Non solo quelli meridionali, perché in questo caso non c’è una forma di “meridionalismo patologico”, in queste osservazioni che noi stiamo facendo sull’;autonomia differenziata, facciamo un discorso che riguarda anche le aree interne del Paese, altre Regioni. In camera caritatis te lo dicono schiettamente, questa è la cosa più incredibile, te lo dicono sinceramente: “Lo dobbiamo fare perché sta nel programma”. E’ come se quel programma fosse un diktat da portare avanti a tutti i costi, e non si non si capisce perché, chi glielo fa fare? E non sarà semplice neanche spiegarlo adesso nella campagna elettorale delle Europee, tant’è che questo accordo è concepito in modo tale che premierato e autonomia differenziata debbono andare alla stessa velocità. Passando, bada bene, attraverso lo stesso percorso, perché quando è uscita l’Autonomia differenziata dalla Commissione affari costituzionali del Senato, il giorno dopo è entrato il premierato. C’è stata una vera e propria staffetta.

Pietro Spirito I parlamentari si richiamano all’accordo di governo, secondo me per una ragione tecnica, perché sono parlamentari scelti dalle segreterie di partito, non eletti del popolo. Perché un eletto del popolo che deve rispondere all’elettorato farebbe un ragionamento molto diverso.

Claudio Marincola Ma guarda la prova di quello che io sto dicendo, perché io potrei accampare relazioni anche personali perché la prova è che gli emendamenti al Disegno di Legge li ha fatti Fratelli d’Italia, quelli accolti che hanno in qualche modo depotenziato questo Disegno di legge – poi vedremo quanto depotenziato – subordinandolo alla definizione dei LEP , gliemendamenti li hanno presentati i deputati di Fratelli d’Italia e sono gli emendamenti che erano stati respinti in Commissione. Cioè un caso unico: addirittura lo stesso presidente Balboni della Commissione Affari Costituzionali lo ha ammesso, ha detto: ma come? Abbiamo bocciato questi emendamenti in Commissione e adesso gli approviamo in Senato.

Anna Maria Bianchi Però gli emendamenti sono stati un po’ modificati e depotenziati rispetto a quelli che erano stati presentati in Commissione dallo stesso senatore De Priamo. Sono stati riformulati e molto depotenziati

Claudio Marincola Sì, la sostanza è rimasta la stessa, vale a dire che questo disegno di legge che l’applicazione del regionalismo differenziato deve avvenire con l’ invarianza di bilancio, più depotenziato di così. Se tu non metti risorse nei LEP, ma che Livelli essenziali delle prestazioni riesci a garantire? E’ unacontraddizione in termini.

Pietro Spirito I LEP sono una presa in giro, tant’è vero che nel testo della riforma è detto che dopo due anni, LEP o non LEP, si possono fare gli accordi trs Stato e Regioni. Alla fine tutta questa è retorica. Questa è la cosa grave, è una presa in giro di massa, questa vicenda è ci costellata di prese per i fondelli.

Claudio Marincola Sì tu l’hai detto diciamo così “in francese”, ma è così. E se vogliamo, anche questo emendamento dimostra che una parte di Fratelli d’Italia ha sensi di colpa, quindi quello che resta dei sensi di colpa del centrodestra. Però io ci vorrei andare piano a dire che così il disegno di legge se dovesse passare in questo modo, cioè vale a dire senza la “navetta” in terza lettura, dopo la Camera di nuovo in Senato, sarebbe inoffensivo. No io questo non lo penso, intanto perché ci sono materie che si possono chiedere subito, quelle che non dipendono dalla definizione dei LEP, e poi perché il Parlamento ha un ruolo simbolico in tutta questa vicenda, questa è la cosa più inquietante, e lo avrà sempre di più. Quindi questa è una legge che va fermata subito. C’è chi dice “ma tanto è una legge inoffensiva, non ci stiamo a preoccupare perché senza risorse non la faranno mai”, quante volte l’ho sentito dire, anche tra i miei colleghi, tanto non la faranno mai.  Non è così. Ci hanno provato talmente tante volte , ricordo che c’è stata la  proposta di autonomia della ministra Gelmini e la legge quadro che aveva proposto Francesco Boccia del Partito Democratico, che in qualche modo comunque metteva dei paletti, però poi fondamentalmente diciamo che incoraggiava a certi  atteggiamenti  sempre sulla stessa linea di regionalismo differenziato, ci sono state delle responsabilità, anche in altri schieramenti, anche se su un piano completamente diverso.

Poi c’ è da dire che noi non siamo contrari al federalismo in assoluto, siamo contrari a questo tipo di federalismo. Che il Comune di Venezia gestisca i trasporti perché i trasporti a Venezia sono i vaporetti e quindi lo Stato diciamo deleghi e che a gestire sia il comune di Venezia e dunque la Regione Veneto il problema della mobilità in laguna, mi sembra anche ovvio. Questo vale per la gestione di tante funzioni. Ma un discorso sono le funzioni, un discorso sono le materie che si possono trasferire alle Regioni. Perché se tu mi dici che le Regioni devono gestire il commercio con l’estero, insomma io ci vorrei un attimo pensare. Io mi ricordo ancora gli articoli che scrivevo ai tempi in cui stavo al Messaggero e c’erano le “ambasciatine”, ogni Regione aveva la sua ambasciata a Bruxelles, voi potete immaginare che costi poteva avere una cosa di questo genere.

All’epoca c’era una sorta di “grandeur” , tu hai parlato prima di 21 Regioni : noi ci potremmo trovare un giorno un Paese arlecchino,  con le Regioni a statuto speciale, le Regioni ad autonomia differenziata e le Regioni a statuto ordinario. In un solo Paese potremmo avere praticamente 3 status totalmente diversi. Tu immagina un’impresa nazionale che deve partecipare a un bando, che ogni volta si deve uniformare a  una regola di questo tipo, ma ancora di più ti dico,  immagina un bando europeo…

Pietro Spirito   In conclusione, bisogna lavorare per semplificare, come ha detto Claudio, non perdendo la complessità dei temi, e il lavoro è molto difficile. Cioè parlare in un modo semplice  su questioni che sono complicate oggettivamente. Quindi lavoro vero da fare nei prossimi mesi è questo. È il compito dei giornali e dei giornalisti è molto importante.

2 marzo 2024

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